di Gianni Barbacetto
Oggi, 30 giugno 2017, è il giorno della verità per la Città metropolitana di Milano. Scade il termine per depositare il bilancio. Non sarà depositato, perché dovrebbe evidenziare un buco di almeno 50 milioni. Conseguenze: scatterebbe il default, con il fallimento dell’ente che un tempo si chiamava Provincia di Milano e con la decadenza del sindaco metropolitano, Giuseppe Sala, e di tutti i 24 consiglieri dell’ente, che in base alle (confuse) norme del testo unico degli enti locali potrebbero, in quanto amministratori di ente che dichiara dissesto finanziario, non solo decadere, ma anche avere la proibizione di ricandidarsi per tre anni. Una brutta sanzione, al Monopoli della politica.
Preoccupati, tutti e 24 i consiglieri – destra e sinistra e centro – hanno minacciato di dimettersi in blocco se il governo non troverà una soluzione. Il prefetto di Milano, Luciana Lamorgese, nei giorni scorsi li aveva rassicurati: il governo individuerà un modo per far slittare la scadenza della consegna del bilancio.
Come? È escluso che il governo Gentiloni possa fare in fretta e furia, oggi stesso, un decreto salva-Milano. Forse sarà sufficiente un decreto di proroga del ministero dell’Interno, magari anticipato da una decisione della conferenza Stato-Regioni, convocata per il 6 luglio. La soluzione sarà comunque quella di spostare in avanti la data di consegna del bilancio, prevedibilmente al 30 settembre. Intanto però, a partire da oggi, si avvia la procedura del default. La Città metropolitana di Milano, la più grande d’Italia dopo quella di Roma, è da oggi tecnicamente fallita.
Al governo lo sanno da tempo, ma finora non hanno fatto nulla. Ora, il problema che pone Franco D’Alfonso, consigliere delegato al bilancio della Città metropolitana di Milano, è il seguente: anche quando arriverà la proroga, il default sarà solo rimandato, ma non risolto. I conti resteranno gli stessi, il 30 settembre come oggi. Ed eccoli, i conti: 250 milioni, in media, di cassa; 600 milioni di debito, metà in mutui e metà in derivati; e oltre 1 miliardo di patrimonio. Una situazione non disastrosa. Molti tagli alle spese sono già stati fatti, molti risparmi già conseguiti. Il personale è stato ridotto del 38 per cento e oggi il suo costo è di 45 milioni l’anno, circa il 10 per cento delle spese.
Il problema esplode nella partita tra entrate e uscite. In cassa entrano ogni anno circa 400 milioni, per lo più quote, trasferite all’ente, delle imposte sui rifiuti e su assicurazioni e passaggi di proprietà auto, oltre alle multe per autovelox e infrazioni sulle strade provinciali. Le uscite sono invece di circa 310 milioni, costi per gestire strade, scuole, ambiente e per pagare il debito. I tagli, secondo Franco D’Alfonso, non possono più essere fatti senza tagliare servizi. “Siamo fortunati che finora siano crollati solo un paio di ponti: se non abbiamo più soldi, non possiamo più fare le manutenzioni. La situazione di strade e scuole provinciali per ora è ancora buona, ma senza risorse nei prossimi anni è destinata a peggiorare”.
I conti della Città metropolitana di Milano saltano a causa della voce “contributo al bilancio dello Stato”: quest’anno è di 165 milioni, chiesti dal governo. È questo contributo che fa alla fine chiudere i conti con un buco tra i 50 e i 70 milioni. Ed è uno squilibrio strutturale, sostiene Franco D’Alfonso, che non si può affrontare con una correzione fatta una tantum sul bilancio di quest’anno, perché il problema si ripresenterebbe del tutto simile il prossimo anno.
La Città metropolitana di Milano è nata al posto della Provincia di Milano, con più o meno le stesse competenze ma senza le stesse risorse, anzi con il “contributo al bilancio dello Stato” introdotto dalle leggi finanziarie che obbligano l’ente ogni anno a un esborso fisso. Ora Forza Italia protesta contro Sala: “Il pericolo commissariamento si fa sempre più incombente”, dichiara la coordinatrice lombarda Mariastella Gelmini, “e tutti i servizi erogati dall’ente, dal trasporto pubblico provinciale alla manutenzione di strade ed edifici scolastici, saranno a rischio. I governi Renzi e Gentiloni devono assumersi la responsabilità di questo disastro, insieme al sindaco Sala: la sua gestione si è rivelata inconcludente, incapace di interloquire con Roma e di portare a casa risultati”.
Sala smorza: “Nei primi giorni di luglio avremo la visita, da noi chiesta, di una commissione composta da funzionari della presidenza del Consiglio e del ministero delle Finanze. Io mi faccio forte di una promessa del presidente del Consiglio di occuparsi della cosa. Ed è tutto quello che al momento posso fare”.
Il Fatto quotidiano, 30 giugno 2017