E questi sarebbero i famosi sovranisti che dovrebbero combattere le multinazionali per il bene nazionale? “Ma mi faccia il piacere!” diceva il comico Totò.
MOWA
Un compenso da 2600 euro al mese dalla società Fnm e uno stipendio mensile pagato con i soldi pubblici del Pirellone per monitorare sulla correttezza della par condicio. Ecco tutti i compensi occulti di cui gode Gianluca Savoini. E spunta anche un bonifico da 70 mila euro dalla multinazionale Ernst&Young
Da quando il suo nome è finito nel registro degli indagati per il Russiagate italiano, all’interno della Lega tutti hanno iniziato a prendere le distanze da Gianluca Savoini. Eppure, proprio durante la trattativa del Metropole, in cui erano in ballo milioni di euro provenienti da Mosca, l’ex portavoce di Matteo Salvini ha incassato parecchi soldi pubblici.
Denari versati sul conto corrente di Savoini da una società controllata dal governatore lombardo Attilio Fontana, scelto proprio da Salvini per guidare la Regione Lombardia poco più di un anno fa. I documenti in possesso di Fanpage.it raccontano che, a partire da giugno del 2018, nello stesso periodo in cui stava iniziando a trattare con i russi il maxi finanziamento per la Lega svelato lo scorso febbraio da L’Espresso, Savoini ha iniziato a percepire un compenso mensile di 2.600 euro da Fnm spa, colosso dei trasporti pubblici lombardi quotato in Borsa e amministrato da un altro leghista storico: l’ex parlamentare e già vice presidente regionale, Andrea Gibelli. Ma non c’è solo questo.
Dalle carte si scopre che negli ultimi mesi Savoini ha potuto beneficiare di un’altra entrata rilevante: una consulenza da 71.400 euro pagata da Ernst & Young, multinazionale britannica della revisione contabile con quasi 250 mila dipendenti e sedi in tutto il mondo, dall’Italia alla Russia. Perché le competenze di Savoini, giornalista laureato in scienze politiche nel cui curriculum non compare nemmeno un’esperienza professionale da consulente di aziende del genere, sono state necessarie per Fnm ed Ernst & Young? Alle nostre domande sui motivi dei pagamenti, la multinazionale inglese si è limitata a farci sapere che la sua controllata, Global Shared Services Srl, “ha stipulato con il dott. Gianluca Savoini un contratto di collaborazione professionale relativo allo sviluppo commerciale di un software linguistico di traduzione automatica. Le attività previste dal contratto sono state ultimate nel corso dello scorso mese di marzo 2019 e pertanto lo stesso è cessato e il consulente è stato regolarmente pagato”. Insomma, Savoini ha guadagnato oltre 70 mila euro per aiutare a vendere, non si sa dove, un non meglio specificato programma informatico per le traduzioni linguistiche.
Silenzio totale, invece, da parte di Fnm. Il gruppo controllato da Regione Lombardia e Ministero delle Finanze italiano (attraverso Ferrovie dello Stato), che ogni anno percepisce milioni di euro in contributi pubblici, ha risposto così alle nostre undici domande: “Per prassi aziendale Fnm non fornisce informazioni e/o commenti sui propri rapporti contrattuali. Cordiali saluti”. Nel suo ultimo bilancio annuale, quello del 2018, il gruppo lombardo si limita a dichiarare di aver speso per le consulenze 2,6 milioni di euro, senza fornire dettagli sui nomi dei consulenti. Di certo le due misteriose consulenze offerte da Fnm ed Ernst & Young hanno permesso a Savoini di incassare oltre 100 mila euro in un anno. E non è tutto.
Un ufficio al Pirellone per Savoini
Quello di Fnm non è infatti l’unico pagamento ricevuto dall’ex portavoce di Salvini con i soldi dei cittadini lombardi. Come è noto, il leghista che fa avanti e indietro da Mosca è anche vice presidente del Corecom, l’autorità indipendente di Regione Lombardia che dovrebbe garantire il rispetto delle norme in materia di comunicazione e vigilare sulla libertà di informazione.
Una poltrona da 2.594 euro lorde al mese, che Savoini occupa ininterrottamente dal 2013 grazie ai voti dei consiglieri regionali leghisti.
Eppure, oggi nemmeno il capogruppo dei padani al Pirellone, Roberto Anelli, dice di ricordarsi di lui: “Personalmente io il dottor Savoini non lo conosco. Vi posso garantire che Savoini, quando era uscito tutto il cinema, io non sapevo neanche chi fosse”.
Savoini ha anche un ufficio al terzo piano del Pirellone, lo storico grattacielo milanese dove lavora Anelli. È quello da cui ha registrato decine di video in cui, almeno fino a qualche mese fa, narrava entusiasta i meriti di Vladimir Putin e di Matteo Salvini. Un ufficio pubblico usato per fare pubblicità alla sua associazione privata, Lombardia-Russia, ora finita nel mirino dei magistrati della procura di Milano che indagano sui rapporti finanziari tra pubblici ufficiali del Cremlino, Lega e questo storico militante padano da cui oggi tutti vogliono tenersi lontani. Lontani, sì, ma senza scaricarlo. Salvini finora ha sempre negato di essere a conoscenza della trattativa condotta da Savoini, ma non l’ha denunciato per aver cercato di ottenere finanziamenti esteri a favore della Lega. Né lo ha estromesso dal partito. Il documento che pubblichiamo qui sotto dimostra però che l’ex portavoce di Salvini anche quest’anno ha versato il suo obolo alla Lega, proprio come fanno a cadenza regolare parlamentari e politici vari del Carroccio: 400 euro bonificati il primo marzo 2019, a Russiagate già scoppiato.
Una memoria da extraterrestre
Se da un lato Savoini non si è dimenticato di dare il suo sostegno finanziario alla Lega, dall’altro si è scordato di rivelare un’informazione importante. Nella dichiarazione patrimoniale pubblicata come vice presidente del Corecom non ha infatti segnalato di essere, fin dal 2016, azionista in Russia di un’azienda chiamata Orion. Una società che dichiara di occuparsi di consulenza, di cui Savoini detiene il 33 per cento delle quote. Il restante 67 per cento è invece in mano a un altro leghista della prima ora, anche lui presente a Mosca nei giorni della trattativa dell’Hotel Metropol. E pure lui parecchio smemorato. Si tratta di Claudio D’Amico, nominato da Salvini in persona consigliere strategico per gli affari esteri di Palazzo Chigi, con uno stipendio pubblico di 65mila euro lordi all’anno. Essendo anche assessore nel comune di Sesto San Giovanni, D’Amico avrebbe dovuto dichiarare la proprietà della Orion già nel 2017. Ma non l’ha fatto. Se ne è ricordato soltanto due anni più tardi, quando ormai l’esistenza della società russa era stata svelata dai giornali. Una dimenticanza, l’ennesima, della coppia leghista al centro del Russiagate italiano.
13 settembre 2019