Di Claudio Forleo
La prossima settimana il Popolo delle Agende Rosse, varie associazioni antimafia e la società civile celebreranno a Palermo l’anniversario della strage di via d’Amelio, in una tre giorni (18-19-20 luglio) dedicata ad esercitare la memoria (il programma)
Chi parteciperà sa da anni che una trattativa c’è stata e che Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina,Vincenzo Li Muli e Claudio Traina sono vittime di quella trattativa. Una verità inconfessabile che è da tempo sotto gli occhi dell’opinione pubblica, per via di altri fatti emersi nel corso degli anni.
Borsellino sapeva troppe cose per rimanere in vita. A distanza di 21 anni anche l’Italia sa, o meglio, dovrebbe saperlo. Dovrebbe perchè quando si pronuncia la parola trattativa la si fa precedere dall’aggettivo presunta. Ma non c’è niente di presunto: nel 21esimo anniversario di via d’Amelio, il miglior omaggio che si possa tributare a Paolo Borsellino e agli agenti della scorta è smetterla di utilizzare ancora quella formula.
METTIAMO IN FILA I FATTI
- Salvo Lima, referente di Cosa Nostra da 25 anni, viene ucciso il 12 marzo 1992, 40 giorni dopo la sentenza definitiva della Cassazione sul maxiprocesso.
- – Il 16 marzo il capo della Polizia Vincenzo Parisi parla già di “strategia stragista”, di politici nel mirino di Cosa Nostra.
- – Calogero Mannino confida al maresciallo Guazzelli che dopo Lima potrebbe toccare a lui. Il maresciallo viene ucciso il 4 aprile.
- – Mannino incontra più volte Subranni, numero 1 del Ros.
- – Cosa Nostra cambia obiettivo: il mirino viene spostato su Giovanni Falcone che sta per diventare Procuratore Nazionale Antimafia.
- – Il 23 maggio la strage di Capaci
- – Giulio Andreotti vede morire ammazzati prima il suo console siciliano (Lima) poi Falcone (che lavorava con Martelli al ministero della Giustizia, governo del Divo) e ritira la propria candidatura a Capo dello Stato. Il 25 maggio viene eletto Oscar Luigi Scalfaro
- – Il 28 maggio il capitano del Ros Giuseppe De Donno ‘aggancia’ Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, su un volo Palermo-Roma
- – Maggio-giugno: Marcello Dell’Utri inizia a lavorare ad un “nuovo soggetto politico”
- – Fine Giugno : Borsellino viene a conoscenza delle manovre del Ros
- – Fine Giugno : Riina fa consegnare a Ciancimino il papello (tra le principali richieste la revoca del 41bis)
- – 1° luglio: Borsellino interroga Mutolo che gli parla di Contrada. Incontra Mancino al Viminale, il quale negherà per vent’anni un appuntamento segnato sull’agenda grigia del magistrato. Mentre aspetta di essere ricevuto da Mancino, Borsellino incrocia Bruno Contrada che fa riferimento alla collaborazione di Mutolo.
- – 11 luglio 1992: Borsellino incontra Subranni. Quattro giorni dopo racconta alla moglie Agnese: “Ho visto la mafia in diretta. Ho saputo che Subranni è punciutu”
- – 19 luglio 1992: la strage di via d’Amelio, scompare l’Agenda Rossa
- – Settembre 1992 : la Procura di Caltanissetta annuncia che Vincenzo Scarantino, un delinquente comune, è uno degli esecutori della strage
- – Autunno 1992: il Ros consegna a Ciancimino alcune mappe della città di Palermo per farsi indicare il presunto nascondiglio di Totò Riina
- – Dicembre 1992: Ciancimino viene arrestato per “pericolo di fuga”. Aveva chiesto il rilascio del passaporto (per farglielo ottenere si era mosso il Ros: lo racconta Martelli)
- – 15 gennaio 1993: Riina viene catturato, il covo lasciato incustodito. Lo Stato lo perquisisce con due settimane di ritardo: trova solo le pareti “tinteggiate di fresco”. Ci aveva già pensato Leoluca Bagarella, cognato di Riina.
- – Febbraio 1993: familiari di mafiosi detenuti scrivono a Scalfaro, al Papa e a Maurizio Costanzo: lamentano le condizioni di vita al 41bis
- – 6 marzo 1993: nota del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) al ministro della Giustizia Conso sulla revoca dei 41bis, come da Papello
- – 14 maggio 1993: attentato a Maurizio Costanzo
- – 15 maggio 1993: revoca 41bis per 140 detenuti
- – 27 maggio 1993: strage di via dei Georgofili
- – 4 giugno 1993: cambio ai vertici del Dap
- – 26 giugno 1993: altra nota dei nuovi vertici del Dap per non prorogare centinaia di provvedimenti al 41bis
- – 27 luglio 1993: attentati a Roma e Milano (strage via Palestro). Nella Capitale vengono colpite le basiliche che portano il nome dei presidenti delle due Camere (Giorgio Napolitano e Giovanni Spadolini)
- – Ottobre 1993: Cosa Nostra inizia a preparare l’attentato all’Olimpico di Roma
- – Novembre 1993: non vengono prorogati 334 provvedimenti al 41bis
- – 2 e 30 Novembre 1993: Marcello Dell’Utri incontra Vittorio Mangano, uscito di prigione dopo 11 anni di carcere
- – 23 gennaio 1994: fallisce l’attentato all’Olimpico, l’innesco non funziona
- – 27 gennaio 1994: vengono arrestati i fratelli Graviano, l’attentato all’Olimpico viene annullato.
