di AMDuemila
“Erano nella sua agenda”. Così i legali ottengono l’audizione di tre nuovi testi
L’ex Nar Gilberto Cavallini, sotto processo a Bologna per concorso nella strage del 2 agosto, avrebbe avuto contatti con il Sismi (il servizio segreto militare) ed Adalberto Titta, una figura legata alla struttura segreta “Anello”. A sostenerlo sono i legali di familiari delle vittime in una memoria presentata alla Corte d’Assise.
In particolare, secondo la parte civile, ci sono due numeri di telefono, 342111-342121, “riservati e non rintracciabili”, che compaiono in una delle tre agende sequestrate a Cavallini nei giorni del suo arresto, a settembre 1983, che proverebbero questi collegamenti. Partendo dalla memoria è stata chiesta e poi concessa dalla Corte d’Assise l’audizione di tre nuovi testimoni: un funzionario della Sip dell’epoca e due finanzieri, che per conto della Procura generale hanno già svolto indagini sulla vicenda nell’ambito dell’inchiesta sui mandanti dell’attentato.
“I numeri sono in chiaro, non criptati come ha detto l’imputato – ha spiegato uno dei legali di parte civile, l’avvocato Nicola Brigida – e lo abbiamo provato grazie alle indagini della Procura generale, perché alla Procura ordinaria queste cose sembrano non interessare. La Procura generale ha espletato queste indagini, insieme alla guardia di finanza, e hanno sentito il responsabile dell’allora centrale Sip di via Mantegna. Lui ci può dire che sono numeri di via Mantegna, riservati e non tracciabili”. Titta, infatti, secondo Brigida “scendeva di casa in via Mussi e andava in via Mantegna per telefonare a Roma, senza però lasciare traccia, per non farsi intercettare”.
Sul punto i pm si sono rimessi alla decisione del Corte, chiedendo però di ascoltare nuovamente l’investigatore del Ros Goffredo Rossi (“al quale avevamo delegato queste indagini” hanno spiegato) nel caso fosse stata accettata l’audizione dei nuovi testimoni, mentre la difesa dell’ex Nar si è opposta alla richiesta delle parti civili.
L’udienza di ieri è stata piuttosto movimentata nel momento in cui l’imputato ha polemizzato sia col rappresentante dell’associazione dei familiari delle vittime del 2 agosto, Paolo Bolognesi, sia con il presidente della Corte. Al Presidente dell’associaizone dei familiari ha rinfacciato di voler “condizionare e mettere nel mirino l’intero collegio giudicante e il perito”. Bolognesi, da parte sua, ha risposto con forza: “Le sue accuse sono quasi una medaglia al valore: facciamo di tutto per arrivare alla verità”.
Con il Presidente della Corte, Michele Leoni, invece, vi è stato un vero e proprio battibecco in aula in merito alla rapina fatta dai Nar il 5 agosto del 1980 all’armeria Fabrini di piazza Menenio Agrippa a Roma, a cui parteciparono anche Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, condannati in via definitiva per la strage. Per Cavallini l’azione sarebbe stata un modo per “dissociarsi” dalla strage, rispetto a cui si sono sempre sentiti “al di sopra di ogni sospetto”. “Dopo la morte di Franco Anselmi, ucciso durante l’assalto a una armeria – ha dichiarato l’imputato- , i Nar ogni anno ne rapinavano una. Era un rito, ci caratterizzava. Siamo lì a morire se necessario, alla luce del sole, con la nostra faccia: l’assalto a una armeria è differente da una strage”. Ma il giudice ha replicato: “Voi non eravate rapinatori professionisti, le rapine per voi erano strumentali a finanziare la vostra attività terroristica. Tutti quanti (ovvero Gilberto Cavallini, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, ndr) avete detto di aver fatto questa rapina all’armeria per dissociarvi dalla strage, io continuo a pensare che se avevate questo bisogno di dissociarvi, di far vedere che fate altre cose significa che vi sentivate nel mirino. Ma questo è un convincimento mio, lasciamo, ognuno si tenga le sue idee“.
07 Marzo 201
1 Comment
Ci scrive, il 10 marzo alle ore 11:49, Marco V.:
Buona domenica,
probabilmente la verità indicibile che attraversa la storia della nostra Repubblica è sì molto complessa, ma anche molto semplice perché, a partire dall’immediato Dopoguerra, gli Alleati angloamericani hanno ritenuto necessario attuare una linea di “contenimento” della presunta espansione sovietica, mettendo nel mirino quei partiti, quelle forze e quei referenti sociali considerati naturali alleati dell’URSS. Senza contare che l’ideologia capitalista e neocapitalista di matrice angloamericana e anglosassone respingeva recisamente i modelli marxiani e marxisti in qualunque forma.
Da qui anche la benedizione del blocco sociale del nostro paese che si era già reso responsabile di rigurgiti repressivi fino all’appoggio dichiarato e ventennale al fascismo. Monarchia, imprenditori, finanzieri, agrari, – che una volta si sarebbe chiamato “padronato”- la massoneria (P2), Vaticano. Fino a spingersi a sostenere senza scrupoli di sorta la criminalità organizzata di questo paese e, quindi, i fascisti più violenti e fanatici e le mafie meridionali. Se queste ultime dovevano garantire il controllo delle Regioni del Mezzogiorno anche attraverso l’apparentamento con ben identificate forze politiche, alti ufficiali, prefetti e questori solerti nel servire l’Italia del Ventennio fascista sono stati sostanzialmente reintegrati ai loro posti e nelle loro funzioni.
Quindi non deve essere motivo di eccessivo stupore il fatto che questo paese sia stato investito da un’ondata di violenza mafiosa, terroristica e criminale rimasta sostanzialmente impunita con il beneplacito degli angloamericani e del blocco sociale dominante e con l’opera di bonifica, inquinamento e depistaggio dei servizi e di certi apparati e organi investigativi.
Ma questa è la verità più generale che non si vuole raccontare anche perché spesso la Storia viene scritta dai vincitori – con il sangue dei vinti – e non sta bene mettere in discussione l’altro tasso dei democraticità di questa brava gente che ormai non incontra più alcuna opposizione sociale e politica che si rispetti. Il padrone non esiste più, è un imprenditore e, spesso, anche benefattore dell’umanità anche quando i frutti dell’altrui lavoro sono sostanzialmente goduti solo da lui.
E poi non sta bene mettere in discussione il fatto che la nostra Repubblica non sia stata esattamente quella disegnata dagli architetti della Costituente.
Marco V