di MOWA
“Il sentimento che l’uomo sopporta più con maggior fatica è la pietà, soprattutto quando la merita. L’odio è un tonico, fa vivere, ispira vendetta; ma la pietà uccide, indebolisce ulteriormente la nostra debolezza.” (La pelle di zigrino di Honorè de Balzac)
Il nuovo Governo è alle porte ma rimangono in sospeso un sacco di questioni irrisolte che dovranno, prima o poi, trovare una soluzione. Esempio. Visto che è uscito, parzialmente, di scena l’ex ministro dell’Interno avremo mai risposta su come sia riuscito ad ingannare per diversi mesi (ma dovremmo dire: anni) le schiere di persone italiane che lo trovano affabile, disponibile, cordiale, aperto, espansivo e, persino, simpatico… insomma, “uno di loro”, quando, invece, è stato un cinico verso i deboli?
Risposte che rimarranno, probabilmente, nell’aria per diverso tempo se non si concluderanno le diverse inchieste giudiziarie (e giornalistiche) che pesano enormemente sulle spalle del Capitano leghista ma, ancor prima, sugli italiani che lo hanno venerato, osannato e che hanno dato credito alla parodia della frase “prima gli italiani”. Un enorme macigno che grava sulla testa del leghista se non chiarirà gli intrallazzi dei suoi “amici” (da Gianluca Savoini dell’associazione Lombardia-Russia a Roberto Fiore di Forza Nuova) che hanno intrapreso strade economiche verso paesi stranieri o, addirittura, verso paradisi fiscali. Perché l’arruffapopoli leghista si è ben guardato dal parlare ai suoi elettori degli intrecci societari e delle delocalizzazioni di aziende (verso paesi esteri) di molti imprenditori nella scia della destra sovranista. Queste bugie, tradotte, vogliono dire maggior penalizzazione dell’occupazione nel nostro Paese.
Un capopopolo, Matteo Salvini, tanto sincero per gli italiani che viene descritto in questo modo dall’ex vice-segretario della Regione Veneto il leghista, Flavio Tosi:
“Bossi era un istintivo. Salvini è più cinico come impostazione. Lui porta avanti battaglie perché sa che sono vincenti, ma non è detto che ne sia convinto. Sa che sono vincenti e quindi le cavalca. È uno che annusa l’aria – e ci indovina – poi cavalca l’onda del momento, anche dicendo il contrario di quello che pensa. È un cinico. Un calcolatore.” […]
“Quando divenne segretario – me lo ricordo perché c’ero anch’io… ero il segretario della Lega in Veneto, quindi uno dei massimi dirigenti – si fecero degli incontri sulla strategia. Lui ci disse: “I temi del futuro saranno l’immigrazione, la sicurezza e la battaglia contro l’Europa, e quindi noi dobbiamo portare avanti questi temi”. Ma non perché fossero i temi nei quali credeva. Solo perché pensava sarebbero stati di moda. La sua posizione fu quella: “cavalcare questa battaglia perché è vincente”. Non lo diceva perché convinto della battaglia contro l’Europa, ma perché conveniva.” […]
“Quando ero segretario della Liga veneta al Congresso lui organizzava le sue truppe per insultarmi, perché non ero secessionista. Io sono sempre stato federalista e contro la secessione, quindi all’epoca ero un eretico. Lui mandava avanti i suoi ad attaccarmi e insultarmi pubblicamente. Come traditore della Padania. Dopodiché ha fatto la piroetta ed è diventato nazionalista.” […]
“Se tra una settimana o tra un mese l’aria fosse diversa e convenisse cavalcare una battaglia diversa, direbbe esattamente il contrario, senza nessun problema. Salvini deve tutto a Bossi prima e a Maroni dopo, ma ha fatto fuori sia l’uno che l’altro. Per questo dico che è un cinico: ha emarginato Bossi, lo ha cancellato dalle gerarchie della Lega. E dopo esser stato tutta la vita con l’orecchino al lobo, ora indossa i giubbotti della polizia.” [1]
Si direbbe che il voltagabbanismo ed il cinismo siano per questo capitano regola fissa e a 360 gradi. Episodi che lo coinvolgono in prima persona e a sostegno di quanto detto dal suo collega di partito, Franco Tosi, sono tantissimi come nel caso della sua frequentazione del centro sociale Leoncavallo di Milano dove da una parte nel suo Secondo Matteo scrive:
“Io nello storico centro sociale milanese avevo messo piede solo una volta in vita mia. Per un concerto. Quando la politica ancora non mi interessava.” [2]
mentre, invece, nel settembre 1994, durante la seduta del Consiglio comunale di Palazzo Marino, dove era consigliere, affermava:
“Gli incidenti sono avvenuti per colpa di pochi violenti. […] Chi non ha mai frequentato un centro sociale? Io sì, dai sedici ai diciannove anni, mentre frequentavoil liceo. Il mio ritrovo era il Leoncavallo. Là stavo bene, mi ritrovavo in quelle idee, in quei bisogni.” [2]
Una storia politica di un capitano leghista fatta di sotterfugi ed inganni per cui hanno fatto le spese, prima gli elettori del suo partito, poi, purtroppo, una quantità infinita di ignari italiani che non hanno ancora trovato la forza di reagire alle sue ciniche “prodezze” e che lo vedono fantasticare di un complotto ai suoi danni pur di rimanere a galla e sottrarsi, invece, alle responsabilità dirette che lo vedono coinvolto, in prima persona, come nel caso della nave Diciotti.
Oltre a ciò si deve assistere, anche, ad una delle sue innumerevoli fughe che lo distinguono dalle persone serie e con carattere sobrio.
NOTE:
[1] I demoni di Salvini – I postnazisti e la Lega di Claudio Gatti ed. Chiarelettere, pag. 120-121
[2] Idem, pag. 77-78