Foto: Nanni Svampa con Lino Patruno sulla copertina di uno dei loro tanti dischi
di Gianni Barbacetto
È tutta colpa di Didi. Lino Patruno, l’unico dei Gufi che sapeva suonare davvero la chitarra, racconta: “Era il 1964. Ero fidanzato con una ragazza molto carina, Didi Martinaz, cantante e attrice. Una sera andiamo a cena al Capitan Kid, accanto al Duomo di Milano. Didi mi dice: vengono anche alcuni amici. Così io mi trovo seduto di fronte a un ragazzo che ha appena finito il servizio militare dopo l’università, uno simpatico. Si presenta: si chiama Nanni, Nanni Svampa. Chiacchieriamo tutta la serata. Mi dice: io a militare avevo tanto tempo libero, ho tradotto le canzoni di Georges Brassens in milanese. Mi piacerebbe cantarle in pubblico”.
Quella sera nasce la lunga amicizia tra Patruno e Svampa, che se n’è andato il 26 agosto a 79 anni. Brassens in milanese? Patruno ne parla a Nando Angelini, il proprietario del Capitan Kid e del Santa Tecla, il mitico locale in cui Patruno, jazzista raffinato, allora già suonava con la sua band. “Dopo qualche giorno, Didi mi dice che Svampa ha trovato un accordo con Angelini: suonerà le sue canzoni al Capitan Kid. Ma in programma ci sarà anche un certo Roberto Brivio, che eseguirà le sue strane canzoni cimiteriali. Angelini però mi chiama e mi dice: Brivio non sa suonare, lo accompagni tu alla chitarra? Vi do 8 mila lire a testa ogni sera. Era una bella cifra. Io rispondo: per 8 mila lire ti porto anche mia nonna!”.
Così nasce la prima formazione dei (futuri) Gufi: Svampa, Brivio, Patruno e Didi Martinaz. “Dal Capitan Kid passiamo a un altro locale, il Boccaccio, dove si aggiunge anche Gianni Magni, che faceva il mimo. Gli chiediamo: perché non ci aiuti a fare delle coreografie sulle canzoni? Lui ci sta”. Ma poi arriva l’estate. “Sì, arriva l’estate e sparisce Didi: si fidanza con un altro e quest’altro era geloso di me. Le impedisce di venire con noi a fare la stagione estiva a Castiglioncello, dove si esibivano giovani promettenti come Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Cochi e Renato, Gabriella Ferri, e tra il pubblico capitavano Alberto Sordi, Giorgio Albertazzi, Vittorio Gassman…”. Uscita di scena Didi, nascono i Gufi che conosciamo: Svampa, Patruno, Brivio e Magni.
“Io e Svampa, dei quattro, eravamo i due più uniti, i più amici, anche i più impegnati. Ma quante litigate! Eravamo quattro teste differenti e litigavamo su tutto. Le canzoni, i testi, i temi, le coreografie. Eppure rimanevamo amici e lavoravamo in gruppo mettendo insieme le idee diverse di quattro teste matte. Certo, per fare i Gufi io ho dovuto semplificare la mia musica, ma mi piaceva l’idea di fare una cosa nuova, che nessuno aveva fatto prima: siamo stati i primi artisti di cabaret italiani. Attorno a noi avevamo amici come Dario Fo e Franca Rame. Eravamo un po’ i figli di Dario. Ci trovavamo dopo lo spettacolo: Fo e Rame alla fine della loro recita a teatro, noi del nostro cabaret, e spesso facevamo nottata insieme”.
Ed Enzo Jannacci? “Era il mio medico. Ma come medico era molto discutibile. Non c’era mai quando avevo bisogno di lui per una ricetta o una visita. Ma era troppo simpatico. Suonava jazz, come me, come Giorgio Gaber. E poi ha cominciato a cantare canzoni. A Gaber ho lasciato il mio posto: quando sono uscito dai Windy City Stompers (gli “strimpellatori della città ventosa”) per entrare nella Riverside Jazz Band, il mio posto nella Windy l’ha preso Gaber, che veniva a casa mia a imparare i pezzi”.
Svampa e Patruno erano i più impegnati culturalmente e politicamente. Ribelli, irridenti, dissacratori, anticlericali, controcorrente. “Certo: noi eravamo di Milano. Il cabaret fascista si faceva a Roma, al Bagaglino. Io era un comunista, quando ancora il comunismo esisteva, ora non c’è più. Non eravamo di nessun partito, ma i nostri temi erano ironici e dissacranti, erano contro il potere. La gente ci seguiva, molti ci applaudivano, qualcuno ci attaccava. Mi ricordo una serata in cui eravamo in scena con lo spettacolo “Non spingete, scappiamo anche noi”. A un certo punto si alza in piedi un colonnello dell’aviazione e urla: ‘Qui si sputa sulla Patria!’”.
Poi nel 1969 i Gufi si sciolgono. “Ma è stato alla fine degli anni Settanta che io ho smesso di fare il cabaret: quando il cabaret è entrato a Canale 5. Canale 5, quindi Silvio Berlusconi. Quando il potere ti compra, non puoi più parlare male del potere. E allora il cabaret è morto”. Ora Nanni non c’è più. “Abbiamo passato insieme quindici anni. Era molto serio e molto divertente. Uno ostinato, preciso. Siamo andati insieme anche a Parigi a incontrare Brassens. Poi io sono andato a Roma, lui è restato a Milano. Siamo rimasti amici a distanza.