di Angelo Ruggeri
21 agosto 1964 21 agosto 1919
In occasione dell’anniversario della morte di Palmiro Togliatti, una riflessione sul suo pensiero e temi da lui affrontati.
La solitudine dell’uomo moderno e”Il futuro dell’uomo”. Democrazia, religione, socialismo, “storicità assoluta” dell’analisi e Costituzione
SENZA ISTITUZIONI E PARTITI DI DEMOCRAZIA DI MASSA AVANZANO E VINCONO I MOVIMENTI REAZIONARI DI MASSA
La crisi valorizza l’attualità di Togliatti, di un pensiero che viene da lontano (dai tempi dell’Ordine Nuovo di Gramsci) e va lontano, verso “Il futuro dell’uomo”, verso il superamento della “solitudine dell’uomo moderno” nella “lotta per il socialismo che significa lotta per una maggiore democrazia”.
Sfidiamo a trovare in Italia e in Europa, un altro uomo e dirigente intellettuale e politico che già nel 1936 e in quegli anni bui (e potremmo dire in questi anni bui di c.d. seconda Repubblica post-democratica), abbia scritto ( o anche solo pensato) quanto in sintesi rivela il rapporto che Togliatti scrive al Comintern sulla Spagna repubblicana e il pericolo ch’egli vede nella fragilità della vita democratica. Infatti, appena giunto in Spagna, Togliatti vede che il pericolo per la Repubblica viene dalla fragilità delle democrazia: “La cosa che più salta agli occhi e l’assenza di quelle forme democratiche che permettono alle vaste masse di partecipare alla vita politica del Paese … i consigli municipali sono stati formati dall’alto dai governatori … i comitati del fronte popolare … e i consigli di fabbrica … non sono eletti dalle masse … nei sindacati c’è pochissima democrazia … i partiti politici fanno un’attività politica molto debole fra i loro iscritti. La vita politica del paese si svolge al di fuori del controllo delle masse. Le questioni politiche sono decise in sedute, discussioni, macchinazioni, nella lotta tra i differenti “comitati” dei partiti e dei sindacati” (Dal rapporto di Togliatti al Comintern, sulla situazione che trova in Spagna).
Quando venne a conoscenza di tal rapporto padre, Pirola osservò: “Togliatti è addirittura profetico: altro che missus dominicus. Appena giunto in Spagna, annota e informa Mosca, che “la vita politica del paese si svolge fuori dal controllo delle masse..”; “masse di berlingueriana memoria” in riferimento alle quali Pirola aggiungeva – in sintonia con l’attualità di Togliatti: “non è proprio questo il motivo per cui la sinistra ha perso e perde le elezioni? Proprio per “il dirigere dall’alto’ anziché attivare le masse facendo leva e coinvolgendole nella soluzione dei problemi nazionali che toccano puntualmente la loro vita quotidiana sul loro territorio e nei luoghi di lavoro e di studio”.
Il rapporto tra democrazia e socialismo
Oltre che “profetico”, quel “Rapporto” ci pare una sintesi più chiara e PIU INDICATIVA DI QUALSASI AFFERMAZIONE PURAMENTE TEORICA – tanto più indicativa perché svolta in una sede non fatta per la pubblicità come il Comintern – della riflessione che Togliatti è venuto compiendo sulla democrazia, sulle cause della debolezza del fronte popolare spagnolo e dei motivi di fonde della vittoria del fascismo e della sconfitta che anche in Italia (e in Germania) tanti anni prima vi era stata “a causa dell’assenza di forme democratiche che permettano alle vaste masse popolari di partecipare alla vita del paese e della politica” .
LA DEMOCRAZIA ha da essere per Togliatti “L’ESISTENZA DI ISTITUZIONI EFFETTIVAMENTE RAPPRESENTATIVE E DI PARTECIPAZIONE DI MASSA, ATTRAVERSO UN ARTICOLATO TESSUTO ORGANIZZATIVO DELLA SOCIETA CIVILE, ATTRAVERSO FORMA ORGANIZZATE DAL BASSO DELLA SOCIETA, I PARTITI, I SINDACATI, E MOVIMENTI DEMOCRATICI DI MASSA (una società civile gramscianamente concepita e organizzata) .
