Proviamo a risolvere il dubbio del titolo. Non parliamo di trilioni di dollari in ‘guerre stellari’ pronte a cancellarci, ma ci accontentiamo di piccoli fatti attraverso piccoli uomini. Ad esempio la Brexit arrabbiata dello scapigliato Boris Johnson, che prevedono loro stessi, porterà il Regno Unito al macello. Oppure il riporto più pericoloso del pianeta finito alla Casa Bianca, che vuole comprarsi la Groenlandia, un giorno dice per regalarla a Melania, il giorno dopo per una base militare artica anti Russia, che appare più credibile.
La virtù del dubbio
Proviamo a risolvere il dubbio posto nel titolo che l’attualità tende imperativo. Non parliamo dei trilioni di dollari in ‘guerre stellari’ pronte a cancellarci, ma ci accontentiamo di piccoli fatti attraverso piccoli uomini. Ad esempio la Brexit arrabbiata dello scapigliato Boris Johnson, che, prevedono loro stessi, porterà il Regno Unito al macello, ma si deve fare e si farà. Oppure il riporto più pericoloso del pianeta (il numero 2 è Netanyahu) finito alla Casa Bianca, che vuole comprarsi la Groenlandia, un giorno dice per regalarla a Melania, il giorno dopo per una base militare artica anti Russia, che appare più credibile. O forse per il ghiaccio, anche se per lui cambiamenti climatici e riscaldamento del pianeta non esistono.
Scemenza numero 1, Brexit
Londra cancella le leggi Ue, ma intanto prevede una “catastrofe”. Un dossier segreto rivela le preoccupazioni in vista dell’uscita di ottobre
1 novembre tutti santi il 2 tutti i morti
Boris Johnson procede forsennato come suo solito verso la Brexit, sebbene tra i parlamentari ci sia aria di rivolta e lo stesso governo preveda uno scenario da dopoguerra per il giorno dopo il 31 ottobre, data ‘intoccabile’ per l’uscita di Londra dall’Unione europea. Il governo britannico ha emesso un decreto che cancella dal prossimo 31 ottobre a tutte leggi dell’Ue in vigore nel paese. Provocazione da stadio senza costrutto. Via ‘l’European Communities Act di 46 anni fa’, (le leggi europee nel sistema normativo britannico), e poi?
Le ipotesi sui vari problemi che il Regno Unito dovrà affrontare in caso di un’uscita dalla Ue senza accordo sono parte del piano, nome in codice ‘Operation Yellowhammer’, letteralmente ‘martello giallo’, senso ulteriore intraducibile, salvo il quesito su cosa colpire con quel martello. Lo svela il Sunday Times, pubblicando un rapporto segreto del Cabinet Office, in cui viene messa a punto «la valutazione più completa sulla preparazione del Paese al no-deal».
Operation Yellowhammer
Il dossier prevede che l’85% dei camion che passano per il Canale della Manica “potrebbero non essere pronti” per la dogana francese, cosa che causerebbe forti disagi nei porti, che durerebbero fino a tre mesi. Il governo, inoltre, ritiene sia molto probabile un confine “duro” tra le due Irlande, in quanto gli attuali piani per evitare la fioritura di posti di blocco si dimostreranno insostenibili. La fornitura di medicinali potrebbe poi “essere suscettibile di gravi e lunghi ritardi”, che colpirebbe anche quella di generi alimentari e carburante. Insomma, un “collasso catastrofico nelle infrastrutture” del Paese.
Una fonte di Whitehall ha spiegato al Sunday Times che «non è un ‘Progetto Paura’», ma la previsione più realistica di ciò che la gente dovrà affrontare in caso di no deal. «Si tratta di scenari ragionevoli e basilari, non certo del peggiore dei casi». Con quasi 1/3 del cibo consumato in Gran Bretagna che arriva dai paesi dell’Unione Europea, «uno scenario preoccupante è giustificato», sostiene la nostra prudente Coldiretti.
‘Martello giallo’ su cosa?
Battutacce sulla gigantesca martellata che la Gran Bretagna si prepara ad darsi da sola, se il 31 ottobre uscirà dall’Unione Europea senza alcun accordo con Bruxelles. Scenario apocalittico, (cibo, medicine, carburante) da quasi guerra anche in casa (il delicato confine fra Irlanda del Nord britannica e Repubblica d’Irlanda improvvisamente chiuso), porti intasati e code di quasi tre giorni per l’85 per cento dei camion che devono attraversare la Manica, intasando completamente le autostrade dell’Inghilterra del sud e paralizzando l’intera regione. Il Regno Unito retrocesso “allo status di paese terzo”, ossia di livello commerciale inferiore. Lo dice il governo conservatore e ‘brexittaro’ di Boris Johnson, e dobbiamo crederci. Mentre la Banca d’Inghilterra prevede su una grave recessione, con un calo della sterlina ai livelli più bassi dal referendum sulla Brexit di tre anni fa. Ed ecco che le battute sul dove ‘Yellowhammer’ andrà a colpire si sprecano, e le urla di Boris non sono di gioia.
