Il titolo del Sole 24 ORE è eloquente: “Yemen, M5S-Lega: stop alla vendita di bombe ad Arabia ed Emirati”. Dello stesso tenore sono i titoli dell’Huffington Post: “Stop export armi saudite contro lo Yemen. Passa mozione Lega-M5S” e di Avvenire: “Yemen. Camera approva mozione per stop all’esportazione di bombe.”
Il governo gialloverde, dunque, sarebbe diventato improvvisamente pacifista? O si tratta di un abbaglio?
Altre testate, infatti, sono state più caute – per esempio l’ANSA: “Italia verso blocco armi a sauditi.” Cioè, secondo l’ANSA, non c’è stato l’embargo mercoledì scorso bensì un passo verso il blocco delle esportazioni di armi. Come per Repubblica: “Yemen, anche l’Italia prende posizione sulle esportazioni di armi nei Paesi coinvolti nel conflitto”. Ovvero, con la votazione di mercoledì scorso, il governo ha semplicemente preso posizione. E poi? Quali vincoli contro le esportazioni belliche verranno posti in essere – concretamente – a partire da quella presa di posizione? È tutto da vedere. La mozione varata non impone nulla.
Ma, allora, a che cosa è servita la mozione che M5S e Lega hanno fatto approvare, se non ferma realmente le esportazioni delle armi? Semplice. E’ servita per poter silurare una mozione che stava già all’ordine del giorno, formulata da Liberi e Uguali (La Sinistra), e che, qualora fosse stata approvata, avrebbe realmente portato al blocco effettivo delle esportazioni di armi.
Quello che è successo alla Camera mercoledì, dunque, è stato, in realtà, un atto di insabbiamento fatto passare per un atto deciso e concreto a favore della pace. Il governo non poteva affossare – e basta – la mozione di LeU (La Sinistra) senza passare per guerrafondaio. Perciò ha preferito varare una propria mozione “contro” le esportazioni belliche che somiglia nella forma alla mozione di LeU (La Sinistra) ma che, nei fatti, non vieta nulla. Quanto basta, però, per giustificare la bocciatura della mozione LeU (La Sinistra) e, nel contempo, per farsi dipingere con i colori dell’arcobaleno dai titolisti dei giornali.
Per apprezzare la finezza (e l’ambiguità) della mossa governativa, bisogna confrontare punto per punto la mozione M5S/Lega con quella originale, appunto, di LeU (La Sinistra). Essa è nata da una mozione che il deputato LeU, Stefano Fassina, che è anche consigliere comunale a Roma, aveva fatto votare dal Campidoglio lo scorso 12 febbraio, nonché una vecchia mozione di Sinistra Italiana del 2017 di cui Fassina era cofirmatario. (Si può leggere la mozione capitolina cliccando qui e la mozione del 2017 cliccando qui.)
La mozione LeU (La Sinistra) presentata alla Camera mercoledì scorso impegna il governo su cinque fronti:
1. a “denunciare la gravissima crisi umanitaria in corso nello Yemen, causata anche “dall’intensificarsi degli attacchi aerei ad opera della coalizione guidata dall’Arabia Saudita…[con] attacchi indiscriminati contro civili” e contro le “infrastrutture civili e mediche”;
2. a “sospendere immediatamente ogni esportazione di materiali d’armamento e articoli correlati, prodotti in Italia e destinati all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti che potrebbero venire utilizzati dai due Paesi nel conflitto in Yemen”;
3. a “non autorizzare il transito e l’utilizzo di porti e aeroporti in Italia da parte di cargo aerei e navali che trasportino materiali d’armamento destinati all’Arabia Saudita e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen”;
4. a chiedere al Consiglio dell’UE “un embargo di materiale militare di tutta l’Unione europea verso i Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen”;
5. ad attuare “la conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa […] anche per sottrarre i lavoratori e le comunità al ‘ricatto occupazionale’ causato da questo tipo di produzioni in territori con alti livelli di disoccupazione”. Il governo viene impegnato a rifinanziare la riconversione in virtù di due leggi esistenti, la 149/93 e la 237/93, che “prevedono un adeguato stanziamento pluriennale e destinano almeno il 70% di tale importo alle attività di riconversione dell’industria bellica.”
Va segnalato, per completezza, che pure il Partito Democratico aveva proposto una propria mozione, anch’essa all’ordine del giorno mercoledì scorso. Somiglia alla mozione LeU (La Sinistra) ma in versione annacquata. Ad esempio, mentre la mozione LeU (La Sinistra) vieta l’utilizzo dei porti italiani per il trasporto di armi, la mozione del PD “plaude” ai portuali di Genova che hanno rifiutato di caricare una nave saudita con materiale bellico, ma non impegna il governo a porre in essere precisi divieti per il futuro. Sollecita semplicemente il governo a “scegliere una posizione da tenere in merito”. Inoltre la mozione PD non spende una parola sulla riconversione, a fini civili, delle industrie italiane di materiali belliche – il che è un punto cardine della mozione LeU (La Sinistra). Infatti, solo così si risolve, alla radice, il problema delle future esportazioni belliche – cioè, eliminando o comunque riducendo la loro produzione.
