E’ ormai consuetudine che i tagli che riguardano il pubblico impiego siano annunciati a ridosso di ferragosto, un po’ perché la capacità di reazione è ridotta ai minimi termini e un po’ per dare sfogo a quel facile populismo che in questa parte dell’anno raggiunge picchi altissimi.
Di fronte ad una crisi che impedisce a milioni d’italiani di organizzare un viaggio per le ferie e ai tanti senza lavoro o in cassa integrazione anche solo d’immaginarle le ferie, cosa c’è di meglio dell’annunciare un nuovo giro di vite sulla pubblica amministrazione?
Tuttavia siccome anche i lavoratori pubblici avvertono i morsi della crisi, annunciando la proroga del blocco di contratti e retribuzioni fino a tutto il 2014 e un nuovo taglio di 200.000 posti di lavoro nella pubblica amministrazione, il governo sottolinea che non ci saranno licenziamenti ma si procederà con i prepensionamenti del personale e che tagliando consulenze e auto blu saranno trovate le risorse aggiuntive per la contrattazione integrativa aziendale.
I lavoratori pubblici hanno imparato sulla propria pelle in questi anni a distinguere gli annunci veri da quelli ad effetto propaganda. Di vero c’è che le centinaia di migliaia di posti di lavoro in meno nella pubblica amministrazione avranno un effetto depressivo sull’occupazione generale e metteranno in crisi la tenuta di molte amministrazioni pubbliche. La conseguenza diretta per i cittadini sarà un nuovo taglio dei servizi pubblici. Di vero c’è che per i precari della pubblica amministrazione non esiste un piano di stabilizzazione e il mantenimento del posto di lavoro è legato alla scadenza della proroga dei contratti al 31 dicembre di quest’anno. Di vero c’è che i contratti collettivi nazionali e le retribuzioni resteranno bloccati almeno per un altro anno, con una perdita media complessiva stimabile sulla sola retribuzione tabellare in circa € 9.000,00 nei cinque anni di fermo. Di vero c’è che i tanti lavoratori che svolgono mansioni superiori al loro inquadramento non avranno neanche nel 2014 la possibilità di uno sviluppo professionale ed economico.
Il resto è propaganda. Il Ministro per la pubblica amministrazione D’Alia nei giorni scorsi ha annunciato tagli alle auto blu e alle consulenze per complessivi 400 mln, davvero pochi per dare fiato alle retribuzioni dei lavoratori pubblici. Anche il premier Enrico Letta ieri ha annunciato la diminuzione del 25% di auto blu della Presidenza del Consiglio e la vendita di tre aerei di Stato con il cui ricavato saranno acquistati aerei antincendio, un annuncio fatto a poche ore da un incendio che ha devastato una vasta area della Sardegna e in piena emergenza per questi eventi spesso dolosi. Tempestivo e un tantinello demagogico, non vi sembra?
In questi giorni abbiamo letto dichiarazioni roboanti da parte di diversi sindacati pronti a dissotterrare l’ascia di guerra di fronte a questo nuovo attacco al pubblico impiego, salvo poi non dare alcuna indicazione concreta in merito a iniziative di lotta.
Al contrario, la Confederazione USB, insieme a Cobas e Cub, ha convocato lo sciopero generale per il prossimo 18 ottobre. Abbiamo cominciato da subito a preparare questo appuntamento, con iniziative nei diversi settori del pubblico impiego che già dai primi di settembre coinvolgeranno i lavoratori e segneranno l’inizio di una nuova stagione di protesta e di costruzione del conflitto sociale per respingere le politiche di sacrifici. Se siamo davvero alla fine del tunnel, come afferma chi ci governa, i lavoratori pubblici non se ne sono accorti, perché a loro qualcuno vorrebbe tenerceli definitivamente nel tunnel.