Ma guarda un po’ che combinazione!,
devono essersi detti, incontrandosi per caso al bar Olivetti, quel fantastico giovedì, Moscardi e Guglielmi in tenuta da pesca:
“anche tu qui?”
La vicenda, per la quale prendiamo spunto dalla ricostruzione di Satta Vladimiro, non è mai stata chiarita fino in fondo, ammette l’auto-revole documentarista: non ci sono auto dei servizi, non ci sono altre auto sospette, non ci sono altre presenze oltre a quelle che Cossiga Francesco, Morucci Valerio, Cavedon Remigio e Persichetti Paolo raccontano nella loro favola C’era una volta…. Non c’erano uomini dei servizi, non c’era nessuno, in via Fani, solo La Bella Addormentata nel Bosco, travestita da uomo coi baffi (che furono trovati sull’asfalto) e, casualmente, alcuni pescatori venuti da fuori. Ma lasciamo la parola a Mieli Paolo, estimatore del Satta-Persichetti-Morucci-Cavedon pensiero e dipendente della P2 (=Palombino e Spinarello, due squali dei nostri mari):
Quanto al rapimento e all’uccisione di Moro — qui anche sulla scia di precedenti libri dello stesso Satta — vengono smontate tutte le ricostruzioni che attesterebbero un ruolo dei servizi segreti italiani o internazionali nell’affaire. È «insostenibile» che ci fosse un «auto dei servizi» in via Fani dove lo statista fu sequestrato. Stesso discorso vale per la misteriosa moto Honda che ha ispirato il film Piazza delle Cinque Lune di Renzo Martinelli. È «altamente inverosimile» persino che all’attacco di via Fani abbiano partecipato soggetti esterni alle Br. Neanche «compagni» stranieri. «Così come nessun brigatista rosso andò a Colonia per sequestrare Schleyer, nessun terrorista tedesco venne a Roma per rapire Moro». Assai circostanziate, con punte di perfidia, sono poi le contestazioni di Satta ad alcune estrose «ricostruzioni» di Ferdinando Imposimato, Miguel Gotor, Sergio Flamigni, Giovanni Fasanella e Giuseppe Rocca. Fortemente ridimensionato anche il ruolo della P2 (sulla quale viene in ogni caso pronunciato un giudizio assai severo) nell’affare Moro. Vengono spesso spacciati «per piduisti personaggi che non lo erano o che lo sarebbero diventati soltanto mesi e anni dopo» e, a torto, la loggia massonica viene considerata «responsabile di nomine volute da altri, talvolta dai comunisti (Giulio Grassini al Sisde), talaltra da comunisti e socialisti (Raffaele Giudice a capo della Guardia di finanza, nel lontano 1974) e talvolta addirittura dallo stesso Moro (Francesco Malfatti invece che Francesco Pompei al vertice dell’amministrazione della Farnesina). Un’organica mappatura degli assetti istituzionali alla viglia del sequestro Moro mostra», secondo Satta, «che, a parte Santovito e Grassini — i quali erano stati nominati ai vertici di Sismi e Sisde, ma non in quanto piduisti — i sodali di Gelli erano assenti dalla grande maggioranza dei posti chiave».
La P2, è la conclusione dell’autore, «fu indubbiamente nociva al Paese, ma sarebbe iniquo incolparla di ogni sventura nazionale, caso Moro e brigatismo rosso compresi».
Ma allora questi ectoplasmi che appaiono qui nella foto e che poi, interrogati, ammettono di essere stati lì la mattina di giovedì 16? Dai documenti del documentarista risulta che non c’erano. Eppure, pur non essendoci, hanno impressionato i negativi, anche se non impressionano le 900 pagine del Vademecum del Pescatore scritto da Vladimiro. Sulla scena del crimine (siamo sinceri, via, proprio del crimine no: dell’incidente. In fondo è stato solo un tamponamento), sulla scena del crimine, tra un auto-scatto e un’auto dei Servizi qualcun altro c’era: ma erano, ormai è appurato, innocui pescatori.
Risulta all’”onanista” Persichetti (che fa tutto da solo) e a Satta l’impermeabile (non vede, non parla, non sente) che quel giovedì minacciava di piovere. Per questo l’incrocio fra via Fani e via Stresa era così pieno di gente: pescatori incerti se andare a strascico o a lenza, con i loro quintali di vermi messi nel frigo del bar Olivetti e i mulinelli da lancio nel bagagliaio. La Mini di Moscardi (un’auto che non c’era) è piena di bigattini e viene perquisita dagli artificieri, al punto che il proprietario (un gladiatore che non c’era) è alquanto incazzato (basta vedere la foto), perché gli hanno aperto il carniere dove tiene le cartucce (che lui usa, immaginiamo, per spaventare i pesci).
