di Jean Georges Almendras
Bonomi in conferenza stampa ed alla Commissione di Sicurezza del Senato ha detto poco
Tracce o indizi del mafioso della ‘Ndrangheta Rocco Morabito, fuggito dal Carcere Centrale dell’Uruguay? Né tracce, né indizi. Ma solo una scia di dubbi, speculazioni ed alcune vaghe (vergognose), spiegazioni all’opinione pubblica (ed alla Commissione del Senato) da parte del Ministro dell’Interno Eduardo Bonomi, sulla cinematografica evasione del detenuto italiano e di altre tre persone la notte dello scorso 23 giugno. Spiegazioni che potrebbero apparire serie ma che in realtà sembrano uno sfacciato insulto all’intelligenza umana.
Spiegazioni che evidenziano un atteggiamento di negligenza per la carica che occupa. Spiegazioni ridicole davanti ad un fatto che dovrebbe indurlo alle dimissioni dalla sua carica ministeriale. Ma invece, come se volesse prendersi gioco di noi, le sue parole furono ironiche e sconcertanti, ben lontane dal senso di responsabilità di un Segretario di Stato, e molto consone all’irresponsabilità come figura politica di fronte ad un fatto di estrema gravità, non solo per le ripercussioni avute a livello nazionale ma anche a livello internazionale.
Forse per cercare di esorcizzare (in ambito Ministeriale) le sue parole, l’azione della polizia, in relazione alla fuga di Rocco Morabito, si è intensificata nelle ultime ore. Quasi in contemporanea al discorso senza senso del Ministro Bonomi, in conferenza stampa e dinnanzi alla Commissione Sicurezza e Convivenza del Senato dove era stato convocato, sono state eseguite delle operazioni di polizia che però non hanno avuto esito positivo, infatti Rocco Morabito è ancora latitante e si presume sia ormai fuori dal paese, forse in Brasile.
Sono state eseguite delle perquisizioni nel dipartimento di Maldonado alla ricerca del latitante o di tracce o contatti che possano fornire degli indizi che portino alla sua localizzazione. È stata perquisita anche, nelle prime ore di quella mattina, una pizzeria di Montevideo, nel quartiere Punta Carretas, nella zona di Solano Garcóa e Miñones, di proprietà di un cittadino russo.
Sembrerebbe che gli investigatori che stanno dando la caccia a Rocco Morabito siano in possesso di dati confidenziali che indicano che in questo posto avrebbe ricevuto appoggio logistico subito dopo la sua fuga. Nella perquisizione della pizzeria, che è stata inaugurata qualche mese prima dell’arresto di Morabito nel 2017, sono stati fermati e sono indagati, una donna russa e due uomini: uno russo ed uno italiano. Ma di Morabito nemmeno l’ombra. E a quanto pare non c’è neppure la più minima informazione sul legame tra il mafioso e le persone fermate nella pizzeria. Se si dovesse dimostrare che non c’è alcun legame tra Morabito e i detenuti, a breve saranno rimessi in libertà. Al momento di redigere questo articolo di Antimafia Dos Mil sembrerebbe che una delle persona fermate sia imputata di “favoreggiamento”.
Quindi, dopo circa venti giorni dalla fuga dal Carcere Centrale l’ubicazione di Morabito continua ad essere un mistero. Da ricordare che le altre tre persone fuggite insieme a lui sono state catturate: uno nel dipartimento di Salto (il 26 giugno), e gli altri due nel dipartimento di Lavalleja (il 4 luglio).
Ma non è più un mistero la spiegazione che il Ministro dell’Interno Eduardo Bonomi ha dato alla società uruguaiana sull’evasione. Nel corso di una conferenza stampa il Ministro Bonomi (a suo tempo membro del MLN Tupamaros), ha detto che la modalità ed il momento in cui Morabito e i due giovani che lo accompagnavano attuarono la fuga dall’edificio del Carcere Centrale, per raggiungere l’abitazione del 5º piano dell’edificio limitrofo all’immobile che ospita la Questura di Montevideo, e infine la via San José non sono ancora chiare. In un altro momento ha dichiarato che si presume che la fuga sia dovuta a negligenza, che potrebbe esserci la complicità di alcuni funzionari, e che le indagini sono in mano alla Procura. Ha aggiunto che Morabito dopo la sua cattura a settembre fu portato in un settore del Penal de Libertad per scontare la pena per il reato commesso in l’Uruguay, (possesso di documenti falsi) e successivamente fu portato al Carcere Centrale, in detenzione amministrativa in attesa di estradizione.
Bonomi ha raccontato che Morabito “aveva chiesto il trasferimento alla Guardia Repubblicana, il che implicava che sarebbe stato vicino a González Valencia (narcotrafficante), anche lui in attesa di estradizione. E abbiamo detto no. Non possiamo dire di avere fatto un errore. Se lo avesse chiesto una terza volta, per la terza avremo detto no”. Il Ministro ha aggiunto che era “parzialmente corretto” che nel 2018 ci fu un rapporto dettagliato su un tentativo di fuga. “Ovviamente noi ne eravamo al corrente e abbiamo preso dei provvedimenti per evitarlo, e così è stato”. Ha dichiarato anche che “nelle ore precedenti alla fuga non erano state rimosse le videocamere ma il dispositivo dove vengono registrate le immagini per disposizione della Procura, a seguito di una denuncia dal carcere stesso su un presunto caso interno di corruzione”. Riferendo che si sta indagando al riguardo.
