Vi segnaliamo le seguenti nuove uscite di MarxVentuno:
- “Interviste ai marxisti cinesi – Interviews with Chinese Marxists” a cura di F. Maringiò – € 8,00
- “Ottobre ’17: ieri e domani” di Samir Amin – € 10
“Interviste ai marxisti cinesi – Interviews with Chinese Marxists”
PRESENTAZIONE
A colloquio con i ricercatori marxisti
della Chinese Academy of Social Sciences (CASS)
Attraverso tre interviste a dirigenti ed intellettuali della CASS emergono i nodi nevralgici del confronto con la dimensione intellettuale e politica cinese. Questi punti non solo ci permettono di decodificare meglio quel mondo e farcelo conoscere più a fondo, ma aiutano a far affiorare alla mente importanti domande e spunti di riflessioni imprescindibili, anche per i marxisti occidentali.
Presentiamo qui tre stimolanti interviste ad altrettanti autorevoli dirigenti ed intellettuali cinesi afferenti all’Accademia Cinese delle Scienze Sociali (CASS). Due di esse sono state realizzate durante un lungo soggiorno di studio a Pechino, mentre la terza è un estratto dei passaggi più significativi di una lunga intervista che il professor Deng Chundong ha rilasciato nel 2015 e che è stata pubblicata su International Critical Thought, rivista internazionale della CASS, edita da Routledge. Si tratta, comunque, di un saggio inedito per il pubblico italiano.
L’Accademia Cinese delle Scienze Sociali è una struttura importante e prestigiosa: nella sola Pechino, in questa accademia prendono il dottorato di ricerca circa 700 studenti all’anno, alcuni dei quali ricopriranno ruoli apicali nel Partito comunista o nelle istituzioni del paese. Ma la CASS, con i suoi dipartimenti e le sue strutture presenti su tutto il territorio cinese, è soprattutto un importante pensatoio (la rivista Foreign Policy la colloca ai vertici dei think tank di tutta l’Asia) per le discipline umanistiche e le scienze sociali, ed è inoltre affiliata al Consiglio di Stato, la massima autorità amministrativa della Repubblica Popolare Cinese. Questo significa che i dipartimenti e le accademie interne alla CASS, svolgono ricerche e studi per il governo ed i vari ministeri.
Questi tre contributi sono, assieme, uno straordinario spaccato della vitalità del dibattito teorico ed intellettuale cinese ed una guida che può aiutare il lettore ad acquisire strumenti analitici e chiavi di lettura per rendere più intellegibile il dibattito politico cinese. Proprio per questo motivo, sono contributi di eccezionale interesse e siamo grati agli autori, oltre che per la loro disponibilità, anche per l’apporto intellettuale e l’interesse ad un confronto fruttuoso con i marxisti del nostro paese.
Ogni intervista è riprodotta in doppia lingua: l’inglese (idioma originale delle interviste) e la sua traduzione italiana.
La prima intervista che proponiamo è quella al professor Cheng Enfu, Direttore della Divisione Accademica degli Studi Marxisti della CASS e supervisore della scuola di dottorato dell’Accademia del Marxismo dell’Università di Finanza ed Economia di Shanghai. È un contributo di grande rilievo, perché ci permette di scorgere immediatamente l’importanza, per i dirigenti cinesi, del lungo processo di apprendimento del socialismo con caratteristiche cinesi: cosa ha imparato, sussunto o accantonato dalle altre esperienze di edificazione socialista, in particolare da quelle europee (Jugoslavia, Ungheria, Urss, …). Non solo: questo intervento colpisce essenzialmente per non essere affatto reticente anche sugli aspetti più controversi e sulle difficoltà dell’esperienza cinese. Anzi: i problemi vengono esposti ed analizzati chiaramente, richiamando il rischio di una eccessiva polarizzazione della società e il pericolo di perdita di influenza per il Pcc, soprattutto nel caso in cui non si continuasse a perseguire una critica incessante del neoliberismo. È proprio il progresso e lo sviluppo del paese ad opera del Partito che spinge alla nascita e allo sviluppo del potere politico di gruppi che si oppongono all’egemonia del Pcc. Cheng, per evitare che in Cina si ripeta tragicamente quanto già accaduto in Unione Sovietica, propone di imparare dalla storia ed attuare scelte che impediscano questo esito nefasto.
