Mentre spirano venti di guerra nel vicino Oriente mediterraneo, è utile rileggersi un pezzo sulle bufale mediatiche e le guerre. [John Pilger]
martedì 27 agosto 2013
(Reminders of Kosovo, scritto nel dicembre 2004…)
Ammutolito dall’evidente catastrofe angloamericana in Iraq, il partito della guerra “umanitaria” internazionale dovrebbe essere chiamato a render conto della sua crociata, in gran parte dimenticata, in Kosovo, secondo modello della “marcia progressiva per la liberazione” di Tony Blair. Così come l’Iraq viene dilaniato dalle forze dell’impero, così lo è stata la Jugoslavia, stato multietnico che rifiutò di schierarsi con una delle parti nella guerra fredda.
Come spiegazioni all’opinione pubblica dei motivi per un attacco illegale e immotivato a una nazione europea, Clinton e Blair hanno fornito bugie grandi quanto quelle di Bush e Blair stesso. La copertura dei media nella primavera del 1999, come quella che ha portato all’invasione in Iraq, era un’insieme di giustificazioni fraudolente, a cominciare dall’affermazione di William Cohen, il segretario della difesa degli Stati Uniti, che affermava: “abbiamo visto quasi centomila uomini [albanesi] in età di leva scomparire… potrebbero essere stati uccisi”.
David Scheffer, l’ambasciatore generale degli Stati Uniti per i crimini di guerra, dichiarò che probabilmente erano stati uccisi almeno “225.000 uomini di etnia albanese di età compresa tra i 14 e i 59 anni”. Blair evocò l’olocausto e “lo spirito della seconda guerra mondiale”. La stampa britannica seguì il suo suggerimento. “Fuga dal genocidio”, ha scritto il Daily Mail. “Echi dell’olocausto”, dichiararono a seguire il Sun e il Mirror.
Nel giugno del 1999, una volta terminati i bombardamenti, alcuni giudici internazionali cominciarono a sottoporre il caso del Kosovo a un esame minuzioso. L’FBI americana giunse a indagare su quella che venne chiamata “la più grande scena del crimine della storia forense dell’FBI”. Diverse settimane più tardi, non avendo trovato alcuna fossa comune, l’FBI tornò in America. A sua volta, il team di giudici spagnoli fece ritorno in patria e il coordinatore del gruppo affermò con rabbia che lui e i suoi colleghi erano diventati parte “della piroetta semantica delle macchinazioni della propaganda bellica, perché non abbiamo trovano nessuna – non una!- fossa comune”.
Nel novembre del 1999, il Wall Street Journal pubblicò i risultati delle proprie ricerche, scartando “l’ossessione della fossa comune”. Invece di “enormi campi di sterminio che alcuni investigatori si aspettavano… lo schema è quello di omicidi sparsi [nella maggior parte dei casi] in aree in cui ha operato l’esercito separatista per la Liberazione del Kosovo”. Il Journal ha concluso che la Nato aumentò le proprie accuse in relazione ai campi di sterminio serbi pur “vedendo una stampa senza forza che cominciava però a dar voce alla versione opposta: civili uccisi dalle bombe della Nato… La guerra in Kosovo fu “crudele, amara e selvaggia; non una pulizia etnica”.
Un anno dopo, il Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra, un ente di fatto istituito dalla Nato, affermò che il numero definitivo di corpi trovati nelle “fosse comuni” in Kosovo era 2.788. Questo numero includeva i combattenti di entrambe le parti e i serbi e i rom uccisi dall’Esercito di Liberazione Albanese del Kosovo.
Come le tanto decantate armi di distruzione di massa dell’Iraq, le motivazioni usate dal governo degli Stati Uniti e da quello britannico, alle quali poi fecero eco i giornalisti, erano invenzioni – assieme ai “campi per lo stupro” serbi e alle affermazioni di Clinton e Blair secondo cui la Nato non aveva mai deliberatamente bombardato dei civili. Chiamato in codice ‘Terza Fase’, gli obiettivi civili della Nato comprendevano trasporti pubblici, ospedali, scuole, musei e chiese. “Era risaputo che la Nato aveva raggiunto la Terza Fase [dopo un paio di settimane]”, ha affermato James Bissell, l’ambasciatore canadese a Belgrado durante l’attacco. “Diversamente non avrebbero continuato, la domenica pomeriggio, a bombardare i ponti e i mercati”.
La Nato faceva riferimento all’Esercito di Liberazione del Kosovo.
Se sette anni prima, il KLA era stato indicato dal Dipartimento di Stato come un’organizzazione terroristica legata ad Al Qaeda. Dopo i criminali del KLA sono stati “festeggiati”; il segretario degli affari esteri Robin Cook addirittura permise loro di chiamarlo al suo cellulare.