Ecco allora come si sarebbero svolti i fatti. Per pura combinazione (oh che gran cosa che è il Caso!) i pescatori della Decima Mas, quelli di Gladio e i sub del Comsubin, più la sezione del dopolavoro ferroviario e quella del Gruppo Ittico Osoppo, aggregata alla Pescasportiva SID di via Stresa 117 – si trovano lì, davanti o dietro al bar, verso le nove del mattino, per andare a pesce. Ma piove? Chissà. Immaginiamo la scena.
“Ma guarda un po’ che combinazione!”, devono essersi detti, incontrandosi per caso sul marciapiede, quel fantastico giovedì, Moscardi e Guglielmi in tenuta da pesca: “anche tu qui?” “O che tu armeggi con l’orologio da sub?” – chiede Moscardi, in fiorentino, al camerata Guglielmi, che ha un Panerai. “Cerco di metterlo all’ora Zero!” risponde Guglielmi, regolando il datario, che ultimamente gli dà dei problemi. Crede di essere in pensione, e invece è in servizio. “Sono guasi le nove”, dice Moscardi, che ha un OPV da incursori del Comsubin, dono del camerata Birindelli, della sezione pescasportiva della NATO (pesca d’alto bordo). Alle loro spalle Musumeci Pietro si muove nell’ombra, silenzioso come un gatto (forse per non spaventare i pesci). Languasco Aurelio, del Fronte Nazionale di Borghese, pur non essendoci si affaccia alla finestra, al numero 71 (angolo via Madesimo) con la mano alzata nel saluto fascista (forse la alza per sentire se piove). Sembra un cucù, o uno di quei barometri tirolesi con la donnina che esce con l’ombrello. “Te lo dicevo io”, grida a Guglielmi, “che è meglio un Rolex come quello di Ciccio Mangiameli!” Ma Guglielmi è fedele al suo Panerai, e si dà da fare per regolarlo: “Regolo l’ora perché mi aspettano a pranzo, e non vorrei fare tardi!” Strano orologio quello di Guglielmi: va avanti di quattro ore per il pranzo, ma è indietro di mezz’ora per l’ora Zero. “Bisogna chiedere a Pastore Stocchi” (via Stresa angolo via Madesimo), pensa forse Camillo, “come facevamo per sincronizzare gli orologi quando friggevamo le triglie a Capo Marargiu” (le triglie sono rosse: comuniste) “Fritture offerte dalla CIA, la Compagnia Ittica dell’Atlantico” (veri filantropi, e grandi benefattori dei pescatori).
Passa Barbaro Bruno in silenzio, zitto come un pesce: uso a Servir tacendo. Ma ecco che irrompono quelli del gruppo BR (=Branzino, gli specialisti della spigola d’allevamento). È davvero una bella combinazione vedere questa squadra in azione: uno porta a spasso i mitra, uno gli cascano i baffi, e non ha tempo di riattaccarseli (servivano per travestirsi da baffione, il luccio d’acqua dolce), e uno agita l’esca piena di specchietti, per prendere lucci e documentaristi. Nel tombino si intravede un Cavedano (non è specie autoctona, è un infiltrato): deve essere anche il nome di battaglia di Cavedon Remigio. Ma tutt’intorno arrivano quelli del Siluro: è il gruppo ittico della Decima Mas, escono di notte nelle tenebre e sono in mare aperto e nelle fogne. Controllano l’incrocio: non si sa mai, potrebbe arrivare Squalo 4, la volante del Commissariato Monte Mario.
Ma che succede? Le armi dei Brigatisti si inceppano! Meglio così, potrebbero spaventare i pesci! “Queste cose bisogna lasciarle fare ai pescatori professionisti”, pensa Camillo, e fa un cenno ai camerati in Borghese, quelli con la tuta nera da sub, che rispondono: “A NOI!”. Stasera paranza, frittura mista.
Ma Satta Vladimiro nel suo Vademecum fa un Taglia e Cuci, e con la colla di pesce mette insieme scarti di veline, frattaglie, qualche Pesce Palla e anche qualcosa che puzza. Per dire che Guglielmi era in ferie, non c’era, se c’era dormiva, stava a Parma, era in pensione, passava da lì per caso, davvero andava a mangiare il pesce dal suo collega D’Ambrosio, s’inventa un catasto urbano di fantasia, subito applaudito da Mieli Paolo, che rifila ai suoi lettori quel qualcosa che puzza, senza nemmeno lavarsi le mani:
«…oltre ad essere entrato nel Sismi solo dopo i fatti di via Fani, [Guglielmi] racconterà alla magistratura di non esser mai passato quella mattina per quel tratto di via ma di essere arrivato a casa del suo collega Armando D’Ambrosio (che confermò l’episodio), abitante in via Stresa, intorno alle 9.30, quando via Fani era già invasa da giornalisti, fotografi e televisioni, transitando per le vie adiacenti, probabilmente via Molveno, come ipotizza Vladimiro Satta nel suo Odissea del caso Moro, Edup 2003. Via Molveno sfocia nella parte alta di via Stresa, nei pressi del civico 117 dove abitava appunto D’Ambrosio, ben lontano da via Fani e raggiungibile da quel punto solo dopo un tortuoso tragitto» [il neretto è nostro, che siamo pignoli].