È interessante pure notare come il professor Cheng esprima in maniera franca e rigorosa il suo punto di vista su un tema cruciale come è quello del ruolo del mercato e del governo nell’allocazione delle risorse, argomento che è stato al centro del dibattito della terza sessione plenaria del 18º Comitato Centrale del Pcc. Vi è per ultima, ma non per questo meno importante, la lettura che viene data del progetto della Nuova Via della Seta, che non è solo un piano infrastrutturale o una strategia di uscita dalla crisi – come scorgiamo nitidamente in Occidente –, ma assume il volto di una iniziativa di «edificazione globale del socialismo con caratteristiche cinesi», quindi una mastodontica operazione di soft power con la quale i comunisti cinesi contribuiscono al rafforzamento e allo sviluppo del movimento comunista a livello internazionale.
La seconda intervista, invece, è al professor Deng Chundong, ricercatore e decano dell’Accademia del Marxismo, presso l’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, i cui interessi di ricerca si concentrano prevalentemente sulla teoria del socialismo con caratteristiche cinesi. Il pubblico italiano ha avuto modo di conoscerlo in virtù del fatto che il professor Deng è stato il principale artefice delle edizioni del Forum Internazionale sulla Via Cinese che si sono tenute a Roma (oltre che in Germania, Francia e Spagna) dal 2014 al 2016, co-organizzate dalla CASS, dall’Associazione Marx XXI e dalle edizioni MarxVentuno.
Il cuore dell’intervista è sul “sogno cinese”, espressione usata per la prima volta dal Presidente Xi Jinping durante un discorso al Museo Nazionale cinese nel 2012, appena dopo essere stato eletto Segretario del Partito. Tuttavia, questo concetto ha radici profonde: Xi, infatti, innesta il “sogno cinese” contemporaneo nella lunga (e travagliata) storia della Cina, consapevole che, dopo il 1949, esso assume un valore importante. Perché se «il pensiero di Mao Zedong ha mostrato la direzione per l’indipendenza nazionale cinese ed ha posto le basi per la fondazione del sistema socialista, il Socialismo con caratteristiche cinesi ha mostrato la direzione per la prosperità della nazione», e allora, ribadisce Deng, «noi dobbiamo continuare ad avere fiducia nelle nostre teorie, nella nostra strada e nelle nostre istituzioni».
Ma il “sogno cinese” è anche l’orizzonte ideale verso il quale si dirige la Cina moderna. Le riforme intraprese dopo il 18º Congresso segnano le tappe di questo percorso e prendono corpo attraverso le innovazioni dei “due obiettivi centenari”, dei “quattro comprensivi”, etc. La lettura di questa intervista è utile perché ci accompagna per mano lungo le novità politiche cinesi, aiutando anche il lettore meno navigato a collocare in una prospettiva più ampia obiettivi quali: “generale costruzione di una società moderatamente prospera”, “completo approfondimento della riforma”, “attuazione integrale dello stato di diritto” e “completo rafforzamento della disciplina di partito”.
Visto che anche Obama ha fatto riferimento nei suoi discorsi al “sogno americano”, viene giustamente rivolta a Deng la domanda circa la coincidenza tra questo ed il “sogno cinese”; e Deng sottolinea come, trattandosi di due grandi nazioni, i due “sogni” abbiano indubbiamente dei punti in comune, ma, al contempo, egli sostiene quanto sia necessario mettere in luce le differenze, perché, «diversamente dal Sogno Americano, che evidenzia le battaglie ed i successi dell’individuo», quello cinese declama «il collettivismo ed il nocciolo dei valori socialisti» e afferma il «legame tra il destino individuale e quello della nazione», senza sottacere il fatto che il “sogno americano” sfida la pace mondiale.
Infine, nella realizzazione del “sogno cinese”, si presta grande attenzione a come debbano essere informate le relazioni internazionali, che, certo, non possono aderire ad un unico modello universale. Al contrario. L’intellettuale marxista cinese ribadisce come sia un compito prioritario quello di «sostenere il principio che tutti i paesi, siano essi grandi o piccoli, forti o deboli, ricchi o poveri, abbiano uguali diritti, sostenere l’equità e la giustizia e opporsi alla prepotenza sui deboli da parte dei più forti e all’oppressione dei poveri da parte dei ricchi», perché «la pace nel mondo, lo sviluppo nazionale, il progresso sociale, la prosperità economica ed una vita migliore, sono le prerogative condivise dalle persone di tutto il mondo».
L’ultima intervista, infine, è quella alla professoressa Lv Weizhou, Direttrice del Dipartimento del Movimento Comunista Internazionale all’Accademia del Marxismo presso la CASS.