Concretamente, Bonomi ha dato uno scarso contributo al giornalismo, vale a dire all’opinione pubblica, e ha confermato che sono in corso una serie di indagini per determinare le responsabilità.
Praticamente negli stessi termini si è rivolto ai membri della Commissione di Sicurezza e Convivenza del Senato. Alludendo addirittura che si verificano fughe in tutti i posti, paragonando la fuga del mafioso Morabito, con la fuga di cui furono protagonisti nel 1972, 15 membri del MLN, dal Carcere di Punta Carretas, che oggi non esiste più sottolineando che in quell’occasione non ci furono responsabilità politiche, come neanche in questo caso.
Ha segnalato che “se non si prende in considerazione la lotta alla corruzione in ogni modo possibile, non si può evitare (la fuga)“. Ha enfatizzato che bisogna individuare le responsabilità concrete, non politiche, fornendo la lista completa dei funzionari sotto indagine. A questo proposito, il Vice Direttore dell’Istituto Nazionale di Riabilitazione è stato allontanato dal suo incarico con la decurtazione di metà stipendio; come anche la direttrice del Carcere Centrale. Entrambe le autorità, come altre del Comando de la Unidad, e anche il personale subalterno, sono sotto indagine istruttoria. Il Direttore dell’Istituto Nazionale di Riabilitazione, INR (costretto a dimettersi 48 ore dopo l’evasione) è stato sostituito da una persona di estrema fiducia del Ministro Bonomi, la signora Ana Juanche, militante nel Movimento di Participación Popular (MPP), lo stesso al quale appartiene il ministro dell’Interno.
Ai parlamentari della Commissione, convocati dal legislatore del Partito Nazionale Javier García, il Ministro ha anche riferito che era previsto il trasferimento di Rocco Morabito nella prima unità della Prigione di Punta Rieles il giorno dopo l’evasione. Ha aggiunto che il trasferimento (che doveva avvenire alcuni giorni prima) non era potuto essere effettuato a causa di difficoltà legali. Ha insistito anche sul fatto che non sono ancora chiare le modalità con cui è avvenuta l’evasione e che nel settore dove si trovano i detenuti vige la modalità di porte aperte, poiché le celle non hanno chiave e i detenuti convivono in uno spazio chiuso, considerato un dormitorio.
Dopo le vaghe e diplomatiche spiegazioni del Ministro dell’Interno, non mancano gli interrogativi. Soprattutto per il tenore e la maniera di “dare spiegazioni” al giornalismo (vale a dire alla società uruguaiana e del mondo, alle autorità italiane, argentine e brasiliane), oltre che ai parlamentari della Commissione, che purtroppo denota una certa superficialità sull’accaduto. O ancora più grave: una certa ignoranza sulla gravità di ciò che significa la fuga di un individuo catturato in Uruguay, uno dei mafiosi della ‘Ndrangheta più ricercati negli ultimi 23 anni dalla giustizia italiana.
Spiegazioni non all’altezza del profilo criminale dell’individuo latitante; che non danno la misura dell’elevatissimo livello di corruzione esistente, all’interno del Ministero dell’Interno; che non tengono conto del livello di corruzione che possono raggiungere le mafie italiane del narcotraffico. Questo è un punto preoccupante che ci porta a chiederci: Qual’è il grado di capacità del Ministro Bonomi di combattere il narcotraffico regionale e mondiale, se quando ha dietro le sbarre un pezzo grosso come Morabito i vertici politici non impongono delle misure di estrema sicurezza consone a personaggi di tale calibro?
In un paese come l’Uruguay, considerato vitale per il traffico internazionale della cocaina destinata all’Europa, e dove negli ultimi anni sono stati effettuati importanti operazioni contro il narcotraffico (elogiate dal Ministero e dal ministro), può il Ministero dell’Interno permettersi di soccombere di fronte alle reti di corruzione in ambito di narcotraffico e poi considerare una simile evasione come un episodio banale, senza fare un mea colpa?
Siamo di fronte a ignoranza ed incapacità ministeriale che impedisce al nostro paese di affrontare i temi legati al narcotraffico con le condizioni di sicurezza richieste per questo tipo di personaggi del crimine organizzato? Com’è possibile che un Ministro paragoni la fuga di Morabito con quella di guerriglieri nel 1972? Come può non sentirsi la responsabilità politica, essendo Bonomi il Ministro politico dell’Esecutivo, non solo nella formalità dell’organigramma dello Stato, bensì nell’operatività che comporta il suo incarico anche per gli uomini sotto il suo comando?
