di Gisella Ruccia
“Troppo spesso sui giornali si riporta la frase: ‘La famiglia di David Rossi sta cercando la sua verità’. È un’affermazione che non sopporto. Cosa è ‘la verità della famiglia’? La verità è unica ed è di tutti”. Esordisce così a “Di Sabato”, su Siena Tv, Ranieri Rossi, fratello di David, il responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena precipitato da una finestra del suo studio di Rocca Salimbeni in circostanze ancora oggi poco chiare. Dopo quasi cinque anni e due inchieste archiviate, la famiglia di David Rossi non si arrende e, per voce di Ranieri, nella trasmissione illustra tutte le prove repertate in una indagine parallela, grazie all’aiuto e alla consulenza di periti, docenti universitari e legali. Ranieri Rossi e il conduttore della trasmissione, Daniele Magrini, espongono con dovizia di dettagli tutti i documenti raccolti: in primis, una ricostruzione in 3D, mai accettata dalla procura di Siena. Nel filmato è digitalizzato tutto il vicolo nel quale è stato trovato il corpo di Rossi. Nel video si evince che la finestra da cui potrebbe essere caduto David non è quella del suo ufficio, ma quella del piano di sopra, perché la precipitazione ha delle dinamiche che non collimano con l’altezza di 14,35 metri della finestra del terzo piano. Viene spiegata anche la misteriosa ombra che si affaccia sul vicolo, mentre Rossi era agonizzante sul suolo: si dimostra che lo sconosciuto avrebbe percorso almeno quattro metri della stradina.
Nel corso del programma, sono mostrate le foto della polizia scientifica e della seconda autopsia, avvenuta tre anni dopo la tragica morte di Rossi. “David aveva la camicia fuori dai pantaloni” – spiega il fratello – “Lui abitualmente non la indossava in quel modo. Oppure in qualche modo la camicia è uscita, in qualche fase precedente alla caduta. Questo non è mai stato preso in considerazione dai pm. La camicia ha buchi nella manica destra, lacerazioni, di cui una di 10 cm, e un buco nel margine inferiore sinistro”. Viene poi spiegato il mistero dell’orologio di David e viene ricostruita una ipotesi sulle lesioni riportate sul polso, un ematoma evidente e tre zone ‘disepitelizzate’, come la ha definite l’anatomopatologa Cristina Cattaneo, perito incaricato dalla Procura: quelle lesioni sono spiegabili con una torsione e una successiva forte pressione sul braccio. In più, sotto le scarpe di David Rossi sarebbe stata ritrovata vernice bianca e l’unico ufficio dove si stavano eseguendo lavori di tinteggiatura, come spiega Ranieri Rossi, era appunto quello del piano superiore. Nel primo decreto di archiviazione, invece, si parlava di ‘polvere di marmo’ e a riguardo Ranieri Rossi menziona Davide Vecchi, giornalista de Il Fatto Quotidiano, nonché autore di inchieste sulla morte di David Rossi e del libro “Il caso David Rossi. Il suicidio imperfetto del manager Monte dei Paschi di Siena” (Chiarelettere).
Si analizzano poi le macchie riportate sui pantaloni del dirigente di Mps. “Mi hanno consegnato dopo l’autopsia una busta della Coop contenente la camicia e i pantaloni insieme” – rivela Ranieri Rossi – “Era ovviamente una prova compromessa, perché gli indumenti, mai messi sotto sequestro e collocati insieme nella busta, si sono contaminati. C’è però una foto della scientifica che mostra cosa sono chiaramente queste macchie. Stanno a indicare che David è stato appeso fuori dalla finestra e poi fatto precipitare. Non dice ovviamente se si è appeso volontariamente o meno, però dalla foto della scientifica, che mostra il corpo di David sul suolo, risulta che la zona delle ginocchia e quella superiore fino alla cintura sono sporche. Queste macchie evidenziano un contatto con la parete sottostante alla finestra tra il terzo e il quarto piano”. Nel secondo decreto di archiviazione, invece, si legge che queste macchie e le lesioni sulla parte anteriore del corpo sono imputabili al tentativo di David Rossi, dopo aver deciso di gettarsi dalla finestra, di compiere una torsione del suo corpo per poter aggrapparsi al davanzale e tentare di risalire.
Viene anche esposta la foto della parte anteriore del corpo, immagini in cui sono evidenti schegge di legno e materiale del davanzale sull’addome, ma anche ferite e lividi sull’addome, strisciate, un ematoma all’altezza del fegato. “I periti avrebbero dovuto contestualizzare” – osserva Ranieri Rossi “Cos’è che ha prodotto quella lesione? Se non ci dicono questo, il lavoro diventa inutile”. C’è anche una foto della ferita riportata sulla mano di David Rossi. “Nella perizia Cattaneo-Zavattaro si parla di lesione dentro la mano, senza capire cosa possa averla generata” – spiega Ranieri Rossi – “E dicono che è riconducibile a giorni prima. Se però si vedono le foto della scientifica, cosa che non hanno fatto i due periti, si nota chiaramente un taglietto con del sangue fresco. Lì c’erano dei fili anti-piccione: David avrebbe afferrato uno di quei fili, quindi è motivata quella lesione. Queste non sono conclusioni che dovevo fare io, ma i periti. Faccio una domanda, anche se sono domande che vanno sempre a vuoto, visto che non abbiamo un interlocutore che ci risponde, se non i comunicati, come ha fatto il procuratore capo di Siena: perché uno che si vuole suicidare, quando si butta, ci ripensa al punto tale da afferrare un filo anti-piccione?”.
Ranieri Rossi, poi, commenta alcuni passaggi della seconda archiviazione, come quelli relativi alla porta dell’ufficio di David Rossi, aperta prima della sua precipitazione e misteriosamente chiusa dopo la sua morte. “Nel documento si parla di probabile ‘folata di vento’ come causa” – commenta Ranieri Rossi – “Qui si sta parlando di una persona che è morta, poteva andare qualsiasi cosa, anche un inserviente di passaggio che l’ha chiusa. Chiedo un minimo di rispetto verso la famiglia, verso chi sta male, verso chi ci sta lavorando. In tutta questa storia è stata persa la maggior parte delle prove perché si era creduto a un suicidio. Magari qualcuno dovrebbe chiedere scusa per tutto quello che è successo. Il procuratore capo di Siena, Salvatore Vitello, anche nei suoi comunicati, non ha mai chiesto scusa, perché in fondo hanno sbagliato loro nel non seguire le procedure che sono di norma: repertare tutto e stabilire cosa è successo, non decidere prima e fregarsene del resto. E quella della folata di vento è una spiegazione ridicola che fa arrabbiare”.