“Profetico”, rispetto alla sconfitta della Repubblica spagnola per fragilità della democrazia; anticipatore di quelle che saranno le fondamenta della Repubblica e della Costituzione democratica italiana. La Repubblica democratica fondata su quelli che Togliatti ha pensato come “forme” determinanti: i partiti e i movimenti democratici di massa come forma di organizzazione delle democrazia; il patto antifascista – anche dopo la sua rottura – inteso come fondamentale anche in base alla peculiare analisi togliattiana del fascismo e della società italiana che per la maggior parte, storicamente, nel fondo e profondo risulta “reazionaria” (come oggi forse si accorge anche chi non sa ho ha dimenticato le analisi di Togliatti); il patto costituzionale per una democrazia sociale tra le componenti socialiste e cattolico sociali.
E, in certo senso, vedendo noi con i suoi occhi, profetico e anticipatore della causa della degenerazione dell’URSS e della sua “caduta” – postuma rivincita di quanto Togliatti scrisse nel suo testamento politico, il Memoriale di Yalta – ma anche profetico e anticipatore dei motivi della caduta” di partiti, che come il PCI (dopo la morte di Berlinguer e la defenestrazione di Natta), abbandonando i principi e i valori della Costituzione, non hanno più saputo essere “i democratici più conseguenti” della democrazia della Repubblica (ed anzi si affannano a riaffermare valori contrastanti con quelli della Resistenza antifascista fondamento della nascita della democrazia). Si che nel loro trapasso dall’utopia al nulla, sono diventati “post-anti-comunisti” fautori di una “post-democrazia”, pervenendo alla loro ormai cronica defaillance che come la stessa “crisi del sovietismo” si può spiegare, volendo, con quanto Togliatti disse già nell’esilio di Mosca:
“Se noi un giorno torneremo nei nostri paesi – una vera e propria consegna per i comunisti italiani ma anche del mondo – bisognerà fin dall’inizio avere la consapevolezza di una cosa: lotta per il socialismo significa lotta per una maggiore democrazia: SE NOI COMUNISTI NON SAREMO I DEMOCRATICI PIU CONSEGUENTI, SAREMO SUPERATI DALLA STORIA”.
Il tema del rapporto tra democrazia e socialismo ha una ampiezza pari a quella della vita di Togliatti e costituisce, ovviamente, il centro della riflessione e dell’azione sua e del PCI cosi come del pensiero e dell’opera di ogni altro eminente teorico e politico rivoluzionario. S’intende bene dunque che l’opera che inizierà a Salerno dove sbarca in Italia dall’esilio cosi come le sue idee animatrici del rinnovamento costituzionale non rappresentano – ne sarebbe in alcun modo possibile – una illuminazione improvvisa. Le ben note differenze che distaccano subito – a partire da quel 1944 – i comunisti italiani da quelli altri paesi, faranno dei comunisti i protagonisti della storia d’Italia sino, addirittura, al rovesciamento – unico caso in Europa – dei rapporti di forza ed elettorali interni al movimento d’ispirazione socialista, rispetto al Partito socialista e a favore dei comunisti e del PCI
Maieutica marxiana e religione, comunisti e cattolici
Risalente ai tempi delle formazione dei giovani del gruppo dell’Ordine Nuovo e consolidato dalle sue esperienze, Togliatti lavorando profondamente sui “Quaderni” del carcere di Gramsci, perviene non solo a confermare l’asse della sua azione culturale, sul rapporto tra democrazia e socialismo, sulla necessità che tutti noi ci si attenga alla storicità assoluta dell’analisi e la sua attitudine a una analisi differenziata, ma ridicolizzando la tesi che fosse solo “il più grande tattico”, Togliatti fissa criteri di metodo e punti di teoria all’interno dell’elaborazione marxiana. Sottolineando che neppure la struttura economica è un dato fisso, isolabile: “storicità assoluta” vuol dire infatti capacità di penetrare tutto quello che di storicamente nuovo si esercita nel campo della base economica della struttura sempre intrecciato e inseparabile dalle sovrastrutture (Stato e istituzioni di ogni genere).
