Processo ‘Ndrangheta stragista
Il collaboratore di giustizia parla della forza dei Piromalli
di Aaron Pettinari
La famiglia Piromalli? Una “potenza” capace di condizionare istituti di credito e con legami nella massoneria, nel mondo della sanità, dell’imprenditoria e dell’informazione. Una forza riconosciuta anche da altri ambienti criminali tanto che una figura come Stefano Fidanzati, fratello dello storico boss mafioso dell’Arenella Gaetano, si era “inginocchiato davanti a lui (Giuseppe Piromalli, classe ’21, ndr) per baciargli la mano”. Quella odierna al processo ‘Ndrangheta stragista, che vede alla sbarra il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, ritenuto all’epoca capo mandamento della ‘Ndrangheta reggina è stata un’udienza dedicata alla testimonianza del collaboratore di giustizia, Antonio Russo. Pur non essendo mai stato formalmente affiliato Russo è stato molto vicino alla storica famiglia della Piana di Gioia Tauro.
Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo il teste, intervenuto in videoconferenza, ha riferito il particolare dell’incontro tra il capomafia Giuseppe Piromalli e il mafioso siciliano. “Siamo nel 2004, Fidanzati si presentò al mio negozio e chiese udienza con Giuseppe Piromalli classe ’21, in quel momento agli arresti domiciliari. Prima di venire da me, si recò all’Agip sulla SS 18, notoriamente dei Piromalli e loro lo indirizzarono verso di me”.
Quella visita improvvisa era dovuta ad una truffa (di questo Russo si occupava durante la sua “vita” criminale) subita dal boss. “Mario Laurendi, con l’azienda Carid, che di fatto era mia e di Antonio Sacco, truffò il caseificio “La montanara” a Palermo. Questo formalmente era intestato a tale Riggio, ma in realtà era di Stefano Fidanzati. Era una truffa di circa 13-14 mila euro. Ed era la seconda volta che accadeva – ha ricordato Russo – A quel punto mi sono messo in contatto con Piromalli che mi disse: ‘Fallo venire subito da me, perché siamo stati insieme al centro clinico di Opera e il bene che mi ha fatto lui non lo posso dimenticare’. Lo accompagnai alla sua casa e ci furono baci e abbracci. Fidanzati si inginocchiò e baciò la mano a Piromalli. Una scena così non l’avevo mai vista. Rimasi stupito dalla potenza di Piromalli”. La questione si risolse in pochi attimi con il capomafia calabrese che ordinò di restituire il denaro (“fu restituito consegnando un equivalente in merce, con apparecchiature frutto di un’altra truffa”) e di portare Fidanzati nel migliore ristorante di Gioia Tauro. “Fidanzati disse che aveva problemi anche a Rosarno – ha detto il collaboratore – così fu ordinato a Copelli di ‘trovare i pesciolini’, i figli dei Pesce, per risolvere anche lì quella questione”.
Le banche condizionate
Russo ha raccontato l’origine di quel rapporto con la storica famiglia calabrese, risalente agli anni Ottanta quando il padre (anche lui mai affiliato) aveva una squadra di calcio “che in realtà era di Gioacchino Piromalli“. Rapporti lontani, dunque, che diventarono sempre più stretti nel momento in cui il fratello di Russo sposò la nipote di Giuseppe Piromalli, Dorotea Molè. “Da quel momento – ha raccontato il pentito – non siamo più stati considerati come famiglia Russo, ma come persone vicine ai Piromalli. È cambiato tutto, persino l’accesso al credito”.
“Le banche – ha proseguito – subiscono il condizionamento della ‘ndrangheta. È un sistema. Io l’ho sperimentato: dopo il matrimonio di mio fratello, per noi è cambiato tutto nell’accesso al credito. Quello che prima ci veniva negato, diventò facilissimo. Pensi che per un mutuo che avevamo richiesto prima del matrimonio di mio fratello, ci furono 50 perizie e poi ci fu negato. Dopo il matrimonio, con la semplice parola di una persona vicina al clan Piromalli, che giurò che l’immobile c’era, il mutuo ci fu dato in tre ore. Si trattava della banca commerciale italiana, nella sede di Gioia Tauro. Anche per un piccolo fido di 15 milioni, intervenne Gioacchino Piromalli classe ’34″.
