Una straordinaria ricostruzione storiografica di chi sono gli “uni” e chi sono gli “altri” nel panorama del combattente contro l’oppressore ed il terrorista. Una visione molto onesta e lineare rispetto gli accadimenti avvenuti in passato che servono per comprendere la quotidiana distorsione perpetrata sul versante del revisionismo storico utile ai potenti e ingannevole per gli oppressi.
Bisogna ricordare che il leader Yasser Arafat morì prematuramente e che le cause del suo deterioramento fisico furono attribuite all’ingente quantitativo di plutonio ritrovati sugli abiti indossati e sui suoi effetti personali… Se questo non fu terrorismo come lo si può definire?
MOWA
di: Patrizia Cecconi
Povera sindaca Raggi, veramente il fato si è accanito contro di lei. Le stanno attribuendo tutti i mali di Roma compresi quelli di cui non è responsabile.
L’ultimo scivolone l’ha fatto sulla buccia di banana che le ha messo sotto i piedi la Comunità ebraica la quale, bypassando il fatto che la contestata delibera 165 riguarda 20 nuove intestazioni di spazi urbani, ha diffuso un comunicato che lascia intendere che le nuove intestazioni sono soltanto due: Arafat e Toaff giocando su un ipotetico bilanciamento tra due “entità nemiche”.
Parte in questo modo l’attacco di Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, la quale dichiara inaccettabile tale accostamento ed invita la Sindaca a ritirare la delibera, arricchendo la richiesta di espressioni ingiuriose verso il presidente Arafat. La Dureghello ha lanciato la prima pietra e, dobbiamo dire, che ha elegantemente sorvolato sulle gravissime responsabilità, spesso definibili crimini tout court, che Israele ha commesso contro il popolo palestinese già prima che venisse autoproclamato Stato da Ben Gurion, al di fuori – è corretto ricordarlo – della Risoluzione ONU 181 che ne prevedeva la fondazione.
La Comunità palestinese di Roma ha risposto con un lungo comunicato dal quale prendiamo a prestito un proverbio arabo che sembra attagliarsi benissimo alla situazione. Il proverbio dice “se non hai pudore, puoi dire e fare tutto quello che vuoi”. E qui in effetti tanto la presidente della Comunità ebraica, che le varie voci ospitate da giornali nazionali, tra cui quella della Barbara Pontecorvo su il Fatto Quotidiano, e la stampa di destra, quale Il Foglio o Il Tempo hanno fatto a gara nel dimostrare la loro totale mancanza di pudore. Lo diciamo a ragion veduta e cercheremo di dimostrarlo. L’hanno fatto omettendo la verità storica ed utilizzando accostamenti assolutamente parziali e scorretti per giustificare una ricostruzione storica non solo superficiale, ma assolutamente lontana dalla verità.
Non sappiamo se la sindaca Raggi conosca o meno la verità storica. Più volte i pentastellati hanno dato prova di saper poco e quindi di cadere in errore per ignoranza e non per dolo, ma questo non li giustifica essendo rappresentanti istituzionali che dovrebbero conoscere le materie di cui trattano.
Comunque, posto che la Raggi potrebbe anche non sapere che le espressioni della presidente della Comunità ebraica al di là dell’essere ingiuriose sono fallaci quantomeno per la loro parzialità, ci chiediamo perché non ha almeno controbattuto sull’attribuzione che strumentalmente le veniva data di due sole intestazioni stradali mentre in realtà la delibera del 28 luglio ne prevede 20.
Potremmo provare a rispondere provocatoriamente, ma con un filo di realismo dovuto a tanti precedenti che il nostro lavoro ci porta a conoscere, allora diremmo: per una sorta di sudditanza nei confronti degli esponenti della Comunità ebraica. Sudditanza dettata dal timore di essere tacciati – magari a torto – del più ignobile epiteto, quello di essere antisemiti. Non vogliamo credere che sia per bassi motivi di interesse dettati dalla potenza economica e mediatica del sionismo che si accetti il diktat filoisraeliano, no, pensiamo proprio che il terrore di essere considerati ingiustamente antisemiti ormai abbia assunto la potenza di un’invisibile ma affilatissima spada pronta a decapitare chi si permette di criticare Israele, così come chi si permette di mostrarne i quotidiani soprusi e omicidi e, infine, persino chi si permette di intestare un parco al presidente Arafat, premio Nobel insieme a Rabin al quale un parco è già stato intestato da alcuni anni e si trova in viale Panama.