Questo scambio di idee è di estremo interesse, perché ci guida nella conoscenza dell’Accademia del Marxismo, della sua strutturazione e dei cambiamenti in corso negli anni. Colpisce come questi abbiano ridisegnato la fisionomia del Dipartimento, spingendo verso un approccio interconnesso delle discipline ed uno studio comparato tra socialismo con caratteristiche cinesi e altre esperienze socialiste internazionali, così come tra socialismo e capitalismo. Sulla scorta della elaborazione dialettica di Marx ed Engels e delle riflessioni e della pratica di Lenin dopo la vittoriosa rivoluzione d’Ottobre – in particolare la NEP[1] – si è appreso come sia importante per le esperienze di transizione al socialismo attingere dalle acquisizioni e dalle conquiste universali del capitalismo ed integrarle nel proprio sistema. Per questo, oltre ad indagare il Movimento comunista contemporaneo, i ricercatori cinesi volgono la loro attenzione anche allo studio del capitalismo contemporaneo.
La conversazione con questa autorevole dirigente della CASS è utile anche per conoscere l’interpretazione che gli intellettuali ed i dirigenti cinesi danno del crollo dell’Unione Sovietica (da loro sempre nominato usando l’espressione: “i drastici cambiamenti in Urss”). Perché, mentre in Occidente si tende a far passare l’assioma in base al quale la sconfitta dell’Urss comporta l’impossibilità assoluta di praticare vie alternative al capitalismo, in Cina questa tesi non viene accettata. Anche se il socialismo sta vivendo una fase di grandi difficoltà, esso rappresenta – ci dice l’intellettuale cinese – il futuro. Ella esplora allora il rapporto tra le esperienze dei comunisti al potere con i movimenti comunisti all’opposizione nei rispettivi paesi, svelandone la natura dialettica: il rafforzamento delle esperienze nei paesi socialisti può contribuire allo sviluppo delle organizzazioni comuniste che non hanno ancora una forza consistente, ma, allo stesso tempo, le loro divisioni ed i conflitti interni hanno ripercussioni negative sull’intero movimento comunista internazionale.
Infine, pensando alle difficoltà che vivono i partiti comunisti in questa fase storica e alla problematicità nel costruire esperienze unitarie e luoghi di confronto permanenti, la Direttrice Lv invita a coniugare (proprio come avviene nell’esperienza cinese) saldezza ideologica con flessibilità tattica, anche perché «alleanza non è sinonimo di “unanimismo”», invitando pertanto a lavorare per porre al centro gli aspetti che uniscono, invece di esacerbare i punti che dividono.
Si è detto più volte (cfr. gli articoli della rivista MarxVentuno e del sito marx21.it) che il confronto e la conoscenza più approfondita del marxismo cinese e dell’esperienza storica del socialismo con caratteristiche cinesi, costituiscono un dato imprescindibile. E proprio in questi tempi, in cui i giornali italiani riportano continuamente notizie che giungono dalla Cina o che riguardano il suo protagonismo (economico innanzi tutto, ma anche culturale e diplomatico) in Italia e in Europa, è essenziale ricorrere alle fonti culturali ed ideologiche che stanno alla base delle politiche di questo grande paese.
Le tre interviste che seguono aiutano a dotarsi di alcune chiavi di lettura essenziali in questo percorso di apprendimento. Ed è appropriandosi di una lettura critica e più fedele ai processi in corso che è possibile collocare la vicenda cinese nella più ampia storia del movimento comunista e del tentativo di edificazione di uno stato socialista, del cui primo tentativo storico – quello che ha avuto avvio con la Rivoluzione d’Ottobre – celebriamo quest’anno il centenario.
Francesco Maringiò
Bologna, febbraio 2017
[1] Cfr. in proposito l’attualissima e utilissima antologia di scritti di Lenin dopo la rivoluzione d’Ottobre, Economia della rivoluzione, con ampia introduzione e note di Vladimiro Giacché, il Saggiatore, Milano, 2017.
INTRODUCTION
Interview with Marxist Researchers of
Chinese Academy of Social Sciences (CASS)
Through three interviews with the Cass leaders and intellectuals vital node points emerges about the discussion on the intellectual and Chinese political dimension. These points not only allow us to better decode that world and to know it deeply, but help us to bring out important questions and essential reflections, even for Western Marxists.
