Mezzo milione al mese, quindicimila al giorno. Così tra agosto e ottobre del 1942 nei campi di Belzec, Sobibor e Treblinka morirono un milione e mezzo di persone, un quarto delle vittime della Shoah. E’ il ritmo allucinante impresso all’Operazione Reinhardt da Himmler, per rendere più efficiente l’azione di sterminio condotta dagli Einsatzgruppen, squadroni della morte SS, che rastrellavano e uccidevano gli ebrei dietro le linee di guerra. Prima applicazione della abominevole metodologia “industriale” di sterminio nazista, inedita nella storia umana, l’Aktion Reinhardt avrebbe rallentano i suoi mostruosi ingranaggi nell’autunno del 42, quando in Polonia non c’erano praticamente più ebrei da uccidere. In tre mesi aveva deportato e ucciso un milione e mezzo di persone. La allucinante intensità delle uccisioni dell’Operazione Reinhardt nell’estate del ’42 è stata calcolata dal matematico Lewi Stone e, si legge sulle pagine di Science Advances, sarebbe superiore a quella del massacro in Ruanda, che nel 1994 in soli cento giorni fece circa un milione di morti.
L’ordine di Himmler
Ricostruire i dettagli dell’azione di sterminio nazista non è facile perché i tedeschi in ritirata distruggevano tutta la documentazione che potevano. Stone è partito dal lavoro dello storico Ytzak Arad, che ha ricostruito le tracce di 480 treni di deportazione da città, paesi e ghetti polacchi, incrociandole con le registrazioni superstiti dei ghetti e con altri dati disponibili.
Secondo la ricostruzione di Stone, immediatamente dopo l’ordine impartito da Himmler il 19 luglio del 1942 di liquidare la questione ebraica entro la fine dell’anno, il tasso di uccisione degli ebrei polacchi aumentò vertiginosamente. Dal 22 luglio l’andamento del grafico si impenna e mantiene lo stesso livello per tre mesi, fino a ottobre.
In totale, l’Operazione Reinhardt farà circa 1,7 milioni di morti, di cui 1 milione e 465 mila nei soli tre mesi di agosto, settembre e ottobre del 1942: quasi mezzo milione al mese, quindicimila al giorno. Principalmente, nei tre campi di Sobibor, Belzec e Treblinka, fulcro dell’Aktion Reinhardt, e 90 mila ad Auschwitz. Solo 300 mila, invece, i fucilati dagli Einsatzgruppen in quel periodo.
Operazione Reinhardt, lo sterminio pianificato
L’intensificarsi dell’Operazione Reinhardt fu anche conseguenza della limitata efficacia dell’azione delle milizie SS, che agivano dietro le linee di guerra e sterminavano gli ebrei fucilandoli sul posto. “Nell’area polacca del Governatorato Centrale, sotto controllo nazista, viveva una consistente parte degli ebrei d’Europa e l’uccisione ‘a mano armata’, per vari motivi [compresa la stabilità mentale degli esecutori, ndr], risultava inadeguata”, racconta lo storico Francesco Germinario. L’Operazione Reinhardt intendeva sbarazzarsi degli ebrei con metodi più organizzati, il che, osserva lo studioso, implicava sinergie statuali, una logica burocratica e meticolosa, una vera e propria politica di pianificazione dello sterminio, nonché la collaborazione di molti, funzionari e dirigenti delle ferrovie, tanto per iniziare. “Da tempo la storiografia ha smontato la teoria che sapessero solo in pochissimi”.
I nazisti e la storia
“Nell’estate del 1942”, va avanti Germinario, “era ormai diffusa fra le gerarchie naziste la certezza che la guerra all’Est sarebbe stata più lunga del previsto e che avrebbe logorato ancor di più la Germania”. Bisognava portare a compimento lo sterminio prima che fosse troppo tardi: “Il nazismo aveva una forte carica di radicalismo politico e quindi la vocazione ad accelerare quelli che potremmo definire i ‘ritmi della storia’. ”I nazisti, dice lo storico, “avevano consapevolezza che la lotta contro l’ebraismo avrebbe segnato la storia dell’umanità, per loro, ovviamente, in senso positivo”. Salvo poi, sconfitti, cercare di cancellare le tracce dei loro abomini, distruggendo tutta la documentazione che potevano, mentre avanzavano le truppe sovietiche e alleate. Era iniziato il negazionismo.
Fonte: Quantifying the Holocaust: Hyperintense kill rates during the Nazi genocide, Science Advances
Foto: Ryszard Kruk (1922-1943) [Public domain]