Per l’omicidio del procuratore indagato D’Onofrio, ex dei Colp vicini a Prima Linea
Altri scenari Il procuratore Bruno Caccia e il nuovo indagato Francesco D’Onofrio
di Davide Milosa
Non solo la ’ndrangheta, ora nella complicata ricostruzione dell’omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia, entra anche il terrorismo. Si torna a parlare di lotta armata e dei Colp, organizzazione nata per far scappare dalle carceri i brigatisti. Da qui il suo acronimo: Comunisti organizzati per la liberazione proletaria. In questa formazione ha militato Francesco D’Onofrio, calabrese di Mileto, terrorista prima e uomo dei clan poi, già vicino a Mimmo Belfiore, condannato in via definitiva come mandante del delitto. È lui, per l’accusa, il secondo uomo che assieme a Rocco Schirripa, la sera del 26 giugno 1983 a Torino uccise il magistrato.
“MIO PADRE in carcere e Cosimo Crea hanno detto che Francesco D’Onofrio e Rocco Schirripa hanno ammazzato il procuratore Caccia (…). subito dopo mio padre disse in calabrese la seguente frase: ‘Furono loro pure a farsi il procuratore di Torino’. Non usò il termine uccidere ma il termine ‘farsi’ che utilizziamo per indicare un omicidio”. Le parole sono quelle di Domenico Agresta, alias “Micu McDonald”, classe ’88, giovanissimo pentito di ‘ndrangheta. Lui queste frasi le mette a verbale il 7 ottobre 2016. Un mese dopo, l’11 novembre, la Procura di Milano iscrive D’Onofrio nel registro degli indagati.
Il nome non viene inserito nel fascicolo di Schirripa già a processo, ma in quello stralcio che vede ancora indagati Rosario Cattafi, siciliano vicino a Cosa Nostra e Demetrio Latella, uno degli “indiani” di Angelino Epaminonda. Ex Colp (organizzazione legata a Prima linea), D’Onofrio nel 1986 viene arrestato a Briga in Svizzera dopo un conflitto a fuoco, cinque anni dopo sarà estradato in Italia. Poi, nel 2011, il suo nome finisce nell’elenco degli imputati Minotauro. ‘Ndrine in Piemonte. Di lui ne parla il pentito Rocco Varacalli: “È della zona Vibo so che appartiene alla ‘ndrangheta”. I Pm lo descrivono come appartenente al “crimine di Torino” con la dote di “padrino”.
Condannato, la sua posizione fu rivalutata dalla Cassazione che ha ordinato per lui un nuovo processo. Nel frattempo, però, D’Onofrio, il 19 gennaio scorso, viene condannato a quattro anni e due mesi con l’accusa di possedere un arsenale. Armi mai trovate. In quell’occasione, in aula, ha smentito di far parte delle cosche. “Io – disse – dalla ‘ndrangheta dissento totalmente”.
Ora, però, lo scenario cambia. A dare benzina a questa nuova accelerazione è stato Mico Agresta, affidato alla locale di Volpiano e il cui nonno per anni è stato il capo assoluto ella ‘ndrangheta in Piemonte. Nei verbali parla molto di Caccia. Specifica che l’informazione gli è arrivata da più affiliati. Uno di questi riferisce: “È da una vita che Schirripa e D’Onofrio sparano anche prima che tu fossi nato”. Aggiunge poi altre parole del padre. “Questi (riferito a Schirripa e D’Onofrio) sparano che manco i cani”. Ecco il quadro. Tanto più che nel 1983, D’Onofrio era libero. Sarà arrestato solo tre anni dopo. “Micu McDonald” spiega: “Quando si parla tra noi di Schirripa e D’Onofrio si parla sempre come persone vicine a Mimmo Belfiore”. Del resto D’Onofrio ha abitato per anni a Nichelino, lo stesso Comune dove ha operato Giuseppe Belfiore. Agresta parla anche del movente e riferisce frasi apprese da Placido Barresi, cognato di Belfiore, mai condannato per l’omicidio. “Disse che il Procuratore era stato ucciso perché incorruttibile (…) usava frasi del genere: all’epoca ci stava sempre addosso (…), lo avevamo avvicinato (…). il Procuratore aveva reagito sbattendogli la porta in faccia”.
IL NUOVO NOME dunque, allarga lo scenario. Va anche detto, che D’Onofrio non è mai comparso né nelle vecchie carte del processo a Mimmo Belfiore né in quelle a carico di Schirripa. Certo la presenza di un ex terrorista riporta a galla vecchie ipotesi di mandanti occulti annidati all’interno del Tribunale di Torino negli anni Ottanta. Se possibile, dunque, le cose si complicano ulteriormente. Va, infatti, ricordato che il 30 novembre scorso, la Corte d’Assise ha bocciato il primo processo a Schirripa, perché lo stesso, nel 2001, era già stato iscritto per lo stesso reato. Impasse superata dalla Procura con una nuova iscrizione e una nuova richiesta di fermo. Risultato: processo bis attualmente in corso, dove però non compare Franco D’Onofrio.
17 febbraio 2017