Senza abbandonare i fondamenti della dottrina che ha alimentato la sua formazione culturale, come Gramsci e come Marx stesso (che appunto diceva di non essere marxista e le cui opere sono sempre tutte una “Critica di…” quindi non ortodossia ma ortoprassia) Togliatti non considera il marxismo come una ortodossia, ed usa significativamente il termine di maieutica, per indicare quella marxiana come la assolutamente migliore ed unica “teoria” che aiuta cioè a far emergere appunto una analisi corretta, concreta della realtà.
Si che con tale approccio antidogmatico dello “storicismo” togliattiano (diverso, come anche quello di Gramsci, dal tradizionale storicismo “italico”), ad es., sul tema generale del rapporto tra MARXISMO E RELIGIONE e dei comunisti con i cattolici, legato dapprima al tema della difesa della pace e poi a molto di più, allo stesso destino dell’uomo e dell’umanità, Togliatti prese posizioni che restano sempre ed ancora oggi di grande attualità critica non solo nell’area teorica del marxismo, ma in generale nella pratica del movimento operaio internazionale.
LA CRITICA che egli conduce AL MODO TRADIZIONALE CON CUI I MARXIANI HANNO AFFRONTATO LA QUESTIONE RELIGIOSA E’ UNA CRITICA ESTREMAMENTE PERTINENTE E COERENTE CON GLI IDEALI ORDINOVISTI che ritroviamo più esplicita nel famoso discorso di Bergamo titolato “Il destino dell’uomo”.
Dove il tema era “LA DENUNCIA DELLA SOLITUDINE DELL’UOMO MODERNO”, della lotta contro una “artificiale uniformità”, per l’affermazione della “libertà di scelta e di sviluppo” al fine di realizzare compiutamente la personalità di ciascun individuo. E’ l’immagine del socialismo che Togliatti prospettava come “sviluppo estremo della democrazia”, per superare tale solitudine dell’uomo nella moderna società capitalistica.
Nella terra di Papa Giovanni XXIII e in dialogo con la sua enciclica “Pacem in Terris”, Togliatti pensa alla necessità e al come superare la “solitudine dell’uomo moderno, che anche quando può disporre di tutti i beni della terra pure non riesce più a comunicare con gli altri uomini, si sente chiuso in un carcere dal quale non può uscire”, ed è una idea e immagine ben lontana ed opposta a quella del c.d. “socialismo reale”.
Togliatti si richiamava alla grande utopia marxiana della società comunista, come di “una società nella quale l’uomo non è più solo, e l’umanità diventa davvero una unità vivente, tramite lo sviluppo molteplice delle persone di tutti gli uomini, la loro continua partecipazione a una opera comune”: per i fini di emancipazione e liberazione dell’uomo dalla schiavitù del bisogno e di liberazione dallo sfruttamento capitalistico dell’uomo, della natura, della società, della salute, dell’ambiente e di ogni cosa per esclusivi fini antisociali e di profitto.
Una immagine, quella della società comunista di Togliatti, che viene da lontano e va lontano, che dai tempi dell’Ordine Nuovo si proietta nella storia – e che storicamente e inevitabilmente l’uomo e gli uomini continueranno a viverla e a perseguirla – e che era poi quella che aveva affascinato tanti cattolici, unitamente a quella delle idealità universalistiche e di rigenerazione sociale quali apparivano nell’internazionalismo del PCI nella Resistenza e di fronte alla tragedia spaventosa determinata dall’approdo dei nazionalismi al fascismo e al nazismo evocati entrambi dalle classi borghesi e capitaliste economicamente dominanti.