Il Nobel fu attribuito a entrambi per aver tentato un percorso di pace firmando gli accordi di Oslo. Senza entrare nel merito di quella firma, rivelatasi capestro per i palestinesi, soffermiamoci sulle pesanti accuse contenute nella lettera della signora Ruth Dureghello, la quale ha indotto la Sindaca Raggi a sospendere la delibera n. 165. La signora Dureghello, con un accostamento che se non fosse dettato da sicura malafede sarebbe scandaloso per la profonda ignoranza circa la “matrice islamista” degli attentati terroristici attuali che attribuisce ad Arafat, definisce quest’ultimo come “il precursore, se non l’ideatore” del terrorismo odierno, e assegnatario “con dubbio merito” del Nobel per la pace.
Si potrebbe ricordare alla signora Dureghello che Israele è, forse per dubbio merito ma non ci avventuriamo in dichiarazioni tanto azzardate, il Paese con più premi Nobel, compresi quelli alla pace attribuiti, ad esempio, anche al terrorista, poi primo ministro, Menachem Begin.
Potrebbe essere uno stimolo per la memoria della Dureghello e per la curiosità della Raggi ricordare che quel futuro Nobel per la pace già nel “48 venne duramente criticato da Albert Einstein e da Hannah Arendt per manifesto fascismo, terrorismo e propaganda di superiorità razziale. E gli accusatori erano entrambi ebrei!
Qualcuno potrebbe ricordare che l’equivalente delle stragi di Marzabotto o di Sant’Anna di Stazzema perpetrate dai nazisti in Italia si potrebbero chiamare DeirYassin o Lydda in Palestina. La prima commessa dal Nobel per la pace Begin e la seconda dal Nobel per la pace Isaac Rabin, quello del parco in viale Panama ovvero degli accordi di Oslo con Arafat.
Si potrebbe anche ricordare che il signor Begin fu l’autore della strage dell’hotel King David il quale, essendo adibito dagli inglesi ad ospedale militare, vide un centinaio di morti tra malati, medici e infermiere e qualche centinaio di feriti sempre tra sanitari e degenti. Un numero più alto di quello della strage di Bologna che abbiamo ricordato pochi giorni fa in Italia. Ma Begin divenne primo ministro e conquistò il Nobel per la pace, lo sa la signora Raggi? Forse no, ma la signora Dureghello lo sa di sicuro.
E di Lydda, attribuibile con certezza e gloria militare a Rabin sotto la guida suprema di Ben Gurion, il padre di Israele, ne vogliamo parlare? Lo vogliamo dire alla sindaca Raggi che la storia di Lydda è addirittura ben più atroce di Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema messe insieme? Eppure nessuno si è opposto all’intestazione alla “colomba” Rabin del parco in viale Panama.
Sempre seguendo il triste percorso della storia, che forse incuriosirà la Raggi e la sua Giunta, ricordiamo che Lydda e Ramle, così come Haifa, non erano previste nel piano di partizione ONU come appartenenti al futuro Israele, quindi le stragi commesse dal Nobel Rabin e dai suoi soldati, sotto l’ambizioso e sicuramente intelligente progetto di annessione del sionista di sinistra Ben Gurion erano ancor più odiose. Non è questa la sede, quantomeno per ragioni di spazio, per ricordare lo strazio di 70.000 uomini, donne e bambini colpevoli di vivere in un angolo di Palestina che piaceva molto agli israeliani e per questo uccisi subito o derubati e uccisi o lasciati morire di fame e di sete sotto il sole di luglio a quasi 100 gradi lungo il deserto dal Nobel della pace. A Lydda i palestinesi avevano moschee e chiese e molti furono fatti entrare nei loro luoghi di culto come fosse un rifugio e poi uccisi in massa. Decisamente non erano pratiche democratiche né tanto meno umanitarie, e la signora Dureghello può decidere di non definirle terrorismo, ma non può fingere di non conoscere questa parte della storia solo perché riguarda le pagine nere dello Stato di Israele. La famiglia palestinese cristiana Habash, quella di cui un bambino sopravvissuto si chiamava George era di Lydda. Forse a chi sa dice qualcosa. Chi non sa farebbe bene a informarsi e poi forse capirebbe quel che ora sembra oscuro.
