Giuseppe Lo Bianco
Bruno Contrada è e resta colpevole di associazione mafiosa, nessuna Cassazione ha mai revocato la sentenza di condanna a 10 anni.
La Suprema Corte ha dichiarato la sentenza ineseguibile e questo vuol dire che se fosse stato ancora in carcere avrebbe dovuto essere scarcerato. Ma i fatti, come ha detto il pm Nino Di Matteo, ‘’rimangono fatti, i rapporti di grave collusione con la mafia rimangono accertati nella loro esistenza e gravità. Già questo rende merito al lavoro della procura di Palermo e dei giudici che li hanno accertati”.
Eppure il coro dell’informazione italiana, tranne qualche rara eccezione, ha raccontato un’altra storia, fatta di parole come revoca, che non esiste nel dispositivo di sentenza, per giustificarne altre nei titoli, da scandalo giudiziario a persecuzione giustizialista. Non è un mistero che il caso dell’ex funzionario del Sisde arrestato alla vigilia del 1992 sia diventato negli anni il cavallo di battaglia di un garantismo estremo in funzione anti giudici; il personaggio si è sempre prestato, la mascella volitiva, l’aura di sbirro inflessibile, la sua amicizia con Boris Giuliano, il suo linguaggio calmo e affilato lo hanno trasformato in un simbolo delle disfunzioni giudiziarie da esibire mediaticamente.
Eppure il coro mistificante di ieri va ben oltre il caso Contrada: mentre i boss Riina e Graviano giocano la propria partita dall’interno di una cella, i colletti bianchi condannati per mafia studiano la possibilità di utilizzare il verdetto come grimaldello per aprire le loro celle.
E l’esultanza mediatica innocentista per Contrada sembra preparare il terreno alla nuova istanza alla corte europea presentata dai legali di Marcello Dell’Utri, anch’egli condannato per concorso esterno in associazione mafiosa che oggi si autodefinisce ‘’prigioniero politico’’.
Nel prendere atto della sentenza europea la Cassazione ha introdotto infatti un principio nuovo e dalle motivazioni vedremo quanto rischioso per la lotta alla mafia: in tema di ‘’relazioni pericolose’’ con Cosa Nostra ciò che una quarantina di giudici di merito, di legittimità e persino in sede di revisione hanno concordemente stabilito dentro i confini nazionali può essere ribaltato a Strasburgo, per quanto riguarda l’esecuzione della pena. E se questo accade in un Parlamento Europeo che ha dimenticato e accantonato il lavoro eccellente svolto da Sonia Alfano con la costituzione della prima commissione antimafia, ora cancellata, questo verdetto non lascia per nulla tranquilli. E ci riporta, anzi, alle parole, speriamo non profetiche, di Salvo Lima l’eurodeputato dc ucciso a Mondello nel ’92, che in un noto spot elettorale preconizzava: ‘’La Sicilia ha bisogno dell’Europa, l’Europa ha bisogno della Sicilia’’.