Antonio Gramsci
31 agosto: Sant’Abbondio. Un nome che ormai è solo un personaggio, una figura tipica. Un personaggio che vivrà nell’arte eternamente perché ritrae un carattere eterno, quello degli uomini che non hanno carattere. «Don Abbondio non era un leone», dice il Manzoni, e siccome la mala sorte lo fece vivere in un tempo malvagio in cui i non leoni venivano divorati, e in cui la forza era l’unica ispiratrice della cosiddetta giustizia di questo mondo, cosí egli si fece prete, per essere lasciato in pace. Predicò il cristianesimo, ma per paura dei forti abbandonò alla loro sorte i miseri e mentre un suo gesto audace, quanto deve essere audace il compimento del dovere, avrebbe evitato il male, egli lasciò che il male si compiesse perché aveva paura della vendetta e temeva di perdere il suo cantuccino riposato e il suo bicchiere quotidiano di buon vino.
Sant’Abbondio, attraverso Manzoni, ha sostituito S. Pietro nella funzione di pietra angolare della chiesa. Potete immaginare Abbondio che recide un orecchio a chicchessia? Potete immaginare il «Momento» che sconfessa Saverio Fino o Pietro Gribaudi, pietre angolari della sua intellettualità, perché andati a riverire S. E. Filippo Meda e ad applaudire le sue parole di uomo che vuole andare a fondo nella vittoria? Sentite la strigliatina dell’«Osservatore Romano»?
È vero o non è vero che la rivoluzione italiana è stata disgraziatamente fatta tutta in odio alla religione cattolica, al suo capo, ai suoi ministri, alle sue istituzioni? E se ciò è vero, e se è vero che certi sistemi e certe massime fondamentali non sono state mutate e che il massonismo trionfa ancora in molte sfere, dobbiamo essere proprio noi, le vittime cinquantenarie di questi sistemi e di queste massime, a turibulare al vento inni di solidarietà e concioni di supine adesioni?
Non diciamo che le stesse parole sarebbero state usate dal cardinale Borromeo per i moderni Abbondi, né che la cultura storica dell’organo vaticanesco sia molto sopraffina. Ma è tuttavia vero che quelle domande i cattolici se le fanno e rispondono affermativamente, è vero che nelle prediche sono contrari allo Stato liberale e che dicono ingiusto e anticattolico tutto ciò che è sua specifica attività. Come è vero altresí che turibolano al vento inni di solidarietà e concioni di supine adesioni.
Come è vero che nel ’98 il ministero, di cui era parte Sonnino, scioglieva i circoli cattolici insieme a quelli socialisti e mandava a Finalborgo don Albertario insieme a Paolo Valera e a Filippo Turati.
Come è vero che oggi nel ministero, di cui è parte ancora Sonnino, troviamo Filippo Meda. Come è vero che Bissolati e Canepa e Bonomi sono stati scacciati dal Partito socialista che non dimentica le condanne del ’98, mentre il «Momento» non sconfessa Meda, Fino, Gribaudi, Mattei, Gentili, perché don Abbondio dimentica ogni singolo scapaccione per paura dei nuovi e perché vuole conservare il suo cantuccino tranquillo e la sua Perpetua che gli propina ogni sera il vinello confortatore.
31 agosto: Sant’Abbondio. Grande santo. Piú grande di S. Pietro e di S. Agostino e anche di Gesú Cristo. Grande santo che bisogna però mandare a tener compagnia a Ponzio Pilato, perché i poveretti ne hanno ricevute abbastanza per colpa sua, e non bisogna fidare piú nelle pesti provvidenziali per togliere di circolazione i don Rodrigo. Salde braccia bisogna preparare, e non eunuchi supinamente turibolanti.
(da: Sotto la Mole 1° settembre 1916)