Una buona angolazione per vedere come il lavoro “volontario” penalizzi altri lavoratori e li esclude dal mondo produttivo… I padroni applicano l’arma dei bisogni sociali per mortificare ulteriormente i lavoratori ma, anche, gli ordini scolastici.
MOWA
Un post dello scrittore-poliziotto scatena la riflessione sul web: “Voglio trovare gente pagata per fare quello che sta facendo”
di Nicola Giordanella
Genova. “Da cittadino dico che i volontari mi hanno stufato”. Con questa entrata a gamba tesa incomincia il post di Riccardo Gazzaniga, scrittore e poliziotto genovese, pubblicato sul suo profilo facebook.
Una riflessione a voce alta che sta facendo discutere la rete (ma non solo), avendo scaturito riflessioni interessanti sulla gestione della “cosa pubblica”, provando a ribaltare la prospettiva: “Vado al parco, è affidato ai volontari, chiamo in biblioteca, c’è il volontario, riesco ad entrare in alcuni dei palazzi più belli della città, aperti solo se e quando ci sono i volontari. Persino la Lanterna, cazzo, persino il simbolo di Genova è aperto (occasionalmente) da volontari. Beh, io, in tutti questi posti, non voglio trovarci i volontari”.
Secondo lo scrittore, infatti, questa situazione non è sostenibile, in termini di qualità e professionalità dei servizi che gestiscono i nostri patrimoni pubblici: “Io vorrei trovare al parco un giardiniere professionista e i dipendenti del Comune, tanti, che lo tengono come deve essere tenuto. Alla biblioteca civica io vorrei parlare con un bibliotecario qualificato – e continua – Vorrei che i palazzi e i musei e i monumenti e le migliori attrazioni della mia città fossero più aperte e vorrei trovarci guide pagate e professionali, persone che hanno studiato e lavorato per quello”.
Ma non è solo questione di qualità: il volontariato, infatti, uccide il lavoro e gli stipendi, soprattutto se posto difronte alla enorme massa di disoccupati ultra-qualificati. Per cui forse sarebbe meglio contribuire in un altro modo; e se questo vuol dire pagare per fruire di spazi e servizi, allora forse sarebbe il caso di scucire qualcosa: “Voglio pagare, santo cielo. Non voglio lasciare nessuna stramaledetta “offerta libera”, non voglio fare beneficenza: preferisco pagare il fottutissimo biglietto, sapere che persone assunte e stipendiate usano i miei soldi al meglio per curarsi di quel parco, attrazione, museo, monumento e che, in cambio, io ne ottengo un servizio”.
“Non è possibile? E allora che chiudano quello che non riescono a tenere aperto. Il parco, la biblioteca, il monumento: chiusi. Che siano costretti a giustificarsi dei servizio tolti o forniti male alla cittadinanza”. Questa la provocazione lanciata dallo scrittore che se la “prende” con il volontario di turno, che interviene e salva la faccia, diventando “la foglia di fico” di un sistema amministrativo fallimentare, e, forse, già fallito.
Una riflessione senza dubbio interessante, che lancia un sasso nello stagno, come lo stesso Gazzanica riconosce a seguito della forse inaspettata popolarità del suo post. Una prospettiva sicuramente da approfondire, perché potrebbe allargarsi anche alla gestione dei lavori un tempo svolti da chi ha vistom da un giorno all’altro, il suo posto di lavoro precarizzarsi; potrebbe allargarsi alla difesa del lavoro salariato, al ricorso compulsivo di “migranti volontari” per pulire parti di città che un tempo erano “lavorate” da gente pagata per farlo. E si potrebbe allargare anche al gestione del “pubblico”, per anni depauperato perché “il privato funziona meglio”.
Insomma si potrebbe iniziare a riflettere semplicemente su un approccio che in prospettiva ci potrebbe rendere tutti “più poveri”, peraltro, come dice lo scrittore “volontariamente”.
12 ottobre 2017