E così arriviamo alla mozione M5S/Lega, presentata in extremis alla Camera lo scorso mercoledì in fine mattinata. Essa annacqua ancor di più le altre due mozioni. Infatti, impegna il governo soltanto:
1. a “continuare ad assicurare un’applicazione rigorosa delle disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185, e ad adottare gli atti necessari a sospendere le esportazioni di bombe d’aereo e missili che possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile e loro componentistica verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace con lo Yemen.”
Ma che vuol dire “continuare ad assicurare l’applicazione rigorosa” di una legge, la 185/90, che, in teoria, vieta l’esportazione di armi a paesi in guerra ma che è stata ripetutamente disattesa in questi anni? E’ stata la conclamata inefficacia della legge 185/90 che ha spinto LeU (La Sinistra) a formulare la mozione presentata alla Camera, per bloccare effettivamente ogni esportazione verso l’Arabia Saudita, paese in guerra.
E poi che significa “adottare gli atti necessari” per sospendere le esportazioni di bombe? La mozione LeU (La Sinistra) era un atto che, qualora fosse stato approvato, avrebbe gettato effettivamente le basi per una CONCRETA sospensione delle esportazioni ai sauditi – e stava all’ordine del giorno! Invece il governo, facendo leva sulla sua maggioranza compatta, l’ha bocciato.
2. a “valutare l’avvio e la realizzazione di iniziative finalizzate alla futura adozione, da parte dell’Unione europea, di un embargo mirato sulla vendita di armamenti ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, prevedendo al contempo consultazioni con gli altri Stati membri dei consorzi internazionali in relazione ai programmi di coproduzione industriale intergovernativi attualmente in essere;”
La mozione M5S/Lega, dunque, non chiede al Consiglio dell’UE d’imporre un embargo immediato sull’export di armi verso l’Arabia Saudita, come fa quella di LeU (La Sinistra). E non impegna il governo nemmeno a realizzare iniziative in quella direzione. Lo impegna soltanto a “valutare” l’opportunità di avviare siffatte iniziative. In altre parole, non obbliga il governo a fare nulla concretamente;
3. e 4. gli altri due punti della mozione M5S/Lega impegnano il governo a cercare di “ottenere l’immediato cessate il fuoco” in Yemen e a proseguire nell’azione umanitaria. Ma non denunciano i bombardamenti sauditi per quello che sono – atti criminali – come nella mozione di LeU (La Sinistra) e come in quella del PD, gettando le basi per un’incriminazione davanti alla Corte Penale Internazionale.
In quanto alle misure per la riconversione industriale delle industrie belliche, punto cardine della proposta LeU (La Sinistra), il governo M5S/Lega auspica, nel preambolo alla sua mozione, future “iniziative per favorire e supportare la riconversione in produzioni civili delle attività delle aziende attualmente interessate alla produzione di armi”. Ma, nella parte propositiva della mozione, il governo non impone nulla di concreto – come fa, invece, la mozione LeU (La Sinistra) che individua persino le fonti di finanziamento a cui attingere per le iniziative di riconversione.
In pratica, come si è già detto, la mozione governativa appare solo una mossa per poter affossare la mozione di Leu (La Sinistra). Nel contempo da, ai titolisti dei giornali e quindi all’opinione pubblica, l’impressione di aver posto fine alle esportazioni delle armi verso l’Arabia Saudita, grazie ai 262 voti compatti di M5S e Lega. (Non c’è stato nessun voto contrario ma ben 214 astensioni.)
Un’immensa presa in giro, allora?
Più o meno. Ma non del tutto. Perché siamo in Italia dove i cambiamenti avvengono lentamente, attraverso microscopici riposizionamenti successivi.
Guardiamo indietro di due anni soltanto, quando il PD era al governo e la Sinistra Italiana, all’opposizione, proponeva una mozione simile a quella di mercoledì scorso, per bloccare le esportazioni di armi verso l’Arabia Saudita.
Il 22 Settembre 2017, l’Osservatorio Diritti titolava così un suo servizio sulla seduta di quel giorno alla Camera dei Deputati: “Guerra Yemen: Camera non ferma vendita armi”.
Eccone le prime righe: “Rigettando la mozione presentata da Sinistra italiana – e accogliendo invece la mozione resa nota solo all’ultimo minuto dal PD – le forze di maggioranza alla Camera hanno sostanzialmente affermato che, in mancanza di un embargo internazionale, l’Italia può continuare a fornire bombe e altro materiale bellico alla coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita che da oltre 900 giorni sta bombardando – senza alcun mandato internazionale – lo Yemen, causando più della metà degli oltre 10 mila morti tra i civili e contribuendo alla catastrofe umanitaria che sta devastando il paese.”