Il fatto è che Satta mente anche sulla toponomastica. Vergogna! Nel loro rapporto del 16 marzo, i brigadieri dei carabinieri Tito Lovotti ed Elio Centurioni scrivono, fra l’altro:
Tra le targhe rilevate abbiamo annotato anche quella ROMA P55430, montata sull’autovettura A112, [l’auto di Morucci] di colore verde chiaro con il tetto color crema, parcheggiata in via Stresa, a circa 50 metri lineari dall’incrocio di via Fani.
Capito, Satta? Cinquanta metri! Altro che “ben lontano da via Fani!” Cinquanta metri lineari! Altro che “un tortuoso tragitto” da nassa per i tonni, da conchiglia Nautilus, da Labirinto di Creta! Vergogna, questo non lo dovevi fare, Vladimiro! Ti dobbiamo tirare le orecchie, perché vedi, non sta bene dire bugie.
Cinquanta metri lineari dunque, in fondo ai quali, al numero 117, dove ha abitato anche Guglielmi Camillo, c’è un trabucco da cui calano le reti D’Ambrosio Armando e Aliberti Umberto, Podda Giuseppe e Rosseti Siro. Che i Servizi non abbiano avvertito Mieli Paolo, Satta Vladimiro, Persichetti Paolo, il gruppo Branzino, i nani e le ballerine del Circo Acquatico, che oggi si va a pesce, tempo permettendo? E che qui al numero 117 c’è un trabucco pronto, con le reti già calate? Ragazzi, ma allora bisogna dirvi proprio tutto! Siete giornalisti di inchiesta o giornalisti di Repubblica-QN-Sole24ore-Corsera-Stampa-RadiocorriereTV? Volete che vi insegniamo tutto noi? Bene, allora sfogliate un elenco telefonico, dopo esservi lavati le mani: ci sono i nomi e i cognomi, e anche i numeri di telefono di questi pescatori dei Servizi. Qui ci sta il generale Rosseti, capo del SID ed ex tesoriere della Loggia P2. Senz’altro sarà stato messo ai vertici del SID non in quanto Piduista, ma in quanto pescatore. Il colonnello Podda invece, responsabile della Sezione Addestramento (Ufficio R sezione SAD) forse gestisce un allevamento di trote. Vende fotocopiatrici ai tipografi del gruppo del Branzino perché le sparano grosse: “Io ho preso un pesce così! E io cosi! Io così” (Ci vuole un formato A3 per ogni comunicato). Non conosciamo la specialità del capitano di vascello Aliberti, del Genio Navale. A noi ricorda un po’ Capitan Uncino. D’Ambrosio infine, visto che ha invitato a pranzo Guglielmi, probabilmente è il cuoco del reparto. La sua specialità è il nero di seppia. Ma tutti pescano nel torbido. Anche se sono stati messi qui non perché sono pescatori (nonostante quello che crede Satta), ma perché sono dei Servizi.
Il capo dei capi, D’Amato Federico, ha anche lui un Panerai come Guglielmi, con il datario sfasato: pur essendo in pensione, sembra ancora in servizio. Ma gli piace il pesce, e a tempo perso cura su L’ESPRESSO una rubrica che si chiama Il GamberoRosso. Tutto torna, anche se in questa storia marinara sembra che il ruolo di SattaMieliPersichetti & C. sia quello di prendere un granchio: anzi, forse più di uno. Coraggio, ragazzi. A volte può capitare anche agli onesti.
Ma allora, piove o non piove in via Fani? Per saperlo, Musumeci chiama a raccolta parenti ed amici, cognati e fiduciari, all’incrocio (tutta gente che è in più, rispetto ai Branzini): “Aliberti, Barbaro, Bonanni, D’Ambrosio, Guglielmi, Languasco, Moscardi, Olivetti, Pastore Stocchi, Podda, Pone, Rosseti…. Alcuni rispondono Presente!, altri grugniscono, ma un manipolo di fedelissimi giovani e vecchi gridano: A NOI!, e alzano la mano nel saluto romano (per vedere se piove). Piove. Meglio così. Quando piove i pesci abboccano meglio.
Le fonti di iskrae.
Prossimamente: A Roma abbiamo un grosso probblema: il ciàffico. Satta Armeni Persichetti e Mieli più Infelisi. Tutte le auto del presidente.