di Francesco Galofaro, Politecnico di Milano
Con la scorsa puntata dell’inchiesta ci siamo occupati del sistema di comunicazione politica approntato dalla fondazione Open Society in previsione delle elezioni europee del 2014, in occasione delle quali furono investiti sei milioni di dollari allo scopo di manipolare l’opinione pubblica. La nostra fonte è un documento riservato della Open Society Foundation, pubblicato da DC Leaks nel 2016 [1].
Per dimostrare che di manipolazione si tratta, e non di semplice propaganda, abbiamo già presentato due casi eclatanti: la realizzazione di una applicazione di tipo VAA, per suggerire all’elettore il partito da votare, e la profilazione degli utenti twitter in tempo reale per migliorare l’efficacia della propaganda a loro indirizzata.
Nonostante questi fatti siano noti dal 2016, sembrano essere passati inosservati, al contrario di quello del tutto analogo che ha coinvolto Facebook e Cambridge Analytica riguardo alle presidenziali americane. In questa puntata dell’inchiesta mi propongo di ricostruire la rete di comunicazione della Open Society evidenziando i meccanismi volti alla manipolazione dei giornalisti e dell’opinione pubblica.
Le caratteristiche di un sistema di comunicazione
Come ci insegna la cibernetica, che Soros ha provato di conoscere piuttosto bene nel formulare i suoi modelli economici, un buon sistema di comunicazione prevede sei elementi: un emittente e un ricevente, tra i quali si stabilisce un canale. E’ poi necessario un codice, condiviso tra i due, che ottimizzi l’efficienza del canale. Infine, occorrono un messaggio da trasmettere e una funzione di retroazione o di controllo dell’efficacia della comunicazione stessa. Tutte queste funzioni sono assolte normalmente dal linguaggio durante gli scambi linguistici quotidiani [2].
La costruzione di un sistema di comunicazione efficace implica un lavoro su tutti gli elementi che abbiamo visto. Bisogna, naturalmente, lavorare sui contenuti del messaggio da trasmettere; sugli emittenti – ad esempio, i giornalisti – perché li producano nel modo desiderato; sui codici da impiegare, a seconda del destinatario (linguaggi giovanili; ironia; o al contrario scientificità e rigore); sui canali da impiegare (media tradizionali e nuovi); sugli stessi destinatari, perché si comportino nel modo desiderato (non solo votando per i partiti ‘amici’, ma anche ritrasmettendo il messaggio alle proprie reti). Occorre poi esercitare una funzione di controllo piuttosto delicata sull’efficacia della propria comunicazione – ce ne siamo occupati in parte nella scorsa puntata, ma molte sono le iniziative volte allo studio sull’efficacia dei messaggi da un punto di vista accademico. Come vedremo, nessuna di queste funzioni è stata trascurata dal sistema di Soros.
Nuovi media
La rete di canali che sfruttano i nuovi media è molto ampia. 130 mila dollari sono andati a finanziare la testata online euobserver [3]; 50 mila dollari sono andati a finanziare il blog francese Bondy Blog. Tutte queste testate dichiarano orgogliosamente di far parte della “stampa libera” e nessuna riporta il maxifinanziamento ricevuto da Soros – anche questo prova l’intento chiaramente manipolatorio di una fondazione che non agisce allo scoperto. Anche la pubblicità on-line non è stata trascurata: Transparency International Latvia – Delna ha ricevuto 13.000 dollari per impiegare Google ADWords e Facebook allo scopo di convogliare almeno centomila visitatori sulla propria pagina.
Media tradizionali
I nuovi media non sostituiscono i canali tradizionali della comunicazione politica: piuttosto, li affiancano e ne cambiano le funzioni. Nessuna campagna potrebbe funzionare senza ricorrere anche ai media tradizionali. Così anche in questo campo troviamo una lista interessante. OSF Prague, un’articolazione locale della fondazione, ha ricevuto 30 mila dollari per una campagna mediatica europea che ricordi l’anniversario dell’ingresso della Repubblica Ceca nell’EU. 20 mila dollari sono andati a finanziare the “Migrant Voice”, una rivista cartacea inglese.
Produrre contenuti creativi ed efficaci
Ovviamente, la moltiplicazione dei canali sui nuovi e vecchi media richiede una produzione di contenuti su vasta scala e in diverse lingue. Per questo, 261 mila dollari sono stati devoluti alla European Cultural Foundation per un progetto volto a coinvolgere la comunità dei creativi, videomakers, artisti, nella produzione di contenuti rivolti alle reti sociali e alle piattaforme digitali per tutta l’Europa. Altri 95 mila dollari sono andati al Political Capital Institute, per la produzione di analisi, infografiche e video rivolti contro partiti euroscettici, etnocentrici o di estrema destra. 50.000 dollari sono andati all’associazione ungherese Prospect Muhely Alapitvany per un progetto denominato “List of shame”, che potremmo tradurre con “lista di proscrizione”.
