di Aaron Pettinari
Sul punto una tavola rotonda con il pm Dolci, Bongiovanni e Gentili
Qual’è l’incidenza della criminalità organizzata al Nord? Quali sono gli affari e, soprattutto, come si può uscire da questa morsa che condiziona pesantamente l’economia del nostro Paese? Sono queste alcune delle domande a cui si è cercato di dare una risposta, ieri sera, alla tavola rotonda organizzata dal Comune di Lacchiarella e il Movimento Le Agende Rosse del gruppo “Peppino Impastato” di Milano. Titolo dell’incontro “La ‘Ndrangheta al Nord” a cui, come relatori, hanno partecipato David Gentili (Presidente Commissione Antimafia Milano), Alessandra Dolci (Magistrato di Milano), Giorgio Bongiovanni (direttore di ANTIMAFIADuemila) e con un breve intervento telefonico Gianpiero Rossi (Corriere della Sera).
Diversi punti di osservazione per cercare di comprendere un fenomeno che, ormai è ampiamente dimostrato, non appartiene alla sola Calabria ma si è sviluppato in tutto il territorio Nazionale ed anche all’estero.
“L’inchiesta Crimine-Infinito – ha ricordato il pm Dolci – ha mostrato quel che si faceva finta di non vedere. In Lombardia sono insediate 20 locali di ‘Ndrangheta e gli imputati che abbiamo arrestato, nelle intercettazioni dicono chiaramente che nella Regione sono presenti 500 uomini affiliati”. Il magistrato della Dda di Milano ha spiegato l’influenza che l’organizzazione criminale ha sviluppato anche nel tessuto sociale lombardo con gli imprenditori che arrivano persino a rivolgersi ai capi locali come enti di recupero crediti e perfino per risolvere beghe familiari. “Il problema è particolarmente esteso – ha aggiunto – il direttore sanitario di Pavia, arrestato, parlava chiaramente come un intraneo alla famiglia mafiosa. Un ufficiale dei carabinieri ed un direttore sanitario del carcere di Monza, con aspirazioni politiche, hanno pensato di effettuare sondaggi con soggetti appartenenti all’organizzazione criminale per verificare se ci poteva essere la possibilità di una candidatura”. Esempi chiari dell’incidenza che hanno certe entità nel territorio, addirittura con collegamenti ad altissimo livello anche all’interno della magistratura e della finanza. In particolare la Dolci ha spiegato come, oltre al traffico di stupefacenti, “la ‘Ndrangheta basa i propri affari nell’infiltrazione del mondo economico attraverso società cooperative ed srl. Fare l’imprenditore, movimentando denaro con operazioni fittizie, nel complesso comporta un rischio di carcere inferiore rispetto al traffico di droga e per questo oggi si sceglie questa via”.
La pm ha poi puntato il dito non solo contro la criminalità organizzata ma anche contro gli evasori fiscali: “L’evasore fiscale a mio parere è un soggetto socialmente pericoloso perché danneggia l’intera comunità. Un fenomeno, quello dell’evasione fiscale, che è strettamente collegato alla creazione di fondi cash utili alla corruzione che si sviluppa a tutti i livelli ed oggi è difficilissimo arrivare alla confisca dei beni di chi è evasore”.
Di fronte a problematiche così pressanti un ruolo importante lo ha sicuramente la politica, sia a livello Nazionale ma anche a livello locale. Ogni amministrazione comunale, infatti, può incidere nel monitorare il territorio e svolgere un ruolo fondamentale contro la criminalità organizzata. Di questo ha parlato con chiarezza David Gentili: “La mafia è un problema al pari di altri e la politica a livello locale deve fare la sua parte. La Commissione antimafia del nostro comune non è nata con l’idea di fare indagini e produrre relazioni ma con l’intento di produrre atti amministrativi che si possono fare a difesa dei propri appalti, degli atti concessori e di controllo delle aziende direttamente collegate proprio con i Comuni. Un’azione che può essere a difesa ma anche di attacco applicando il decreto legge del 2007 sulla normativa anti riciclaggio. Fino al 2014 nessun Comune aveva applicato questa legge e noi abbiamo avviato questa opera di segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio che si sviluppano sul territorio”. “Non si tratta di segnalazioni di reato – ha spiegato – ma di rischi. Queste sono raccolte dalla Uif (Unità di informazione finanziaria) e vengono valutate dalla Dia e dal Nucleo di Polizia Valutaria. La Pubblica amministrazione può farlo sfruttando le informazioni che riceve dalla convenzione con l’agenzia delle entrate ma anche sull’anagrafica, la residenza, la dichiarazione della tassa dei rifiuti, sulle attività delle aziende. Si attivano una serie di controlli di competenza e in questa maniera si monitorano le varie aziende”.
