di Gianni Barbacetto
Mentre la Milano visibile e luccicante celebra i fasti della design week, come Londra e più di Londra, la Milano sotterranea ripete riti che neanche a Napoli, neanche a Scampia. Mancano tre minuti alle 8 quando una moto di grossa cilindrata si affianca a una Ford station wagon nera ferma al semaforo in via Cadore, zona residenziale e semicentrale della città tutta presa in questi giorni dalla frenesia per le feste del mobile e del design.
Il killer, dal sellino posteriore dello scooter, guarda in faccia l’uomo alla guida della Ford, che sta ascoltando la radio ad alto volume mentre aspetta che il semaforo diventi verde. Gli urla: “Sei pronto?”. Poi spara. Saltano due finestrini di cristallo dell’auto. Quattro, cinque, forse sei colpi. Uno lo raggiunge tra il torace e la spalla, un’altro gli si conficca in faccia. I due dello scooter sgommano via. L’uomo non perde conoscenza. Abbandona la presa sul volante, le braccia distese lungo i fianchi, il busto ancora eretto, gli occhi sgranati, un filo di sangue che gli cola dalla bocca.
Non era “pronto” a morire, Enzo Anghinelli, 46 anni, vittima di una tentata esecuzione in stile mafioso, proprio davanti a un cocktail bar dal nome che suona beffardo: “Pulp”. Arriva a sirene spiegate l’autoambulanza, arrivano le volanti della polizia e gli uomini della Squadra mobile, poi le tute bianche dalla Scientifica. Gli infermieri gli tagliano il piumino nero, lo estraggono dall’auto, lo trasportano al Policlinico in codice rosso, il più grave. Lo operano allo zigomo sinistro per estrargli il proiettile, è in prognosi riservata, ma dovrebbe sopravvivere.
Chi ha sparato voleva uccidere. E non ha scelto un posto a caso. Proprio in via Cadore, a pochi passi dal civico 48 dove è avvenuto l’agguato, vive la madre di Enzo Anghinelli. Una scena da Gomorra nella più europea delle città italiane. Evidentemente gli aggressori conoscevano bene la loro vittima e le sue abitudini. Hanno seguito in moto la sua Ford Focus e al semaforo rosso, all’angolo con via Bergamo, hanno scaricato almeno cinque colpi contro il finestrino chiuso dell’auto. Uno lo ha centrato al volto, è entrato dallo zigomo sinistro dall’alto verso il basso ed è uscito dall’altra parte squarciandogli la guancia.
“Ho sentito quattro esplosioni e poi altre due, mi sono affacciato, qualcuno ha chiesto l’intervento di un dottore e mi sono precipitato giù”, ha raccontato alla Squadra mobile il primo soccorritore, un medico che si trovava in un palazzo vicino. “Ho potuto solo controllare che respirasse, le sue condizioni non mi hanno permesso di fare altro, ho atteso l’ambulanza”.
Al Policlinico, Anghinelli è stato operato, è in condizioni gravi e il suo quadro clinico è ritenuto ancora instabile, tanto che i medici non si sbilanciano con una prognosi. Si sbilanciano invece gli investigatori, coordinati dal pm della Procura di Milano Leonardo Lesti. L’agguato potrebbe essere la “punizione” per un debito di droga. Anghinelli è un noto trafficante di cocaina, nel novembre 2007 è stato arrestato per la prima volta dai carabinieri ed ha scontato una pena di 11 anni di carcere.
Dopo l’agguato, si è riaccesa la polemica sulla sicurezza a Milano. Come già accadde nel novembre di due anni fa, quando un cittadino dominicano fu inseguito e ucciso in piazzale Loreto e il sindaco Giuseppe Sala chiese più militari in città per tenere sotto controllo alcune zone della periferia. In questo caso, il ministro dell’Interno Matteo Salvini è subito intervenuto per dire che a Milano già dallo scorso ottobre ci sono 88 agenti di polizia in più e che altri 487 sono in arrivo. “Nuovi poliziotti assunti con i concorsi banditi dai governi Renzi e Gentiloni”, gli ha ricordato il deputato del Pd Emanuele Fiano, criticando il fatto che il governo abbia “stanziato per il 2019 soltanto 4,9 milioni per nuove assunzioni di poliziotti”.
