Qui sotto abbiamo due articoli che fanno comprendere molto bene come, spesso, siano criminali i comportamenti della borghesia e dei suoi lacchè. Un atteggiamento criminale che comporterebbe la capitolazione (se non opportunamente fermato), di un sistema sociale basato su regole e leggi; leggi, tra l’altro, che dovrebbero garantire la stabilità economica di tutti se rispettose della Carta costituzionale.
A chi si dovrebbero addossare, infatti, le colpe se il Governo continua a sostenere che non ci sono soldi a sufficienza per avere un servizio sanitario migliore o scuole fatte a norma di sicurezza, ricostruzioni di case ai terremotati o acquisto di veicoli per lo spegnimento delle emergenze fuoco nei boschi, investire nell’occupazione sia per i giovani che per quelli di mezza età o rinnovare i contratti di lavoro ferni da decenni… se non a tutti coloro che si sono resi protagonisti di tali atteggiamenti irresponsabili?
La rabbia sale, poi, se si fanno leggi dove vengono elargiti diversi miliardi di € per salvare le banche e non distribuiti a chi ne avrebbe veramente bisogno per poter vivere, ridando, magari, dignità e senso al sistema pensionistico fortemente penalizzato da scelte liberticide.
Qualche illuso pensa ancora, forse, che non vi sia correlazione tra chi evade le tasse e chi chiude un’attività per trasferirla in altro paese, nonostante, sia facilmente dimostrabile della speculazione fatta sulla pelle dell’unica classe sociale che potrebbe migliorare la sorte dei lavoratori.
La compagine governativa italiana, invece, che cosa fa per migliorare lo stato delle cose nell’ambito lavorativo? Insiste nel dare rilevanza a statistiche sull’aumento dell’occupazione non spiegando che, però, in quella percentuale, vi sono quelli che hanno dato una sola ora di lavoro… E le menzogne o le mezze verità sono per la professoressa Liliana Dell’Osso, direttore della clinica di psichiatria dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, autrice del libro “La verità sulla menzogna” citando il Grande Dizionario della Lingua Italiana l’“affermazione contraria a ciò che è o si crede corrispondente a verità, pronunciata o propalata con l’intenzione esplicita di ingannare. Il mentitore sa di mentire, adotta volontariamente un comportamento la cui funzione è fornire agli altri false informazioni o privarli di informazioni vere».
Sinceramente, stentiamo a capire quale sia la differenza tra un mafioso che occulta il suo denaro (danneggiando il sistema paese) e tutti coloro che hanno privato il proprio Stato di trasformare quei soldi evasi in benessere sociale.
MOWA
Paradise Papers, spunta caso Simons: ha nascosto $8 miliardi al fisco Usadi Mariangela Tessa
Nella lista nera di Paradise Papers, l’ultimo scandalo sull’evasione fiscale che sta facendo tremare i più potenti al mondo, spunta anche James Simons, ricco matematico americano e fondatore di un noto hedge fund americano con sede a New York, Renaissance Technologies, nonché uno dei maggiori donatori del partito Democratico. Da quanto emerge dagli ultimi documenti resi noti dal gruppo di giornalisti investigativi dell’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), il magnate americano, che ha speso 11 milioni di dollari a sostegno dell’ultima campagna presidenziale di Hillary Clinton, avrebbe passato decenni ad evadere il fisco americano, accumulando una fortuna personale, calcolata intorno a 8 miliardi di dollari a fine del 2010, nascosta nel paradiso fiscale delle Bermuda attraverso il Lord Jim Trust, un fondo privato creato nel 1974. Una fortuna che, secondo documenti emersi in questi giorni, veniva stimata in crescita a 15 miliardi di dollari a fine anno e a 35 miliardi entro il 2030. I documenti legali riservati mostrano come dal 2010 avvocati e consulenti del tycoon americano siano stati impiegati a tempo pieno a nascondere i suoi redditi e quelli dei suoi figli dalle imposte statunitensi “particolarmente severe”. Le nuove rivelazioni sull’effettiva ricchezza di Simons mostrano inoltre che a fine 2010, il tesoro del magnate era pari a 11,25 miliardi di dollari, il 32% superiore rispetto a quanto compariva nelle classifiche di Forbes. Non solo. Numeri alla mano, le rivelazioni sul tesoro nascosto del matematico americano sembrano dunque confermare le stime di Oxfam dello scorso anno, secondo le quali 62 persone più ricche al mondo controllano un patrimonio che è pari a quello dei 3 miliardi più più poveri. Ma il trust di James Simons è solo uno dei 2.600 venuti fuori nei file di Appleby, società di servizi offshore. Da quanto risulta, almeno cinque di questi contenevano più di $ 1 miliardo e complessivamente erano connessi a persone e aziende provenienti da più di 100 paesi. Simons tramite un trust alle Bermuda avrebbe nascosto al fisco 8 miliardi di dollari 8 novembre 2017 |
