Il buon giorno si vede dal mattino e quello che si profila all’orizzonte di Uber non sembra proprio roseo. Anzi…
MOWA
Così Uber nasconde le sue auto ai controlli della polizia (anche) in Italia
Il New York Times svela il programma Greyball dell’app nera per depistare chi deve fermare le automobili
di Martina Pennisi
Non finisce il periodo nero (non inteso come il colore dell’app) di Uber. È Mike Isaac a puntare il dito contro il colosso californiano sul New York Times: in alcuni Paesi, Italia compresa, in cui è fuorilegge Uber avrebbe usato e starebbe tuttora usando un escamotage tecnologico per eludere i controlli. Greyball è il nome dell’iniziativa approvata dalla squadra legale della società di Travis Kalanick.
Facciamo un rapido passo indietro per capire di cosa si tratta: Uber nasce nel 2010 a San Francisco come applicazione per chiamare con lo smartphone automobili Ncc, guidate da professionisti. Nella sua versione Pop o X, il nome cambia nelle diverse zone del mondo, consente di rivolgersi anche a privati cittadini. In entrambi i casi l’attività si sovrappone a quella dei taxi, con tutte le complicazioni normative che ne conseguono e che stiamo affrontando anche in Italia. Quando il colosso da 70 miliardi di dollari sbarca in un nuovo Paese il braccio di ferro con le autorità non è mai una sorpresa, ma un passaggio necessario per diventare eventualmente legale a tutti gli effetti.
Qui entra in gioco Greyball: Uber arriva in città, autisti, cittadini e turisti cominciano a utilizzarla e le autorità si attivano monitorando le corse e, se necessario, fermando le vetture. È successo nei nostri confini, a Milano e Roma, in città come Boston, Parigi e Las Vegas e in Paesi come Australia, Cina e Corea del Sud, scrive Isaac. Uber, spiega l’articolo del foglio newyorkese, reagisce nominando un responsabile del programma Greyball che ha il compito — con il supporto degli strumenti tecnologici — di individuare gli account delle autorità di controllo e di indirizzarli a una versione ad hoc della mappa dell’app. Invece di vedere le immaginette delle auto Uber che stanno circolando, questi account visualizzano vetture fantasma e non sono più — di fatto — in grado di intervenire. I profili vengono individuati osservando i comportamenti di chi usa l’app in determinate zone, vicine agli uffici delle autorità, analizzando i dati delle carte di credito o incrociando le informazioni con quelle disponibili online e sui social network. L’utilizzo improprio delle informazioni dei clienti non è una novità: risale a due anni fa la polemica relativa alle indagini sugli spostamenti dei giornalisti scomodi.
Greyball, attivato nel 2014 come parte della più ampia operazione «Violation of terms of service», nasce per «negare le richieste agli utenti che violano i nostri termini di servizio, ha dichiarato Uber al Times facendo riferimento agli inseguimenti e ai pestaggi effettivamente accaduti ai danni dei conducenti dell’app. Nelle ultime settimane il colosso ha dovuto fronteggiare le polemiche per la vicinanza di Travis Kalanick a Donald Trump, nei panni — poi svestiti — di consigliere economico, e quelle scatenatesi in seguito alle accuse di molestie subite — e impunite — in azienda di una ex dipendente.
3 marzo 2017