L’ineffabile Trump e la Groenlandia
Antipasto a Grande scemenza, uno stuzzichino di prepotenza per farci la bocca. I lavoratori di un impianto della Shell in Pennsylvania sono stati costretti a partecipare a un comizio di Donald Trump “senza protestare contro il presidente” se volevano ricevere la paga per quella giornata. Lo riporta il Pittsburgh Post-Gazette. «L’evento è per promuovere la buona volontà dei sindacati”. Buona volontà calata dall’alto insomma». L’impianto della Shell è un complesso da 6 miliardi di dollari per il cracking dell’etano per produrre etilene e dà lavoro a migliaia di persone. Dare, avere e idealità alte.
Ma stiamo alle cose serie.
Trump Polare (sempre meno popolare)
Trump ha confermato di voler comprare la Groenlandia. Ha detto che sarebbe «un grande affare immobiliare», ma al momento non è una priorità degli Stati Uniti
Negli scorsi giorni un articolo del Wall Street Journal, citando diverse persone ben informate dei fatti, aveva raccontato dell’intenzione del presidente Trump di acquistare per conto degli Stati Uniti la Groenlandia, la grande isola che fa parte della Danimarca. Articolo da quasi scherzo farragostano, salvo che domenica lo stesso Trump ha confermato le indiscrezioni, dicendo che sta davvero pensando a comprare la Groenlandia.
«Sostanzialmente è di proprietà della Danimarca», ha concesso, lui notoriamente debole in geografia. «Siamo ottimi alleati della Danimarca, proteggiamo la Danimarca come proteggiamo gran parte del mondo. È venuta fuori questa idea e ho detto “Certo che sarei interessato”. Strategicamente è interessante e saremmo interessati, ma ne dobbiamo parlare un po’. Non è una questione di primaria importanza, ve lo posso assicurare». Bontà sua.
Immobiliarista per sempre
«Sarebbe un grande affare immobiliare. Ci si possono fare molte cose. La Danimarca sta perdendo quasi 700 milioni di dollari all’anno per sostenerla. […] Strategicamente per gli Stati Uniti sarebbe molto bello, siamo un grande alleato della Danimarca, proteggiamo la Danimarca e aiutiamo la Danimarca e lo faremo». Trump ha anche detto che a settembre visiterà la Danimarca nel corso di un viaggio istituzionale in Europa, ma che non lo farà per discutere dell’acquisto della Groenlandia.
Attento agli orsi bianchi.
Elegante come si conviene, ma dura, la prima ministra danese Mette Frederiksen: «La Groenlandia non è in vendita. La Groenlandia non è danese. La Groenlandia appartiene alla Groenlandia. Spero vivamente che non sia un’idea seria». La Groenlandia, infatti, appartiene politicamente alla Danimarca ma si autogoverna con una grande autonomia per quanto riguarda le proprie risorse e lo sfruttamento delle proprie terre, in larga parte coperte dal ghiaccio. Va detto che la Groenlandia è sempre stata un presidio strategico della Nato, e qui Trump appare un po’ meno matto, anche se bugiardo come al solito. Sull’isola c’è la base militare americana più a nord, oltre 1.000 chilometri sopra al circolo polare artico: la Thule Air Base, parte del sistema di allerta antimissilistico statunitense e nella quale gli Stati Uniti hanno grandissima libertà di azione.
In assenza storia forza la geografia
La Groenlandia oggi, come fece Dwight Eisenhower nel 1959 con l’Alaska. Salvo i 50 anni di distanza e il diverso spessori dei due presidenti. Preoccupazione nello staff di Trump, secondo il Wall Street Journal, perché non si è capito quanto in là voglia spingersi davvero Trump con questo progetto (Kim, Iran, avanti e indietro, della guerra ai baci in bocca).
Va detto, a difesa dell’indifendibile americano, che non sarebbe la prima volta che gli Stati Uniti provano a comprare l’isola, certamente con un po’ più di eleganza, ma questo è l’attuale inquilino alla Casa Bianca. Storia: era già stata presentata un’offerta da 100 milioni di dollari nel 1946, e prima ancora, un tentativo nel 1867. In quelle occasioni, la Danimarca aveva rifiutato di vendere, e non ci sono indicazioni che l’orientamento del paese sia cambiato. Anzi.
Va aggiunto che i non molti abitanti Groenlandesi non sentono vocazioni americane ed anzi, si sentono abbastanza offesi dalla rozzezza stessa dell’offerta (la loro terra in regalo a Melania), considerando l’ultima proposta d’acquisto una autentica scemenza. Come da titolo.
19 Agosto 2019