Un’encomiabile post che testimonia la correttezza delle posizioni su chi apprezza la democrazia e non si fa abbindolare dalle lusinghe demagogiche di molti errati luoghi comuni.
MOWA
La proposta di legge dell’on. Emanuele Fiano sull’apologia di fascismo e il vergognoso post razzista e antisemita del suo collega parlamentare Massimo Corsaro hanno scatenato sui social la solita gazzarra tra chi pensa che oggi parlare di antifascismo sia inutile e chi invece lo ritiene più attuale che mai.
Io, da poliziotto democratico, ho giurato di essere fedele alla Repubblica Italiana, di osservarne la Costituzione e le leggi, di adempiere con disciplina ed onore a tutti i doveri del mio stato, per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni. Per questo non posso non schierarmi con chi sostiene che l’antifascismo sia un valore vivo, vegeto, forte che ogni buon cittadino dovrebbe sentire in maniera piena dentro di sé, come una religione laica.
Le obiezioni che molti fanno quando si parla di “antifascismo” è che si tratta di una “faccenda superata”. Chi dice questo non sempre è in malafede, più probabilmente è vittima di un equivoco. Essere antifascisti non vuol dire semplicemente essere “contro” un determinato periodo storico. È evidente che una affermazione così semplicistica sarebbe a dir poco ridicola, come se uno dichiarasse di essere contro le guerre puniche oppure contro la guerra dei trent’anni.
Certamente l’antifascismo nasce in opposizione all’unica dittatura che abbiamo avuto in Italia ed è stato possibile grazie alla Resistenza. Soprattutto, è parte fondante della nostra Costituzione. Ma lo è in ragione di valori sempre attuali e oggi più attuali che mai come il rispetto degli altri a prescindere dall’etnia, dalla cultura e dalla religione, la tutela delle libertà fondamentali, la condanna della violenza, il contrasto al razzismo, alla sopraffazione, all’oppressione. Sembrano cose scontate, ma non lo sono.
Basta vedere l’odio che circola su Facebook e Twitter quando si parla di migranti, la violenza di certe parole non meno grave di quella fisica, l’intolleranza sempre più diffusa verso idee e culture diverse, la tendenza generalizzante che deve sempre trovare un nemico: ieri, per molti cittadini dell’Italia settentrionale, erano i meridionali che “puzzavano” e venivano a “infettare” le civilissime, si fa per dire, città del Nord; oggi sono i profughi che scappano dalle guerre o i migranti economici che “rubano il lavoro”, che “vogliono farci diventare tutti islamici”, che “delinquono” e che in fondo “sono tutti terroristi”.
Virgoletto queste frasi che si leggono e si rileggono come un mantra in rete e sui giornali, anche da parte di qualche ben noto esponente politico; frasi che si sentono ripetere spesso nei bar e nelle strade da persone che pensano di risolvere i loro problemi trovando il capro espiatorio. La storia, da questo punto di vista, si ripete sempre uguale a se stessa. L’antisemitismo, le prese in giro agli ebrei per i loro presunti tratti somatici o atteggiamenti, l’intolleranza sempre più diffusa verso un intero popolo hanno portato alla Shoah, con milioni di tedeschi indifferenti e con un regime che ha praticato il più terribile genocidio della storia, in maniera scientifica. Un regime che si è ispirato al fascismo e che con esso si è alleato.
Antifascismo oggi più che mai significa tutele delle libertà, delle minoranze, senso di giustizia e democrazia. A mio avviso questi valori sono in pericolo e non vederlo o non capirlo vuol dire vivere col paraocchi. Ergo, l’antifascismo resta più che mai necessario. L’altra obiezione, diffusa e perpetrata da chi vuole sminuire o annullare il valore dell’antifascismo, è il paragone con il comunismo, per la precisione con il comunismo sovietico, un regime totalitario che si può bene assimilare al nazismo.
Ogni volta che si parla di antifascismo, arriva il “pierino” di turno che dice, scrive e pensa due cose: “E i milioni di morti causati dal comunismo? E le foibe?” Su quest’ultima domanda mi viene in mente lo straordinario personaggio comico interpretato da Caterina Guzzanti, Vichi di CasaPound, che – messa alle strette sui temi del fascismo e della democrazia – vira sempre sulla questione delle foibe per cambiare discorso.
Nel secolo scorso di orrori ce ne sono stati molti e le dittature dei paesi dell’est europeo in questo erano in tutto e per tutto uguali o poco diverse da quelle fasciste. V’è però una fondamentale differenza tra nazismo e comunismo, come ha sapientemente sintetizzato qualche tempo fa Sergio Romano: il primo credeva nella superiorità della razza ariana e nel suo diritto di governare il mondo; il secondo era fondato sulla convinzione che gli uomini fossero eguali e avessero tutti gli stessi diritti.
La Germania hitleriana fu uno Stato razzista. L’Unione Sovietica fu uno Stato multirazziale. Dopo lo scoppio della guerra il Terzo Reich trattò i polacchi e altre popolazioni slave dei territori occupati come “untermensc”, esseri inferiori destinati a servire il popolo dominatore; mentre l’Urss, dopo la fine del conflitto, considerò ideologicamente “fratelli” i comunisti degli Stati satelliti.
Questo, naturalmente, non toglie che all’atto pratico vi furono orrori e persecuzioni. Ma parliamo di socialismo reale, ben diverso dal ruolo svolto in Italia dal Partito Comunista, dalla critica a quei regimi che arrivò già con Berlinguer e dal percorso riformista del principale partito della sinistra italiana.
Questo dice la storia che, purtroppo, nelle scuole non si insegna più come una volta, lasciando il dibattito e la “formazione” delle nuove generazioni (in qualche caso, anche delle vecchie) alle fake news di media on line inattendibili.
Motivo per cui, lo ripeto, oggi più che mai, una legge che contrasti in maniera efficace l’apologia di fascismo pure in rete è necessaria. Non si tratta di una norma liberticida perché il fascismo non è una idea, ma un crimine, come diceva Matteotti. Un crimine che in Italia abbiamo vissuto per oltre un ventennio. Non dovremo mai dimenticarlo.