We present three inspiring interviews to many eminent Chinese leaders and intellectuals belonging to the Chinese Academy of Social Sciences (Cass). Two of them were realized during a long period of study in Beijing, while the third is an extract of the most significant passages of a long interview that Professor Deng Chundong released in 2015 and which was published on International Critical Thought, the Cass international magazine, published by Routledge. However, this is an unpublished essay for the Italian readers.
The Chinese Academy of Social Sciences is an important and prestigious institution: in this Beijing academy about 700 students per year obtain a PhD, and some of them will cover key positions in party or in the country’s institutions. But the Cass, which has departments and structures based everywhere in China, it is, above all, a major think tank (Foreign Policy magazine ranks it at the top of all Asia) for the liberal arts and the social sciences disciplines. It is also affiliated to the State Council, the highest administrative PRC authority. This means that departments and Cass academies carry out researches and studies for the government and various ministries.
These three essays are, together, an extraordinary glimpse of the vitality of theoretical and intellectual Chinese debate, and a guide that can help the reader to acquire analytical tools and interpretation keys to make more intelligible the Chinese political debate. For this reason, these papers are really interesting, and we are grateful to the authors, as well as for their willingness, even for the intellectual contribution and interest in a profitable debate with our country Marxists.
Each interview is reproduced in two languages: English (original language) and Italian translation.
We present first an interview to Professor Cheng Enfu, Director of the Division of Academic Marxist Studies of Cass and doctoral school supervisor of the Academy of Marxism of the University of Finance and Economics in Shanghai. It is a very important contribution because it allows us to immediately see the importance, for the Chinese leadership, of the understanding of the long learning process of socialism with its Chinese characteristics: what it has learned, or subsumed or rejected from other experiences of socialist edification, in particular from European ones (Yugoslavia, Hungary, USSR, …). Not only: this contribution is interesting essentially because it is not at all reticent even about the most controversial aspects and difficulties of the Chinese experience. On the contrary, the problems are clearly exposed and analysed, stressing about the risk of an excessive polarization of society and the danger of loss of influence for the CPP, especially if a relentless critique of neoliberalism won’t be pursued. It is precisely the progress and development of the country implemented by the Party that could create the conditions for the birth and the development of political power groups that oppose themselves to the hegemony of the CPC. Professor Cheng, in order to prevent in China what has already tragically happened in Soviet Union, aims to learn from history and to implement choices that could prevent this tragic outcome.
It is also interesting how Professor Cheng expresses, clearly and rigorously, his point of view about the crucial issue of the market and the State role in the allocation of resources, a topic that has been the focus of the discussion of the third plenary session of the 18th Central Committee of CPC. Last, but no less important, there is an interpretation given to the project of the New Silk Road, which is not only an infrastructure plan and an exit strategy from the crisis – as we can clearly see in the West – but it is a way of “global socialism building with Chinese characteristics”, a great soft power’s task through which the Chinese communists help the strengthening and development of the international communist movement.
The second interview, instead, is a contribute of Professor Deng Chundong, researcher and dean of the Academy of Marxism, of the Chinese Academy of Social Sciences, whose research interests mainly focuses on the theory of socialism with Chinese characteristics. The Italian public know him already, because Professor Deng was the main architect of the editions of the International Forums on Chinese Road held in Rome (as well as in Germany, France and Spain) from 2014 to 2016, co-organized by Cass, by the Marx XXI Association and MarxVentuno publisher.
The core of the interview is about “Chinese Dream”, an expression used for the first time by President Xi Jinping, during a 2012 speech at the Chinese National Museum, just after his election to General Secretary of the Party. However, this concept has deep roots: Xi, in fact, introduces the current “Chinese dream” in the long (and troubled) history of China, aware that after 1949 it assumes a particular meaning. Because if «the Mao Zedong’s thought has showed the way of China’s national independence and has laid the foundations for the building of the socialist system, socialism with Chinese characteristics has shown the direction of the nation’s prosperity» and then, as Professor Deng underlines, «we must continue to trust in our theories, in our path and in our institutions».
But the “Chinese dream” is also the imaginary horizon towards which modern China moves on. The reforms undertaken after the 18th Congress mark the stages of this process and enrich themselves through the innovations of the “two centenary goals”, “four comprehensive”, etc. The reading of this interview is useful because it takes us by the hand along the new Chinese policies, helping also the less experienced reader to put, in a broader perspective, themes like the “general building of a moderately prosperous society”, “comprehensive deepening of reform”, “full implementation of the rule of law” and “comprehensive strengthening of party discipline”.
