Le conseguenze del lavorare in età avanzata: la diminuzione delle capacità funzionali, la riduzione delle capacità fisiche e cognitive e i dati sull’invecchiamento della popolazione.
Milano, 4 Set – I dati mostrano come sia stato incessante, dagli anni ’60 ad oggi, l’ invecchiamento della popolazione nel nostro Paese. E come l’Italia sia diventato l’ottavo paese al mondo per aspettativa di vita (81 anni per gli uomini, 85,6 per le donne).
A ricordarcelo e a permetterci di fare alcune riflessioni anche sul tema dell’invecchiamento della forza lavoro, è un intervento al convegno “Lavoro e invecchiamento attivo dalla valutazione dei rischi all’ergonomia”, che, organizzato da varie associazioni in collaborazione con la Regione Lombardia, si è tenuto il 10 aprile 2019 a Milano.
L’invecchiamento e le richieste lavorative
Nell’intervento “Invecchiamento della popolazione lavorativa e salute”, a cura di Chiara Ardito (Dipartimento di Economia e Statistica «Cognetti deMartiis», Università di Torino Laboratorio Revelli, Centre for Employment Studies) si riportano molti dati, tratti anche dall’ Aging E-book, il Libro d’argento su invecchiamento e lavoro che abbiamo presentato nei mesi scorsi.
Si ricorda, ad esempio, che riguardo all’esposizione a rischi fisici nel corso della vita lavorativa (da 21 a 65 anni), le richieste lavorative generalmente non si riducono con l’età.
Riportiamo un grafico relativo alla percentuale di soggetti 60-65 anni esposti a fattori di rischio fisici sul lavoro per almeno metà del turno (Indagine EWCS 2010):
La relazione, che vi invitiamo a leggere integralmente riporta poi molti altri dati.
Ad esempio dati relativi a:
- partecipazione al lavoro tra gli over 55 dal 1960 al 2017
- tasso di occupazione 1995-2017, donne e uomini 55-64 anni
- confronto età di pensionamento nei paesi OCSE
- percentuale soggetti esposti a fattori di rischio fisici sul lavoro per almeno metà del turno per gruppi di età e genere
La salute e le capacità funzionali
Nella relazione si sottolinea poi che la salute e la capacità funzionale “diminuiscono con l’età”.
Infatti l’ invecchiamento “è associato ad una riduzione progressiva delle capacità fisiche e cognitive:
- “Capacità aerobica e cardiovascolare diminuiscono (perdita del 40% dai 30 ai 65)
- Forza e resistenza muscolare diminuiscono (perdita del 15-50% dai 20 ai 60)
- Aumento dei tempi di reazione e di apprendimento
- Memoria recente diminuisce, maggiori difficoltà di adattamento al cambiamento”
Riportiamo anche una tabella con la percentuale dei soggetti 62-67 anni, attualmente o precedentemente occupati, affetti da morbosità cronica (Indagine multiscopo sulla salute ISTAT -2013):
Lavorare in età avanzata: le conseguenze
La relazione si sofferma poi sulle possibili conseguenze del lavorare in età avanzata.
Si indica, ad esempio, che un aspetto preoccupante è che “l’innalzamento dell’età pensionabile possa forzare i soggetti con bassa capacità lavorativa a continuare a lavorare, soprattutto se in occupazioni caratterizzate da condizioni di lavoro sfavorevoli, con effetti negativi sulla salute”.
Una revisione sistematica dei risultati di 22 studi epidemiologici “ha concluso che c’è una forte evidenza che il pensionamento abbia un effetto benefico sulla salute mentale , ma che i risultati sono contraddittori per la salute fisica (van der HeideHeideet al. 2013)”
E diversi studi “hanno trovato un effetto negativo sulla salute fisica e mentale del continuare a lavorare, ma solo tra soggetti esposti a condizioni di lavoro sfavorevoli (alta EffortEffort-Reward Imbalance ) Westerlund et al. 2010; Matthews 2014; Kalousova & Mendes de Leon 2015 ) (occupazioni manuali) (Ardito et al. 2016; Currino et al. 2018; Belloni et al. 2016)”.
L’intervento si sofferma in particolare sullo studio “To work or not to work? The effect of higher pension age on cardiovascular health”, che esplora i possibili effetti sulla salute delle riforme che hanno innalzato i requisiti per il pensionamento ed esteso la vita lavorativa.
Secondo questo studio un ritardo di un anno nella pensione può aumentare l’incidenza di ospedalizzazione per malattie cardiovascolari (CVD). E i pensionati che, durante la loro carriera erano impiegati nel settore secondario e nelle occupazioni manuali, sono i gruppi che pagano il prezzo più alto per rimanere più a lungo al lavoro.
Veniamo, infine, alle conclusioni della relatrice.
La relazione sottolinea che
- “circa il 25 -35% dei soggetti over 60 è affetto da patologie croniche o limitazioni funzionali che possono ridurre in modo sostanziale la loro capacità lavorativa;
- la permanenza dei soggetti anziani al lavoro, soprattutto se con problemi di salute o in condizioni di lavoro svantaggiate può avere effetti negativi sulla salute e necessita di adattamenti delle richieste lavorative, soprattutto fisiche ma anche organizzative (es. ritmi, pause, orari, turni);
- ciò è ottenibile o per mezzo di interventi sull’ambiente e le condizioni di lavoro o mediante trasferimento ad altre mansioni/occupazioni;
- per migliorare la capacità lavorativa e l’occupabilità dei lavoratori è importante il ruolo della promozione e prevenzione della salute (anche sul lavoro) a tutte le età”.