“Gli albanesi-kosovari ci hanno usato per i loro scopi, suonato come fossimo uno Stradivari”, scrisse il comandante delle Nazioni Unite nei Balcani, il generale Lewis MacKenzie, lo scorso aprile. “Abbiamo sovvenzionato e sostenuto indirettamente la loro violenta campagna per un Kosovo etnicamente puro. Non abbiamo mai dato loro la colpa per aver perpetrato la violenza nei primi anni ’90 e continuiamo a dipingerli come se fossero le vittime designate nonostante abbiamo la prova evidente del contrario”.
“La scintilla che diede inizio ai bombardamenti in Jugoslavia fu, secondo la Nato, il fallimento della delegazione serba alla conferenza di pace di Rambouillet. Ciò che non venne riportato, per lo più, fu che l’accordo di Rambouillet comprendeva un segreto allegato “B”, che la delegazione di Madeleine Albright aveva inserito l’ultimo giorno. Esso conteneva la richiesta di occupazione militare di tutta la Jugoslavia, un paese segnato dagli amari ricordi dell’occupazione nazista. Così come il ministro degli affari esteri, Lord Gilbert, riconobbe più tardi a un comitato di difesa della Camera dei Comuni, l’allegato B era stato deliberatamente inserito per ottenere un rifiuto dal governo di Belgrado.
Dopo lo scoppio della prima bomba, il parlamento eletto a Belgrado, che comprendeva al suo interno alcuni tra i più tenaci oppositori di Milosevic, votò con schiacciante maggioranza che l’accordo venisse rifiutato.
Allo stesso modo era significativo un capitolo inerente all’economia del Kosovo. Questo faceva riferimento a un'”economia di libero mercato” e alla privatizzazione di tutte le risorse statali. Come ha fatto notare lo scrittore balcanico Neil Clark: ” Jugoslavia è uno stato superstite… l’ultima economia nell’Europa centromeridionale non colonizzata dal capitale occidentale. Predominavano ancora ‘le imprese di proprietà sociale’ e la forma di autogestione ideata da Tito. Le industrie petrolifere jugoslave, quelle dell’estrazione di minerali, quelle automobilistiche, quelle del tabacco, e il 75% delle altre industrie erano di proprietà statale o sociale”.
Al summit di Davos dei leader neoliberali, nel 1999, Blair rimproverò Belgrado non per le sue azioni in Kosovo, ma per aver fallito nell’attuazione completa della “riforma economica”. Nei bombardamenti vennero colpite più le compagnie di proprietà dello stato che gli obiettivi militari. La distruzione da parte della Nato di soli 14 carri armati dell’esercito jugoslavo va raffrontata con il bombardamento di 372 centri industriali, compresa la fabbrica di auto Zastava, che ha lasciato centinaia di migliaia di persone senza lavoro. “Non una fabbrica straniera o privata venne bombardata”, scrisse Clark.
Costruito sulle fondamenta di questa enorme menzogna, il Kosovo è oggi un criminoso e violento “libero mercato” di droga e prostituzione amministrato dalle Nazione Unite. Più di 200.000 serbi, rom, bosniaci, turchi, croati ed ebrei sono stati “purificati etnicamente” dal KLA mentre le forze della Nato rimanevano in attesa. Gli squadroni della morte della KLA hanno bruciato, saccheggiato o demolito 85 tra chiese ortodosse e monasteri, secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite.
Le corti sono corruttibili. “Hai ucciso un’anziana serba di 89 anni? Buon per te. Esci pure dalla prigione”, così scherzava un ufficiale della narcotici delle Nazioni Unite.
Anche se la Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza riconosce il Kosovo come parte integrante della Jugoslavia e non autorizza l’amministrazione delle Nazione Unite a svendere nulla, le multinazionali stanno dando in prestito per 10 e 15 anni industrie e risorse locali, comprese le grandi miniere di Trepca, uno dei più ricchi depositi minerari del mondo. Dopo che Hitler se ne impossessò nel 1940, le miniere hanno rifornito le industrie di munizioni tedesche per il 40% del loro piombo.
A sovrintendere questa “futura democrazia” (Blair) depredata, assassina e ora quasi “etnicamente pura”, ci sono 4.000 truppe americane nel Camp Bondsteel, una base permanente di 775 acri. Nel frattempo, il processo a Milosevic procede come una farsa, non dissimilmente da quello dei libici incolpati della bomba a Lockerbie.
Milosevic era un bruto; ma era anche un banchiere un tempo considerato l’uomo dell’occidente, pronto a realizzare la “riforma economica” facendo fede alle richieste del FMI, della Banca Mondiale e della Comunità Europea. A proprie spese si rifiutò di abbandonare la sovranità. L’impero non aspettava altro.
Traduzione di Chiara Bianchi per Nuovi Mondi Media.