Since Obama too has referred in his speeches to the “American Dream,” we rightly asked to Professor Deng about the similitudes between American and “Chinese dream”. He points out that, as they are two great countries, the two “dreams” have undoubtedly some points in common, but at the same time he stresses that it is necessary to point out the differences, because «unlike the American Dream, which highlights the struggles and successes of the individual», the “Chinese dream” declaims «the collectivism and the core of socialist values», and highlights «the link between individual destiny and national destiny», without forgetting that the “American dream” defies the world peace.
Finally, in the realization of the “Chinese dream”, great attention is paid to how the international relations should be based, because certainly they cannot adhere to a single universal model. On the contrary: the Marxist Chinese intellectual, point out that it is a priority task to «uphold the principle that all countries, big or small, strong or weak, rich or poor, have equal rights [and] that fairness and Justice must be supported and that arrogance of the stronger over the weaker and the oppression of the poor by the rich must be stopped» because «the world peace, the national development, the social progress, the economic prosperity and a better life, are the prerogatives shared by people all over the world».
The last interview, in the end, is the one released by the Professor Lv Weizhou, Director of the International Communist Movement Department, Academy of Marxism (CASS).
This ideas exchange is extremely interesting, because it leads us to improve our knowledge on the Academy of Marxism, its structure and its changes during the years. They have redrawn the appearance of the Department, since they have encouraged an interconnected disciplines approach and comparative studies between socialism with Chinese characteristics and other international socialist experiences, as well as between socialism and capitalism. Based on the dialectical elaboration of Marx and Engels and Lenin’s reflections and practice after the victorious October Revolution – in particular the NEP[1] – during time we have learned how important is, in the transition to socialism, gain from experiences, from acquisitions and from universal achievements of capitalism and to integrate them into an own system. Therefore, in addition to investigating the current Communist movement, the Chinese researchers turn their attention to the study of contemporary capitalism.
The conversation with this eminent Cass leader is useful also to understand the interpretation given by Chinese intellectuals and leaders to the collapse of the Soviet Union (that is always called “the drastic changes in the USSR”). In fact, while in the West we axiomatically say that the defeat of the USSR involves the absolute impossibility to practice alternative ways to capitalism, in China this thesis is not accepted. Although socialism is experiencing a period full of great difficulty, it is the future, as this Chinese intellectual says. She then explores the relationship between the experiences of the Communists in power with the communist movements at the opposition in their respective countries, revealing a dialectic relationship: the strengthening of the socialist countries experiences can contribute to the development of the communist forces that have not yet a consistent force but, at the same time, the divisions and internal conflicts within these organizations have a negative consequence on the whole international communist movement.
Finally, focusing on the difficulties experienced by communist parties in this historical period and on the difficulties in building unitary experiences and occasions of permanent confrontation, the Director Lv invites to conjugate (just as in China’s experience) ideological firmness with tactical flexibility, also because «alliance is not synonymous of “unanimity”». She thus exhort to work putting on the table the uniting aspects, rather than exacerbate the division points.
Many times we said (see MarxVentuno review and the site marx21.it) that the comparison and better understanding of the Chinese Marxism and of the historical experience of socialism with Chinese characteristics is essential. Exactly in these times, in which the Italian newspapers continually report news coming from China or regarding its leading role (primarily from economic point of view, but also from cultural and diplomatic) in Italy and in Europe, it is essential to resort to cultural and ideological sources that underline the policies of this great country.
The three interviews that follows help to achieve some key interpretations in this learning path. And it is through the appropriation of a critical and more faithful reading of the ongoing processes that we can place the Chinese trend in the wider history of the communist movement and of the edification attempt of a socialist state, while we celebrate this year the centenary of a first historical attempt, started with the October Revolution.
Francesco Maringiò
Bologna, February 2017
[1] See in this regard the most recent and very useful anthology of Lenin’s writings after the October Revolution, Economia della rivoluzione [The Economics of Revolution], with extensive introduction and notes by Vladimiro Giacché; publisher “il Saggiatore”, Milano, 2017.
Ottobre ‘17: ieri e domani
Introduzione
Le grandi rivoluzioni fanno la storia; le resistenze conservatrici e le controrivoluzioni non fanno che ritardarne il corso. La rivoluzione francese ha inventato la politica e la democrazia moderna, la rivoluzione russa ha aperto la via alla transizione socialista, la rivoluzione cinese ha associato l’emancipazione dei popoli oppressi dall’imperialismo al loro impegno sulla via del socialismo.