Crac banche, il re è nudo: ora anche Consob accusa Bankitaliadi Daniele Chicca
Ora anche la Consob accusa la Banca d’Italia di non aver fatto il suo lavoro quando si trattava di segnalare irregolarità e problemi in seno alle banche venete poi fallite e salvate dallo Stato (quindi dai contribuenti) e da Intesa Sanpaolo, che per una somma simbolica pari a un euro ha rilevato le attività sane dei due istituti di credito travagliati, affondati da anni di mala gestione. Secondo la ricostruzione presentata dal direttore generale Angelo Apponi, la Consob non avrebbe ricevuto alcuna informazione da Bankitalia sulla Banca Popolare di Vicenza, mentre su Veneto Banca l’istituto di Via Nazionale ha indicato all’authority di mercato soltanto il prezzo alto delle azioni per il piano di rafforzamento patrimoniale del 2013. Mentre Barbagallo aveva fatto sapere in precedenza che c’erano stati dei continui contatti tra gli organi di vigilanza, Apponi l’ha smentito in toto, spiegando che ci sono stati pochi scambi di informazione e insufficienti in particolare rispetto al nodo fondamentale del valore delle azioni in occasione degli aumenti di capitale delle due banche venete (sopravvalutate). Il risultato è stato che i risparmiatori hanno perso più soldi di quelli che sarebbe invece stato se la valutazione fosse stata corretta. La Consob ha fatto la sua prima esamina solo nel 2015: se avesse ricevuto le informazioni del caso da Bankitalia prima, si sarebbe mobilitata – ha spiegato Apponi – ma così, sfortunatamente per i risparmiatori e gli azionisti delle due banche venete – non è stato. Bankitalia aveva invece fatto ispezioni nel 2001, 2008 e 2009. Anche nel 2006, quando la Consob ha chiesto se c’erano anomalie rispetto alle azioni, Bankitalia – secondo la Consob – è rimasta colpevolmente silente. Davanti alla commissione d’inchiesta parlamentare sulle banche, presieduta da Pier Ferdinando Casini (nella foto) e dove gli interventi avranno il valore di testimonianza, il direttore generale dell’autorità di controllo dei mercati Apponi ha denunciato la Bankitalia, rea di non segnalare le difficoltà di Veneto Banca quattro anni fa: “nel 2013 su Veneto Banca non indicò problemi“. Il responsabile della vigilanza di Via nazionale, Carmelo Barbagallo, ha difeso l’operato di Bankitalia, rispondendo per le rime anche a Renato Brunetta, il quale aveva chiesto “se i sistemi di vigilanza non avessero miseramente fallito”. Le crisi bancarie tra il 2013 e il 2015 “emergono perché sono state evidenziate da Banca d’Italia”, ha dichiarato. Barbagallo ha inoltre ricordato di essere diventato capo della vigilanza nel 2012 e a quel punto ha elencato una serie di interventi effettuati da allora. Nel 2013 vengono commissariate Banca delle Marche, Cariferrara e Carichieti – ricorda Barbagallo – nel 2015 Etruria, nel 2013 a seguito dell’ispezione in Mps c’è un profondo cambiamento nel management e successivamente Carige.
Mentre Barbagallo aveva detto che c’erano stati dei continui contatti tra gli organi di vigilanza, Apponi l’ha smentito spiegando che c’erano stati pochi scambi di informazione e insufficienti in particolare rispetto al nodo fondamentale del valore delle azioni in occasione degli aumenti di capitale delle due banche venete (sopravvalutate) I risparmiatori hanno perso più soldi di quelli che avrebbero dovuto, se la valutazione fosse stata corretta. Lq Consob ha fatto la prima esamina solo nel 2015, se avesse avuto informazioni prima si sarebbe mobilitata ma così non è stato. Bankitalia aveva invece fatto ispezioni nel 2001, 2008 e 2009. Anche nel 2006, quando la Consob ha chiesto se c’erano anomalie rispetto alle azioni, Bankitalia è rimasta silente. Bankitalia non inviò report su Pop Vicenza perché “fuori protocollo” Se poi Bankitalia non inviò a Consob le risultanze dell’ispezione del 2008 sulla Banca Popolare di Vicenza è perché era “fuori protocollo”. Lo ha spiegato Barbagallo nel corso nell’audizione, aggiungendo che dal rapporto emergevano carenze nella valutazione del prezzo delle azioni, tra cui la mancanza di una valutazione da parte di un perito indipendente. Il rapporto fu comunque inviato dalla stessa banca alla Procura, che dispose l’archiviazione. Il meccanismo di determinazione dei prezzi dei titoli di capitale, si è giustificato Barbagallo, non rientrava nel protocollo firmato dalle due Authority, il problema aveva “natura procedurale” e venne risolto grazie alla pressione esercitata, anche nel 2009, da Palazzo Koch. Sul capitolo riguardante gli aumenti di capitale, invece, la Banca d’Italia ha competenze solo relativamente alle modifiche statutarie” in capo all’offerente, ha spiegato Barbagallo per rispondere a una domanda relativa all’autorizzazione all’aumento di capitale del 2014 della Banca Popolare di Vicenza.
Il Dg della Consob attacca operato Bankitalia 9 novembre 2017 |