di: Angela Caponnetto
Il sangue ha un solo colore recita una frase sui post-it gialli spillati sulle giacche di centinaia di persone in piazza Santa Maria Novella a Firenze. Ed è dal sangue versato di un semplice venditore ambulante senegalese che nasce una delle manifestazioni più belle, corali e civili mai viste negli ultimi mesi nel nostro paese. Una manifestazione organizzata dalla comunità senegalese Toscana che chiama in raccolta la nazione nella quale vivono e lavorano da decenni migliaia di immigrati.
Sono passati sei giorni dall’omicidio di quell’ ambulante, freddato da tre colpi di Beretta su ponte Vespucci, nel cuore del capoluogo Toscano, vittima sacrificale di un italiano turbato dai debiti che sceglie il suo bersaglio tra tanti, scartando tutti i passanti di pelle bianca mentre punta sull’ unico di pelle nera: la vittima che lui ritiene sia quella che può essere colpita con sei colpi, di cui due vanno a segno facendo stramazzare per terra la vittima che i carnefice finirà con un colpo alla testa.
Accade lo stesso giorno in cui arrivano i risultati delle elezioni con il crollo delle sinistre italiane e l’ascesa di partiti che spingono alla chiusura dei confini e al rimpatrio degli irregolari arrivati con i grandi flussi migratori. Forse per questo da subito ci si affretta a chiudere il fatto come il raptus di un folle in una città in cui sette anni prima, un simpatizzante di Casa Pound armato fino ai denti aveva deciso a fare una strage di africani, uccidendo due senegalesi e ferendone altri: uno di loro da allora combatte con la disabilità, rimasto paralizzato da un proiettile alla schiena. L’assassino allora si uccise ora invece Pirrone si dice pentito e continua a spergiurare di non avere alto spinto da odio razziale. E per un tragico gioco del destino, una delle due vittime di piazza Dalmazia era il cugino di Idy che ne aveva sposato la moglie e adottato la figlia.
In un clima di sempre più alta tensione, dopo i tragici fatti di Macerata, archiviare la morte di Idy Diene come una morte casuale diventa una leggerezza che tra lunedì sera e martedì scatena la rabbia – per fortuna contenuta – non solo dei senegalesi ma anche di alcuni italiani con disordini, fioriere rotte e qualche contestazione al sindaco di Firenze Dario Nardella.
Per questo in un momento così delicato per il nostro paese, serviva che un’ altra Italia marciasse pacifica, solidale e multiculturale. Un ‘Italia che ha riempito dei colori dell’arcobaleno i vicoli di Firenze con un lungo serpentone che si è snodato lungo il fiume Arno. Almeno diecimila persone hanno marciato insieme contro il razzismo, contro la violenza, contro un clima di intolleranza che spaventa chi sa che senza integrazione non c’è crescita né futuro. Insieme sigle sindacali, rappresentanti delle diverse confessioni religiose, associazioni, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e il sindaco di Firenze Dario Nardella che è tornato in strada con i manifestanti per comunicare ufficialmente la volontà del comune di osservare un giorno di lutto cittadino, di sostenere le spese per il rientro della salma di Diene in Senegal e di provvedere a non abbandonare la “due volte vedova” e i suoi figli.
A conferma che quella scesa per le strade di Firenze era l’Italia migliore, nessun lavoro extra per le forze dell’ordine dispiegate lungo il percorso della manifestazione partita da piazza Santa Maria Novella fino al lungarno Vespucci dove nel punto in cui Roberto Pirrone ha sparato più volte sulla sua vittima prescelta sono poggiati fiori, oggetti e biglietti per non dimenticare l’ambulante senegalese che – raccontano alcuni testimoni – sarebbe morto sorridendo al suo carnefice.
11 marzo 2018