- – 27 gennaio 1994: Silvio Berlusconi annuncia la discesa in campo
- – Gennaio 1994: fine della strategia stragista, Cosa Nostra si inabissa
- – 30 ottobre 1995: il Ros si lascia sfuggire Bernardo Provenzano, nonostante il confidente Ilardo avesse indicato con assoluta precisione il casolare di Mezzojuso (Palermo) in cui si nascondeva
- – 10 maggio 1996: poco prima di entrare nel programma di protezione, Ilardo viene assassinato a Catania
- – 1997: il pentito Scarantino, testimone chiave dei processi sulla strage di via d’Amelio chiede di uscire dal programma di protezione
- – 1997-oggi: nel corso di 15 anni vengono rispettati svariati punti del ‘papello di Riina’ e del ‘contropapello di Ciancimino’ (o vengono messi in atto tentativi per rispettarli): chiusura carceri Pianosa e Asinara, riforma pentiti, riforma 41bis, dissociazione dei mafiosi in carcere, beni confiscati, abolizione dell’ergastolo, arresti domiciliari per chi ha 70 anni.
- – Maggio 1998: il pentito Giovanni Brusca sconfessa Scarantino
- – Settembre 1998: Scarantino ritratta una prima volta
- – 1998: Gaspare Spatuzza svela a Piero Grasso (all’epoca procuratore aggiunto presso la Direzione Nazionale Antimafia) che la storia raccontata da Scarantino su via d’Amelio è “una balla”
- – Febbraio 2005: perquisizione a casa di Massimo Ciancimino, dove il figlio di don Vito (morto nel 2002) conserva il papello. Saverio Masi, sottoufficiale dell’Arma, durante il processo a carico di Mario Mori per favoreggiamento a Cosa Nostra dichiara: “Il capitano Angeli mi disse che, nel corso di una perquisizione a casa di Ciancimino, trovò il papello di Totò Riina, e informò della scoperta il suo superiore, il colonnello Sottili, ma che questi gli ordinò di non sequestrarlo sostenendo che già lo avevano”. Non era vero.
- – 2008: Gaspare Spatuzza inizia a collaborare ufficialmente con la giustizia. Smentisce Scarantino che confessa di essersi inventato tutto su via d’Amelio
- – 2009: Massimo Ciancimino inizia a raccontare quello che sa.
- – 2009: Luciano Violante, Claudio Martelli, Nicola Mancino ‘ritrovano’ la memoria, perduta per 17 anni.
LA SENTENZA DEL PROCESSO TAGLIAVIA
“Una trattativa indubbiamente ci fu e venne, quantomeno inizialmente, impostata su un do ut des. L’iniziativa fu assunta da rappresentanti delle istituzioni e non dagli uomini di mafia; l’obiettivo che ci si prefiggeva, quantomeno al suo avvio, era di trovare un terreno con “cosa nostra” per far cessare la sequenza delle stragi“.
(Sentenza processo Tagliavia sulla strage di via dei Georgofili, motivazioni depositate nel marzo 2012)
LA REQUISITORIA DEL PM DI MATTEO
Riportiamo uno stralcio dell’inizio della requisitoria pronunciata dal pm Nino Di Matteo durante l’udienza preliminare tenuta davanti al Gup Morosini il 9-10 gennaio 2013
“Le imputazioni che muoviamo agli imputati incrociano e riguardano l’intera storia del rapporto tra lo Stato e la mafia negli anni ’80 e negli anni ’90. Una storia nella quale, al di là dell’apparenza e della retorica, lo Stato compatto combatte senza tregua i criminali con le sole armi della buona Politica e del Diritto. La verità che emerge è un’altra. E’ una verità che rappresenta come una parte delle istituzioni, anche in nome di una ritenuta ma inconfessabile, e pertanto mai dichiarata, ragion di Stato, ha cercato ed ottenuto, in particolare nel periodo che ci interessa e che abbiamo rappresentato nella richiesta di rinvio a giudizio, il dialogo con l’organizzazione mafiosa, con segmenti importanti di essa, ritenendo una tale condotta, a nostro parere sciagurata, utile ad arginare le manifestazioni più violente, e come tali destabilizzanti l’ordine pubblico nel nostro Paese.
D’altra parte, Giudice, chiunque si accosti con uno sforzo di intelligenza anche storica allo studio del fenomeno mafioso, in particolare in Sicilia, sa che Cosa Nostra ha tendenzialmente coltivato l’ambizione della convivenza con le istituzioni, in funzione del consolidamento di un vero e proprio potere effettivo, parallelo a quello legittimo, ricorrendo alla contrapposizione violenta solo in determinati momenti. E’ avvenuto così nel periodo che ci interessa, quando Cosa Nostra si è mossa per rinegoziare l’equilibrio dei suoi rapporti con la Politica, da poco entrato in crisi; ricorso alla violenza che quindi Cosa Nostra ha attuato solo in determinati momenti, o per scopi e finalità contingenti, o per eliminare gli ostacoli, e noi crediamo che il Giudice Borsellino possa essere stato eliminato anche per questo motivo, che via via si frapponevano, anche solo potenzialmente, alla realizzazione dell’obiettivo ultimo di Cosa Nostra, per eliminare quegli ostacoli, quegli uomini dello Stato che si sono ostinati a pensare che con i mafiosi non si tratta, non si media, non si dialoga in nessun momento e per nessuna ragione”.