Influenzare i giovani
Più in piccolo, il Media Diversity Institute ha ricevuto 50 mila dollari per realizzare campagne mediatiche rivolte ai giovani che diffondessero storie positive riguardo all’emigrazione e rispondessero con l’umorismo ai politici xenofobi. L’area di intervento era costituita da Regno Unito, Ungheria, Grecia e Italia. Sempre a rivolgersi ai giovani, 10.000 dollari sono serviti a realizzare sei video in Lituania (un progetto del Lithuanian Youth Council). Sempre a incoraggiare la partecipazione dei giovani, in questo caso sloveni, un finanziamento di 10 mila dollari che ne impiegasse il linguaggio e che impiegasse celebrità come testimonial della campagna. Lo stesso è accaduto in Germania, dove Progressive Zentrum ha ricevuto 25 mila dollari coinvolgendo la nazionale di calcio per una campagna condotta su Facebook e Twitter. Ancora, il discutibile hashtag #DON’t masturHATE dà il titolo di un progetto volto a contrastare i discorsi di odio esponendoli al ridicolo. Lo scopo del progetto è l’organizzazione di workshop rivolti ad attivisti e responsabili di ONG per addestrarli sui temi della comunicazione e della pubblicità. In questo caso il proponente è la OSF locale di Bratislava e l’investimento è di 45 mila dollari.
Fact Checking
Non tutti i destinatari della fondazione Open Society sono giovani. La necessità di dare una parvenza di obiettività al proprio discorso, contrapposta alle fantasie ideologiche del populismo e dell’estremismo, porta al così detto Fact Checking, che ci ha assillato anche durante la scorsa campagna elettorale italiana. NumbersEU ha ricevuto 15 mila dollari per mantenere un sito con un impiegato che si occupasse a tempo pieno di questa attività per tutta l’Europa. 50.000 dollari sono stati devoluti all IG Kultur Osterreich per realizzare un workshop sul fact-checking, in realtà rivolto allo sviluppo di contenuti satirici. L’associazione tra fact cheking e denigrazione dell’avversario è anche l’obiettivo di EUROPEUM – Institute for European Policy (50 mila dollari) attivo in Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia; altri 10 mila euro sono andati a Stichting Eurofacs, per il progetto europeo “Pinocchio’s election campaign”. In un modo o nell’altro, in ogni caso, la gran parte dei progetti finanziati si propone di contrapporre il “controllo dei fatti” al “populismo”, allo stesso modo in cui un tempo si contrapponeva la propria verità alla propaganda altrui.
Il reclutamento “ideologico” dei giornalisti
Come prova l’elenco dei giornalisti europei prezzolati dallo zar rivelato dai bolscevichi dopo il ‘17, la stampa è da sempre in vendita al migliore offerente. Le strategie della fondazione, tuttavia, sono più sottili. Ad esempio, 30 mila dollari sono stati devoluti a Euobserver ASBL per un premio rivolto a chi produca 32 articoli nel mese della campagna elettorale. Alla stessa organizzazione sono andati 75 mila dollari per creare un network di “giornalisti indipendenti” in tutte le capitali europee. 27 mila dollari hanno finanziato un workshop rivolto ai giornalisti di grido e ai professionisti della comunicazione per renderli consapevoli dell’impatto diretto che i loro articoli sull’Europa hanno nell’ascesa di movimenti populisti, xenofobi o euroscettici, e perché condividano le proprie competenze in modo da trattare i temi europei senza promuovere la causa di questi movimenti. Dunque, non si corrompono i giornalisti. Si lascia loro l’impressione di essere liberi. Li si fa assumere da qualcun’altro, o li si invita a conferenze selettive in hotel eleganti, o ancora li si premia, se giovani, per il loro impegno, costruendo la ‘figura’ del giornalista di grido, dell’influencer, del portavoce di una élite di cui ritiene, realmente e in tutta onestà, di far parte.
Nella prossima puntata
Ci occuperemo della biografia di Soros e degli obiettivi politici della fondazione Open Society che emergono dai documenti riservati divulgati da DC Leaks.
30 Agosto 2018
Nelle puntate precedenti
1) Come la Open Society Foundation controlla un terzo del parlamento europeo
2) Geografia degli Eurodeputati affidabili
3) Come la Open Society ci spia su twitter
NOTE
[1] https://www.scribd.com/document/343846323/European-Election-Portfolio-Review-Annex-i-Ee14-Project-List-of-All-Elections-Related-Grants-3?secret_password=m3V6G7QksxsGSFvjnXa4#download&from_embed[2] Jakobson, R., 1963, Essais de linguistique générale, Paris, Minuit; trad. it. Saggi di linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1966, pp. 185-186
[3] https://euobserver.com/