Credo che quando il governo uruguaiano (oggi amministrato dal dottore Tabaré Vázquez, e dal Ministro Eduardo Bonomi, come Segretario di Stato) non dispose il trasferimento di Morabito in un penitenziario più sicuro e non ha immediatamente disposto un ferreo controllo della sua persona nel Carcere Centrale, sin da quando nel 2018 i servizi segreti del carcere scoprirono i piani di fuga, ci sono delle responsabilità che coinvolgono dall’ultima in servizio dentro la struttura, fino al Comando direttivo del Carcere e dell’Istituto Nazionale di Riabilitazione, vale a dire lo stesso Ministro dell’interno. Perché? Perché Bonomi è il capo operativo e politico della sicurezza interna. E questo il signore Ministro non lo può ignorare.
Per di più, quando allude alla fuga degli anni ’70, deve avere ben presente che in quegli anni il MLN mise in atto (all’interno della Prigione di Punta Carretas) una logistica molto bene pianificata, dove gli atti di corruzione erano inevitabili, così come erano inevitabili i contatti esterni a livello politico. Ci furono delle responsabilità funzionali, amministrative e politiche. E Bonomi deve tener presente che quando si verificò la maggiore evasione dal Carcere di Punta Carretas (oltre a quella da lui citata) i dirigenti della struttura (il militare Pascual Cirilo, per nominare la più alta carica) ne pagarono le conseguenze. Alcuni sottilmente ed altri più esplicitamente, ma le conseguenze le pagarono comunque, e furono conseguenze anche politiche. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un’epoca di repressione di cui Jorge Pacheco Areco fu il simbolo principale del terrorismo di Stato dei giorni che precedettero la nefasta dittatura instaurata nel paese il 27 giugno del 1973. Paragonare (o giustificare?) la fuga di un mafioso italiano del 2019, con quella di guerriglieri del MLN in tempi dove regnava la repressione, non mi sembra la cosa più giusta, né la più adatta, per rispetto alla guerriglia stessa e per rispetto alle sue idee politiche, ed alla società uruguaiana.
Che un ex guerrigliero tupamaro opti per delle spiegazioni così fuori dal contesto, e mediocri per eccellenza, è un insulto all’intelligenza umana. Il ministro Bonomi non deve dimenticare che siamo in democrazia. E non deve dimenticare neppure che è in gioco la questione del narcotraffico, non è per niente professionale onorare l’indifferenza e neanche sottovalutare il crimine organizzato o, in questo caso la Giustizia italiana. Il Ministro Bonomi assumersi la gestione di una realtà regionale preoccupante in materia dell’aumento del narcotraffico internazionale, che vede l’organizzazione mafiosa ‘Ndrangheta come principale protagonista, di un crimine organizzato che si sta radicando pericolosamente in Uruguay, Argentina e Brasile.
È chiaro che se un individuo dal profilo di Rocco Morabito è stato latitante per circa 20 anni e condannato in contumacia a 30 anni di prigione, non credo che stiamo parlando di un ladro di galline.
E se ciò non bastasse, lo stesso Presidente della Repubblica Tabaré Vázquez, ha difeso il Ministro Bonomi ironicamente quando si chiedevano le dimissioni proprio dello stesso Bonomi. Tabaré Vázquez aveva commentato che non era serio parlare di dimissioni del Ministro.
Non sarà il contrario? Non sarà che a non essere seria è la visione che ha il Ministro del suo gabinetto sui narcotrafficanti della ‘Ndrangheta. Non sarà che al primo segnale del piano di fuga (di cui furono informati i superiori tramite la direttrice del carcere, Mary González) Bonomi avrebbe dovuto agire immediatamente e personalmente provvedendo al trasferimento immediato per neutralizzare l’evasione, senza perdere tempo?
Sembra che questa sarebbe stata la scelta più giusta e coerente di Bonomi ma che non ha attuato. Perché non lo ha fatto? Perché? Troveremo le risposte un giorno?
Rocco Morabito è ancora latitante e le spiegazioni che ha fornito il Ministro dell’Interno dell’Uruguay Eduardo Bonomi sono insufficienti. O peggio ancora: sono spudoratamente offensive ed inconcludenti. E rispecchiano il suo totale disinteresse verso temi che rientrano pienamente nelle sue responsabilità come Ministro di Stato.
Spiegazioni che hanno dato una pessima immagine della Segreteria di Stato, a livello etico e di onestà, facendola crollare con la stessa celerità con la velocità con cui un mafioso della ‘Ndrangheta è arrivato in Via San José, nella notte del 23 giugno di questo 2019, rientrando ora nuovamente nell’elenco dei criminali più ricercati a livello mondiale.
In realtà, in segno di un po’ di rispetto verso il ruolo che occupa nel Governo, Eduardo Bonomi dovrebbe rassegnare le dimissioni.
Come minimo.
Come dimostrazione di onestà verso se stesso, verso la sua forza politica e verso la democrazia.
Una questione di etica. Giusto?
(11 luglio 2019)
17 Luglio 2019