Enzo, l’ex principe della coca
Cranio rasato, labbra carnose, Enzo Anghinelli si è fatto un nome, nella storia della cocaina a Milano. Una storia lunga, in una città che è considerata da osservatori attendibili e investigatori navigati la nuova capitale europea della coca. Il nome di Anghinelli è comparso in diverse indagini sul traffico di droga. Il suo gran debutto avviene il 15 novembre 2007, il suo primo palcoscenico è una strana agenzia di autonoleggio di macchine di lusso per i vip, con sede in via Teodosio 64, zona Città studi.
È la “Regina Agency” di Ezio Coletta, un brianzolo cinquantenne che noleggiava auto ai produttori televisivi ed era ben introdotto nel mondo della tv. Nel suo ufficio facevano bella mostra decine di foto con dediche di molti volti noti del mondo dello spettacolo e perfino un Tapiro di Striscia la notizia. Quando arrivano i carabinieri, oltre al Tapiro trovano 26 chili di polvere bianca, di cui 15 nascosti dentro una grossa Mercedes color oro. Quel giorno beccano anche Enzo, che aveva due chili di coca nelle tasche del giubbotto. Si avvicinavano le feste natalizie e il capodanno, e il suo gruppo stava preparando la riserva di cocaina con cui rifornire le discoteche della città.
Arrestato, Enzo Anghinelli nel 2009 è condannato in primo grado a 12 anni per traffico di droga, che in appello diventano 8. Nel 2011 esce dalla cella, ma l’anno seguente, il 6 marzo 2012, torna in carcere insieme ad altre 44 persone, perché il pm Piero Basilone porta a compimento l’operazione “White”, che nasce proprio nel 2007 e che disegna la mappa del traffico di coca a Milano. Le carte dell’indagine descrivono Anghinelli come un personaggio ben inserito in un gruppo di livello, in grado di importare grandi quantità di polvere bianca direttamente dal Sudamerica.
Tra gli arrestati di quel giorno c’è anche Luigi Magrini, 47 anni, ritenuto vicino ai clan pugliesi della Sacra Corona Unita e alleato con una banda di trafficanti serbi. Nei documenti dell’inchiesta viene definito “fornitore di ingenti quantità di cocaina a esponenti della Sacra Corona Unita”. Magrini, residente a Settimo Milanese, è figlio d’arte: suo padre, Vito detto “Cavallero”, era il re delle scommesse clandestine sui cavalli e fu arrestato nel 1997, accusato di un doppio attentato incendiario al trotter e al galoppatoio dell’ippodromo di San Siro.
Anghinelli resta in carcere fino all’ottobre 2012, poi continua a scontare la sua condanna con pene alternative. Nel 2014 gli viene rideterminata la pena a 11 anni totali. Chiude del tutto i conti con la giustizia il 23 novembre 2016. L’avvocato Lino Terranova ha difeso Anghinelli nell’indagine “White” e ora racconta: “Era uscito dal carcere qualche anno fa, dopo essere stato arrestato nel 2007. Voleva uscire dal giro e aveva anche seguito un percorso terapeutico per curarsi dalla dipendenza dalla cocaina. Che io sappia, negli ultimi anni non aveva più avuto problemi giudiziari. Non ho avuto più notizie da lui su problemi giudiziari ulteriori, né sentori di altri problemi. Per questo, ciò che è successo in via Cadore mi ha molto stupito”.
Chissà se dal giro era uscito davvero. O se aveva mantenuto rapporti e affari con altri gruppi, magari meno grossi, meno organizzati di quelli fotografati dall’operazione “White”, che avevano canali diretti con i produttori di coca in Sudamerica. E meno prudenti: capaci di tentare di eliminare un uomo con un’operazione plateale, alle 8 di mattina, in mezzo al traffico e ai bambini che vanno verso le loro scuole.
Il Fatto quotidiano, 13 aprile 2019