Così come aveva annunciato la settimana scorsa, il Dipartimento di Stato ha convocato il 7 febbraio la prima riunione del Gruppo Operativo destinato ad “aumentare l’accesso all’informazione” e a Internet a Cuba.
Una nota ufficiale pubblicata nel sito del Dipartimento di Stato, segnala che il gruppo di internet di Cuba, composto da rappresentanti del governo e non, durante quest’anno esaminerà le sfide tecnologiche e le opportunità “per espandere l’accesso a internet a Cuba”, con l’obiettivo di “aiutare il popolo cubano ad apprezzare un flusso d’informazione libera e non regolata”.
La nuova forza operativa di Internet per Cuba è presieduta dal vicesegretario aggiunto per i Temi dell’Emisfero Occidentale, John S. Creamer, del Dipartimento di Stato, e da altri enti come l’Ufficio di radiodiffusione di Cuba, la Commissione Federale delle Comunicazioni, l’amministrazione nazionale delle telecomunicazioni e informazioni del Dipartimento del Commercio, l’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale, Freedom House e il Consiglio dell’Industria di Tecnologia dell’Informazione.
Tutte, come si sa, con precedenti nella storia della guerra sovversiva degli Stati Uniti contro Cuba. Diverse fonti hanno sostenuto che alla riunione, che è stata realizzata sotto un’illuminazione fluorescente nei sotterranei del Dipartimento di Stato, hanno partecipato una ventina di rappresentanti dei cosiddetti “gruppi oppositori cubani” e anche enti locali che promuovono la piena risoluzione delle relazioni diplomatiche.
L’agenzia AP, com’era prevedibile, ha informato che gli “oppositori”, al suono della voce del padrone hanno utilizzato lo spazio pubblico per attaccare il governo di Cuba, facendo paragoni con la seconda guerra mondiale e i governi della Siria e dell’Iran.
Indubbiamente e in accordo con la AFP, i rappresentanti della società civile statunitense non si sono molto impressionati per gli obiettivi pianificati.
Come ha citato l’agenzia francese, l’avvocato Tony Martínez ha sostenuto che “Nel Dipartimento di Stato non esistono gruppi specifici su Internet in nessun altro paese. Perché? Credete che questa è la forma per realizzare i cambiamenti sperati?”.
La stessa fonte ha segnalato che l’attivista Cheryl LaBash ha detto che a Detroit, la sua città “Nel 2015 il 40% della popolazione non aveva accesso a Internet. Credo che la miglior forma per migliorare l’accesso a internet a Cuba sarebbe negoziare con il governo cubano in maniera rispettosa”. “Qualcuno di voi è stato a Cuba?” La domanda di Cheryl LaBash al gruppo ha ricevuto solo il silenzio come risposta. Non è mancato di certo il tema dei cosiddetti mezzi “indipendenti” e alcuni hanno dichiarato, per difenderli, che qualsiasi piano statunitense sarebbe controproducente, perché inciderebbe sull’indipendenza e la credibilità che presentano i mezzi di comunicazione “indipendenti” a Cuba, che stanno fiorendo. Il capo del gruppo, il vicesegretario di Stato John Creamer, che dovrà consegnare nel prossimo ottobre un rapporto finale con le raccomandazioni al Segretario di Stato e al Presidente, ha puntualizzato che il governo di Cuba “filtra e blocca i siti web” nel tentativo di impedire che i cubani abbiano l’opportunità di criticare le istituzioni e le politiche cubane.
“Questo genere di azioni aggressive hanno un effetto che fa rabbrividire nell’esercizio della libertà d’espressione”, ha detto. E parlando della libertà d’espressione, il nuovo gruppo di lavoro creato dal governo degli Stati Uniti per la sovversione mediatica contro Cuba, dovrebbe ribaltare i suoi sforzi e le risorse e occuparsi dei problemi che in questo senso gli Stati Uniti provocano.
Come ha avvisato di recente a Ginevra l’Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani, Zeid Ra’ad Al Hussein: “La libertà di stampa e l’integrità dei giornalisti sono in pericolo negli Stati Uniti con l’amministrazione del presidente Donald Trump”.
“Trump sta debilitando la libertà di stampa, mentre avvenimenti pericolosi già in marcia possono far aumentare la violenza contro i giornalisti”, ha detto ancora Zeid.
Il funzionario si riferiva alle costanti accuse di Trump del quale i media producono fake news – questo è il famoso termine creato per il mandatario per riferirsi a menzogne o notizie false- e ai suoi
ripetuti attacchi verbali contro i quotidiani The New York Times,The Washington Post o la televisione CNN.
Come se non bastasse nel gennaio di quest’anno, la International Press Institute (IPI) ha annunciato che realizzerà una missione internazionale statunitense, per valutare i cambi nei media e il panorama della libertà di stampa e per esporre le sue preoccupazioni all’attenzione delle autorità pertinenti.
L’IPI, come il mondo intero, non vede di buon occhio i reiterati attacchi contro giornalisti e mezzi di comunicazione compiuti, durante la campagna presidenziale di Trump, con aggressioni verbali e la negazione degli accrediti per i giornalisti.
Per chiunque abbia un minimo di coscienza è un paradosso estremo e controproducente che il primo censore degli Stati Uniti, valuti nell’ottobre prossimo “la libertà di espressione a Cuba”.
Non esiste strumento più grande delle fake news, quelle che usano abitualmente i gruppi di lavoro come quello appena creato contro Cuba e contro quei paesi che non si piegano di fronte all’egemonia imperialista, come nel caso del Venezuela, dell’Iran o della Siria.
È davvero poco etico criticare le fake news in casa propria mentre si creano macchine mediatiche da esportare in altre nazioni.
12 febbraio 2018
( Cubadebate/ Traduzione GM – Granma Int.)