Parlando del sistema delle truffe che portava avanti anche per conto della famiglia Piromalli il collaboratore ha ricordato l’esistenza di un “diktat”, ovvero “le truffe si potevano fare da Roma in su, sicuramente non in Sicilia, Campania e Puglia che, ci dicevano, erano loro alleati”. Anche per questo la vicenda con Fidanzati rappresentava un’anomalia. Certo era che il capomafia calabrese non temeva alcun tipo di controllo, nonostante fosse ai domiciliari. “Gli arresti domiciliari a Gioia Tauro hanno gestioni allegre – ha detto Russo – non lo controllava nessuno. Non ho mai temuto di essere oggetto di controlli. Pensi che io nel mio piccolo ho avuto esponenti delle forze dell’ordine a libro paga, figuriamoci Piromalli. Con Fidanzati mi disse nettamente ‘Piglialo e portalo qua’. Certo, quando c’era qualcuno che lui non voleva ricevere spiegava che stavano andando per un controllo e li mandava via”.
La “longa manus” dei Piromalli
Il pentito ha anche detto chiaramente che in ogni territorio della Calabria i Piromalli avevano “referenti in qualsiasi posto”. E quando in un’occasione aveva avuto la necessità di aprire nuove aziende in altri luoghi della Regione l’anziano boss diede indicazioni precise: “Mi disse che se dovevo andare su Taurianova potevo rivolgermi a Mico Lombardo, mentre su Polistena, Cinquefrondi o Melicucco, potevo chiedere di un tale Filippone. Ora, io non ho mai avuto bisogno di nulla e non ho mai incontrato né conosciuto nessuno dei due”.
Quel contatto con la massoneria
Altro tema toccato nel corso della deposizione è quello dei contatti con gli ambienti della massoneria. Fatti già riferiti in altri procedimenti. “Io non ne ho mai fatto parte – ha detto Russo – ma il dottor Labate, un cardiologo a disposizione dei Piromalli che forniva le documentazioni per ottenere la detenzione domiciliare, mi voleva all’interno dell’ordine dei Templari. Conobbi Labate tramite Luigi Emilio Sorridenti. Mi disse se volevo andare ad assistere ad una riunione a Villa Vecchia, nella periferia di Roma, e poi se fossi stato interessato ci sarei potuto entrare. Vi erano ex magistrati, ufficiali dei carabinieri, della guardia di finanza, della polizia. Erano proprio in divisa. E poi c’erano personaggi dello spettacolo, il principe Romanov, una persona distinta. Come seppi che era lui? Mi fu detto dal commendatore Carmelo Cortese. A quell’incontro c’era pure la manovalanza della cosca Piromalli”.
“Cortese – ha aggiunto il teste – mi disse che lui non si sarebbe messo con persone di basso livello, avendo partecipato direttamente ad incontri in cui era presente Licio Gelli. Mi disse poi di aver avuto una relazione con la famiglia De Stefano, i figli di Paolo, come Giuseppe e Dimitri, li nominava come fossero figli suoi. Cortese gestiva di fatto l’ospedale militare di Catanzaro, lui decideva le convalescenze, chi doveva essere riformato o avere una causa di servizio”.
Gli interessi per le tv private
Nel corso della deposizione Russo ha anche parlato degli interessi della criminalità organizzata per le tv private. “Per il ripetitore di Monte Poro si paga una bella estorsione” ha detto senza mezzi termini. Russo ha parlato della famiglia Priolo, che un tempo era proprietaria delle tv sulla Piana. “La ‘Ndrangheta annusa dove c’è il denaro e quando furono trucidati – ha ricordato – a gestirla fu messo Angelo Maria Sorrenti. Questi era un prestanome dei Piromalli, ma era anche collegato bene con Berlusconi e Confalonieri. Per un certo periodo è stato molto legato ai Piromalli, poi li denunciò. Ricordo che mi rivolsi alla famiglia Piromalli per avere una convalescenza al servizio militare. Mi mandarono da Sorrenti e lui chiamò Confalonieri, questi gli disse di rivolgersi a Tony Boemi, proprietario di Telespazio. Andai a nome di Sorrenti e si mise a disposizione, facendomi ottenere la convalescenza, ma mi disse pure di rivolgermi a Cortese per una prossima volta. Cosa c’entra Berlusconi con Confalonieri? Per quel che so erano la stessa cosa”. Alla domanda dei difensori se di queste cose avesse parlato nel corso dei 180 giorni previsti dalla legge per riferire tutto quello di cui era a conoscenza Russo ha detto: “Non mi ricordo. Molte cose sono in corso di approfondimento ho anche fatto qualche memoriale. Quel che è certo è che negli interrogatori se mi fanno una domanda io rispondo”.
06 Dicembre 2018