C’era anche il futuro ministro Moshe Dayan a condurre l’attacco a Lydda e Ramle, ma almeno, che si sappia, a lui il Nobel non è stato dato. Forse però solo perché in un momento successivo propose la fine dell’occupazione di Cisgiordania e Gaza, chi lo sa!
Alla signora Pontecorvo, invece, che ieri scriveva sul Fatto quotidiano che l’attentato alla sinagoga di Roma del 1982 nel quale perse la vita il piccolo Taché è stato realizzato “per mano del destinatario dell’iniziativa cui si intenderebbe intitolare il parco” cioè di Arafat, e che accusa di ignoranza la Giunta Capitolina, dopo essersi dilettata a definire Arafat come “il nipote del gran muftì di Gerusalemme …amico di Adolf Hitler” vorrei ricordare di studiarsi bene la storia delle alleanze di quel periodo visto che, forse non a torto, invita anche lei la Raggi a studiare. Non credo che ne abbia voglia perché cadrebbero le sue convinzioni, ma la invitiamo almeno a ricordare il nome di un personaggio che preferiremmo non fosse mai esistito. Per il bene degli ebrei e dello stesso Israele. Stiamo parlando di Vladimir Jabotinskij. Le dice niente questo nome signora Pontecorvo? E a lei signora Dureghello? Alla sindaca Raggi forse non dice molto e allora glielo diciamo noi.
Si tratta di un ebreo fascista convinto e sincero ammiratore dei fascismi europei. Accusato di omicidi e fondatore delle milizie tristemente famose dell’haganah, quelle in cui militò anche il ministro Sharon da ragazzo. Ma il socialista Ben Gurion non si fece troppi scrupoli a stringere alleanza con Jabotinskij e a prendere l’Haganah sotto la sua direzione. Stiamo parlando degli anni “30, gli stessi in cui il gran muftì s’incontrò con la belva Hitler quando ancora in Germania veniva osannato dalla maggioranza del suo popolo, poco consapevole, sicuramente per colpevole miopia, ma poco consapevole di quanto sarebbe successo di lì a poco.
Ben Gurion invece sapeva bene chi fosse Jabotinskij ma il sionismo, di destra o di sinistra, aveva un obiettivo chiaro, lo stesso che ancora oggi e oggettivamente dobbiamo dire con successo, cerca di perseguire il governo Netanyahu. Il resto cade nelle note a fondo pagina dei libri di storia. Sarebbe bello che se lo ricordassero coloro che cercano di sporcare la lotta per l’autodeterminazione del popolo palestinese ricordando la temporanea “amicizia” del gran muftì con Hitler. E magari sarebbe buona cosa se ricordassero pure delle altre temporanee alleanze, sempre con Hitler, di altri rappresentanti di Stati più o meno democratici.
Inoltre, sarebbe bene che la Comunità ebraica, prima di pronunciare la parola “terrorismo” riferita a chi – nel pieno rispetto dei principi sanciti dalle Convenzioni di Ginevra – si batte legittimamente contro un’occupazione militare, facesse un saltino indietro e, per esempio, oltre al già citato Rabin, andassero a farsi un ripassino delle vergognose azioni non solo di terrorismo ma di barbarie fatta di torture sadiche e gratuite secondo i canoni tipicamente nazi-fascisti di cui molti uomini politici o addirittura ministri ed anche presidenti israeliani si sono macchiati prima, durante e dopo la nascita dello Stato di Israele.
