di Giorgio Bongiovanni
E’ sempre Massimo Ciancimino, testimone oculare di molti degli avvenimenti chiave al processo sulla trattativa Stato-mafia e forse nuovo collaboratore di giustizia, a far tremare i potenti. Il 26 settembre, giorno in cui avrà luogo la prossima udienza a Palermo, il figlio di don Vito ritornerà in aula. Nessuno può sapere cosa dirà (se dirà qualcosa) ma è possibile che in quell’udienza, o in una delle numerose che ci si aspetta da questo lungo processo prima di essere interrogato dalla corte, dai pm e dalle difese degli imputati, rilasci delle dichiarazioni spontanee con documenti che certamente potrebbero riguardare il processo e l’inchiesta sulla trattativa mafia Stato. Inoltre Ciancimino ha detto tramite gli avvocati, riferendosi all’ultima inchiesta nella quale è accusato di associazione a delinquere ed evasione fiscale: “Se dovesse essere provato e se dovesse risultare la mia responsabilità mi impegno a rimborsare il Fisco”. Parliamo di un risarcimento del valore di milioni di euro. Massimo Ciancimino, prima incarcerato e poi agli arresti domiciliari, adesso è un uomo libero (secondo i giudici per le indagini preliminari di Reggio Emilia e Ferrara risultano “insussistenti le esigenze cautelari”) con la sola condizionale di non poter lasciare Palermo per poter essere sempre reperibile dalla magistratura.
Sappiamo che, nell’ambito del processo sulla trattativa, nei giorni scorsi è stato interrogato per diverse ore dai pubblici ministeri Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia, Vittorio Teresi e Francesco Del Bene. Un interrogatorio che sarà sicuramente foriero di importanti novità: i magistrati non si saranno limitati a chiedere conferma di ciò che Ciancimino ripete senza sosta da anni. Forse ne sapremo di più quando si riaprirà lo storico processo in corso a Palermo.
Certo, Massimo Ciancimino ha fatto degli errori, errori da lui stesso ammessi. Come quello che determinò il suo arresto e la conseguente incarcerazione per l’accusa di calunnia aggravata ai danni dell’attuale prefetto e presidente di Finmeccanica, nonché ex capo della polizia Gianni De Gennaro, avendo consegnato ai magistrati un falso documento nel quale viene fatto il suo nome. Ciancimino aveva già accusato De Gennaro di essere stato molto vicino al signor Franco. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo si è difeso dicendo di essere ‘caduto in un tranello’ quando gli venne consegnato quel documento dal signor Franco o signor Carlo, o da amici del signor Franco, dicendo che “mio padre aveva opinioni negative su di lui (De Gennaro, ndr) per cui quando mi viene consegnata la lista dei nomi col riferimento proprio a De Gennaro e il Signor Franco ho pensato fosse la verità”.
Ingenuo Massimo Ciancimino? Sì, nella migliore delle ipotesi.
Un altro errore che gli è costato caro, è il ritrovamento di diciassette candelotti di dinamite nella sua abitazione. Fu lo stesso Ciancimino a consentirne il recupero, ma ciò non ha evitato il medesimo ad essere sottoposto ad indagine, dalla procura di Palermo, per non aver denunciato la dinamite e per averla trasportata illegalmente. Inizialmente riferì agli investigatori di averli ricevuti a Palermo (ovviamente non li avrà fabbricati da solo) da soggetti ignoti che lo minacciarono. Tuttavia in seguito cambiò versione, dichiarando che gli erano stati recapitati nella sua casa a Bologna. Sarebbe stato lui stesso a portarli a Palermo, affidando una parte di candellotti ad un amico per liberarsene. Il Ciancimino avrebbe subito nell’occasione una minaccia recapitata da due individui. Probabilmente non avrà spiegato in modo soddisfacente alla magistratura da dove e in che modo abbia ricevuto l’esplosivo, la cui presenza ha messo in grave pericolo di vita Ciancimino stesso e la sua famiglia in quanto poteva verificarsi la detonazione dei candelotti.
Oggi Massimo Ciancimino continua ad essere un superteste fondamentale all’imminente processo sulla trattativa Stato-mafia. Ciancimino junior è stato in carcere nel braccio superprotetto dei collaboratori di giustizia. Nonostante non sia stato ufficializzato, oltre ad essere un testimone chiave il figlio di don Vito è a tutti gli effetti un collaboratore di giustizia (nonostante manchi ancora l’ufficializzazione da parte dello Stato), che potrebbe avere delle nuove e importanti novità sulla trattativa tra Stato e mafia e sulla ancora non del tutto conclusa vicenda della mancata cattura di Provenzano, per la quale sono accusati gli ex ufficiali del Ros Mori e Obinu (dopo l’assoluzione pronunciata dalla quarta sezione penale del tribunale di Palermo l’accusa ricorrerà al processo in Appello). Vedremo alla fine di settembre quando Massimo Ciancimino sarà nell’aula bunker dove si celebra il processo sulla trattativa Stato-mafia.
Massimo Ciancimino è accusato di diversi reati. Più volte indagato a Caltanissetta, indagato e arrestato a Palermo, ha pagato in prima persona per gli errori commessi. Allo stesso tempo, però, dobbiamo riconoscere che è stato capace di offrire importanti riscontri, documenti dichiarati autentici dalla polizia scientifica e fondamentali testimonianze a favore della giustizia per smascherare uomini di Stato che hanno trattato con la mafia, responsabili, a nostro giudizio, della morte di Falcone e Borsellino. Sono testimonianze che hanno permesso a non pochi uomini delle istituzioni il miracoloso riemergere dei ricordi, fino a quel momento seppelliti nella loro memoria, su quella trattativa che Massimo Ciancimino aveva vissuto dall’interno come corriere del padre. Grazie alle sue dichiarazioni la trattativa Stato-mafia non può più essere definita “fantomatica” né “presunta”.
– 8 agosto 2013