Peccato che il decreto legge del 2007 è al momento in via di discussione nelle Commissioni giustizia e finanze alla Camera in quanto si vuole ridurre il ruolo delle pubbliche amministrazioni in questo controllo. “Siamo molto preoccupati di questa revisione – ha aggiunto Gentili – Così si depotenzia proprio il ruolo che può avere un’amministrazione. Forse si pensa che le segnalazioni delle Pubbliche amministrazioni possono mettere in difficoltà banche e liberi professionisti, anche loro con compiti di segnalare le operazioni sospette”. Gentili ha poi invitato le amministrazioni ad imporre a tutte le società che operano per conto del Comune nelle opere di urbanizzazione secondaria ad utilizzare quelle ditte che sono inserite nelle white list della Prefettura in quanto “già quella può essere una garanzia di sicurezza e di non infiltrazione delle mafie”.
Infine è stata la volta del direttore di ANTIMAFIADuemila, Giorgio Bongiovanni che, basandosi sugli elementi investigativi emersi dalle inchieste di Procure come Reggio Calabria e Palermo, ha inquadrato il problema ‘Ndrangheta all’interno di un Sistema criminale integrato: “Oggi le mafie non sono più distinte tra loro ma sono collegate. Le indagini dimostrano come, accanto ad una mafia militare, vi sia anche una mafia di alto livello che si infiltra all’interno dello Stato con personaggi istituzionali che appartengono a queste organizzazioni criminali”. Bongiovanni ha quindi citato gli esempi di Amedeo Matacena, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa ed oggi latitante, o quello del Senatore Caridi, accusato di essere membro della cosiddetta Cupola degli Invisibili della ‘Ndrangheta, “una componente così riservata che è nota soltanto ai capimafia di alto livello di certe famiglie come i De Stefano o i Condello a Reggio Calabria”.
Il direttore di ANTIMAFIADuemila ha poi ricordato i fiumi di denaro di cui dispone la ‘Ndrangheta tramite il traffico di stupefacenti che permette alle famiglie di inserirsi ad ogni livello fino ad entrare nel sistema di potere in cui “sono inseriti uomini politici, uomini della finanza, uomini di Stato, della massoneria, che di fatto permettono a loro volta alla criminalità organizzata di esistere”. Quindi ha spiegato l’importanza di sostenere quei magistrati che sono impegnati in certe indagini. “Ci sono delle anomalie nel nostro Paese che vogliono andare fino in fondo. Anomalie che quel sistema di potere vuole fermare. Solo così si spiegano le condanne a morte nei confronti di magistrati come Nino Di Matteo, Giuseppe Lombardo o Nicola Gratteri. Che interesse possono avere Riina o Messina Denaro, con quest’ultimo che neanche è imputato al processo trattativa Stato-mafia, ad uccidere il pm di Palermo? Come mai il tritolo per compiere l’attentato viene acquistato in Calabria? Questa è la dimostrazione che c’è dietro una regia che è condivisa e che va oltre alle sole criminalità organizzate. E noi o lavoriamo su questo piano o avremo ancora per altri 150 anni la mafia nel nostro Paese”. “Per uscire da questa situazione – ha aggiunto – è necessario uno scatto da parte della Politica. Chi vuole Governare deve mettere in cima al programma politico la lotta alla mafia ed alla corruzione e si deve avere il coraggio di fare una riforma della giustizia che dia gli strumenti giusti ai magistrati. Il coraggio di tirare fuori gli scheletri dall’armadio perché ci siamo stancati di veder piangere i familiari delle vittime di mafia, rimasti senza verità”.
Nella sua conclusione, infine, Bongiovanni ha anche ricordato le parole del figlio di Pablo Escobar, il quale ha spiegato anche in un’intervista ad ANTIMAFIADuemila come suo padre, il narcotrafficante più potente e ricco del mondo negli anni ’80, avesse una forte collaborazione con i corleonesi. “Escobar ha anche detto chiaramente che il padre lavorava per la Cia, e che il traffico di droga veniva coperto anche per finanziare in nero manovre internazionali come il caso Iran-Contras. Questo ci fa capire il livello di certe criminalità organizzate e questo discorso vale anche per le nostre mafie”.
25 Marzo 2017