Ciò che distingue la votazione alla Camera del 2017 con quella di mercoledì scorso, a parte il passaggio del PD dalla maggioranza all’opposizione, è il fatto che il governo di allora non sentiva affatto la necessità di pretendere di vietare l’esportazione di armi ai sauditi, come ha fatto mercoledì scorso il governo attuale. Nella mozione che ha presentato alla Camera, il governo di allora non ha nemmeno sfiorato l’argomento.
L’unico impegno che il governo di allora si è imposto, nel far approvare la sua mozione, è stato a livello internazionale: si è impegnato ad “adeguarsi alle prescrizioni o ai divieti” in materia di esportazioni che potrebbero essere adottati in futuro “nell’ambito delle Nazioni Unite o dell’Unione Europea.” In pratica, il governo ha promesso di rispettare le (eventuali) future normative internazionali. E ci mancherebbe altro!
Perciò, non c’è dubbio: qualcosa è effettivamente cambiato nei due anni intercorsi tra il 2017 e oggi, sia nello stile dei leader politici, sia nella percezione dell’opportunità o meno di vendere armi all’Arabia Saudita.
Infatti, il lavoro di sensibilizzazione dell’opinione pubblica riguardo agli orrori commessi dai sauditi in Yemen – lavoro portato avanti dagli organismi internazionali ma anche da tanti singoli pacifisti – ha cambiato il quadro di riferimento. Lo ha cambiato anche la crescente consapevolezza, nell’opinione pubblica, che dietro alla creazione e al finanziamento dell’ISIS e di altri gruppi terroristici nel mondo ci sono i sauditi, e che il regno saudita in realtà è uno stato poliziesco che utilizza le decapitazioni pubbliche e settimanali, con la spada, per intimidire il proprio popolo. Del resto, il leader del paese, il principe ereditario, è accusato di aver ordinato personalmente l’assassinio e lo smembramento di un giornalista saudita che aveva osato denunciare i suoi misfatti.
Pertanto, sebbene le commesse saudite siano molto appetitose, con l’aria che tira e con la mozione LeU (La Sinistra) all’ordine del giorno, il governo non aveva scelta: non poteva non “prendere posizione”, con un documento ufficiale, contro le esportazioni di armi al regno saudita, così da meritare i titoli giornalistici citati in apertura.
Ad ogni modo, per quanto ipocrita e ambivalente, l’atteggiamento del governo sulla vicenda della vendita delle armi al regno saudita non è totalmente inutile. Bene o male, la “presa di posizione” votata alla Camera potrebbe essere utilizzata dai ministri e sottosegretari – almeno i pentastellati – per frenare le “facili concessioni” di licenze per l’export di armi ai sauditi. Nei casi più eclatanti, cioè quelli che richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica, potrebbe effettivamente servire per bloccare un’esportazione importante. Anche un’esportazione voluta da una industria bellica trattata finora con riguardo, come la Rwm di Domusnovas (Sardegna), il maggiore produttore di bombe italiane destinate all’Arabia Saudita. Infatti, i dirigenti della Rwm – come nelle altre industrie belliche in Italia – cominciano a preoccuparsi.
Ecco, ad esempio, il titolo di Unione Sarda del 28 giugno: “Rwm, dopo la mozione alla Camera l’azienda è pronta a ridimensionare l’organico.” Attraverso l’articolo, l’Amministratore Delegato della Rwm manda un “avvertimento” al governo: a causa delle incertezze che provoca la mozione varata mercoledì scorso, d’ora in poi alla Rwm “tutti i rinnovi contrattuali saranno eccezionalmente di breve durata e l’ingresso di nuovi lavoratori verrà temporaneamente sospeso”.
In altre parole, l’azienda non licenzia ancora ma si prepara a farlo qualora venisse meno una commessa per via di una licenza d’esportazione non concessa. E in tal caso, sarà sull’autore della mozione governativa di mercoledì scorso, Pino Cabras, deputato M5S del Collegio di Domusnovas, che si riverserà tutta la rabbia degli operai sardi mandati a casa, i quali puniranno sicuramente lui e il suo partito alle prossime elezioni.
Questo “l’avvertimento” dell’Amministratore Delegato della Rwm, che non ha bisogno di altri commenti.
In conclusione, la mozione approvata mercoledì alla Camera non è affatto lo “stop all’esportazione di bombe” annunciato da gran parte della stampa mainstream. Ma è un passo in quella direzione. I vari attori nel teatrino politico del Bel Paese si sono riposizionati. Di colpo si stanno riposizionando anche gli attori sulla scena industriale, da Domusnovas a Brescia, da Colleferro a Ghedi.
Il braccio di ferro tra i due campi è solo agli inizi.