Queste rivoluzioni sono grandi proprio perché sono portatrici di progetti forti in anticipo sulle esigenze immediate dei loro tempi. Ed è per questo che nel loro sviluppo si scontrano con le resistenze del presente, che sono all’origine degli arretramenti, dei “termidori” e delle restaurazioni. Le ambizioni delle grandi rivoluzioni, espresse nella formula della Rivoluzione francese (liberté, égalité, fraternité), della Rivoluzione d’Ottobre (Proletari di tutti i paesi, unitevi), del maoismo (Proletari di tutti i paesi e popoli oppressi, unitevi!) non trovano la loro traduzione nella realtà immediata. Ma restano i fari che illuminano le lotte ancora incompiute dei popoli per la loro realizzazione. Non è possibile perciò comprendere il mondo attuale facendo astrazione dalle grandi rivoluzioni.
Commemorare queste rivoluzioni significa perciò misurare le loro ambizioni (l’utopia di oggi sarà la realtà di domani) e comprendere al contempo le ragioni dei loro arretramenti provvisori. Gli spiriti conservatori e reazionari rifiutano di far ciò. Vogliono far credere che le grandi rivoluzioni non siano state altro che degli sfortunati incidenti, che i popoli che le hanno fatte, presi dal loro ingannevole entusiasmo, si siano lanciati in strade senza uscita, contro il normale corso della storia. Questi popoli devono essere puniti per gli errori criminali del loro passato. Gli spiriti conservatori non immaginano né possibile né desiderabile l’emancipazione dell’umanità, l’abolizione delle ineguaglianze. La diseguaglianza degli individui e dei popoli, lo sfruttamento del lavoro e l’alienazione sono per essi condizioni eterne.
Già in occasione del bicentenario della Rivoluzione francese avevamo visto il clero mediatico al servizio dei poteri reazionari dispiegare tutti i propri mezzi per denigrare la Rivoluzione francese. La campagna finanziata dalle istituzioni accademiche (esse stesse ispirate dai servizi della Cia degli Stati Uniti), nella quale si è messo in luce, tra gli altri, Furet, ha mostrato gli obiettivi reali della strategia controrivoluzionaria. Lo stesso clero mediatico quest’anno si è attivato con tutti i mezzi per denigrare la Rivoluzione d’Ottobre. Gli eredi del comunismo della Terza Internazionale sono invitati a pentirsi per l’errore delle loro convinzioni rivoluzionarie d’altri tempi. Molti in Europa lo faranno.
Le grandi rivoluzioni costituiscono l’eccezione nella storia, non la regola generale; e la predisposizione dei popoli alla radicalizzazione del loro immaginario, che inventa il futuro, esige a sua volta l’esame della loro storia specifica nel lungo periodo. Mathiez, Soboul, Michelet, Hobsbawn e altri l’hanno fatto per la Rivoluzione francese, Mao per quella cinese. Il mio libro sulla Russia nella lunga durata [Amin 2015] ne propone una lettura analoga per il 1917. La misura della portata universale delle grandi rivoluzioni non esclude l’esame delle condizioni storiche specifiche proprie dei popoli interessati, ma, al contrario, ne associa le analisi.
Il primo capitolo del presente volume pone l’accento sulle conseguenze drammatiche dell’isolamento dell’Ottobre.
Il successivo (“Rivoluzioni e contro rivoluzioni dal 1917 al 2017”) propone una lettura della conformazione delle società del centro imperialista contemporaneo che possa spiegare l’adesione dei popoli all’ideologia dell’ordine conservatore, principale ostacolo allo sviluppo dell’immaginario rivoluzionario creativo.
Il terzo capitolo invita a distinguere tra la lettura del Capitale di Marx e quella delle realtà storiche costituite dalle nazioni del capitalismo moderno. La prima di queste letture fornisce la chiave che permette di situare nel lungo periodo le diverse formazioni del mondo contemporaneo e di misurare così le loro ineguali capacità di avanzare sulla lunga via del socialismo.
Il quarto capitolo prolunga l’analisi di Mao sulle prospettive delle regioni periferiche del sistema mondiale. Suggerisce a questo riguardo una strategia a tappe che associ la liberazione nazionale ad avanzate possibili nel quadro di progetti nazionali sovrani e popolari.
Propongo di commemorare in questo modo l’Ottobre 1917, situando l’evento in un quadro attuale, che è solo in apparenza quello del trionfo della controrivoluzione “liberista”, poiché questo sistema è già largamente avviato sulla strada della decomposizione caotica, che apre la via alla possibile cristallizzazione di una nuova situazione rivoluzionaria.
Samir Amin
gennaio 2017
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