Ancora un paio di esempi, tanto per essere didascalici, e poi consideriamo il nostro compito di informatori esaurito e speriamo che la sindaca Raggi trovi gli stimoli giusti per poter dire alla Comunità ebraica che sta insultando l’uomo che tutto il mondo dovrebbe rispettare: un patriota e non un terrorista. Un patriota che ha tentato di ottenere giustizia ricorrendo, inizialmente, alla lotta armata, assolutamente legittima, contro quello che, una volta sconfitto, i libri di storia chiamerebbero l’oppressore. Lo sapeva bene il rabbino Ariel Toaff, lo sapeva per aver sostenuto la lotta partigiana che, certo, non era combattuta con sorrisi e caramelle. Quindi non può non saperlo chi conosce, anche poco, la storia della Palestina.
Chiudiamo quindi con un paio di esempi prendendo Shamir e Sharon. Non li consideriamo solo per le loro malefatte da israeliani, per Sharon ad esempio sanno tutti le responsabilità circa il massacro di Sabra e Shatila, ma vediamoli in azione come terroristi puri anche prima che il loro Stato nascesse e successivamente, proprio grazie alle loro azioni terroristiche, accolti nelle istituzioni come ministri di uno stato che nominalmente è definito democratico.
Shamir fu uno dei più importanti componenti della banda Stern, quella che agiva più o meno come la X Mas repubblichina in Italia e che, tra l’altro, si macchiò dell’omicidio del negoziatore ONU Folke Bernadotte. Sharon si fece le ossa da giovanissimo nelle formazioni paramilitari dell’haganah i cui metodi seguitò a usare senza scrupoli anche da ministro.
Chissà cosa risponderebbe la sindaca Raggi alla signora Dureghello se sapesse, per esempio, che nell’ottobre del 1953 il signor Sharon decise di distruggere il villaggio di Qibya, 45 abitazioni, una scuola e una moschea con dentro i loro abitanti? Chi non riuscì a fuggire morì così, nell’esplosione della propria casa o della scuola in cui studiava e infatti ci fu un alto numero di morti bambini, o nella moschea in cui pregava. Risulta a qualcuno che Sharon sia stato condannato per crimini di guerra? No perché in realtà non c’era la guerra, era semplicemente l’azione barbara di un esercito oppressore. Una delle tante.
Per concludere pensiamo proprio che basterebbe un minimo di conoscenza di quella storia che Israele, logicamente dal suo punto di vista, tende a nascondere, per capire quali sono i terroristi veri e quali, invece, i combattenti o meglio i resistenti all’oppressore.
Dunque, questo parco che la Comunità ebraica non vorrebbe venisse intestato ad Arafat ha mille ragioni per essere invece intestato proprio a lui ed anzi, diciamo che è un parco troppo piccolo per onorare la figura di chi per tutta la vita si è battuto per evitare che il popolo palestinese andasse disperso sotto le violenze, i soprusi, le illegalità, la prepotenza di Israele. Questo piccolo parco potrebbe avere uno spazio per seminari conoscitivi sia della storia del Medio Oriente che di quella italiana e sarebbe sicuramente importante che anche italiani e non, di religione o cultura ebraica imparassero a frequentarlo e a confrontarsi sulla storia reale e non su slogan che offendono la giustizia e falsificano la storia.
Vedremo se i componenti della Giunta capitolina, Sindaca compresa, sapranno tenere la schiena dritta dopo essersi informati adeguatamente, o se faranno anche loro il servile inchino alla prepotenza sionista che ha come longa manus la Comunità ebraica, utilizzata come baluardo antipalestinese e che, senza pudore, identifica gli attentati terroristici di matrice islamista con la sacrosanta lotta per la giustizia di un popolo sotto illegale occupazione da 50 anni e vittima di pulizia etnica da settanta.
Coraggio Sindaca, è vero che il fato la sta perseguitando, ma non gli offra il fianco, non si faccia dire, oltre a tutto il resto, che s’inchina al diktat di chi non rispetta la legalità internazionale e di questo si fa vanto.
12 agosto 2017