Il Tribunale Supremo Federale di Brasilia apre alla possibile scarcerazione di Lula, ma la sua difesa e suoi sostenitori nel Paese teme il colpo di mano di Bolsonaro e magistratura arruolata.
Se Lula tornasse libero in Brasile
Inattesa vittoria giudiziaria e segnale di speranza dell’ex presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, che sconta la sua condanna in carcere a Curitiba, davanti al Tribunale Supremo Federale di Brasilia. Con sei voti a favore contro tre, la Corte suprema stanotte ha ammesso la possibilità che la sentenza di condanna a suo carico per lo scandalo Lava Jato sia annullata. Uno schiaffo sonoro per l’ex giudice e attuale ministro della Giustizia di Jair Bolsonaro, Sergio Moro, che secondo la Corte ha violato il diritto della difesa in decine di sentenze. Nel recente passato Moro era stato al centro delle rivelazioni del sito di giornalismo investigativo ‘The Intercept’ che aveva reso pubbliche conversazioni tra lui giudice ‘terzo’ e gli accusatori della procura per arrivare ad una condanna ed estromettere Lula dalla corsa alle presidenziali, candidato largamente vincente rispetto ad un Bolsonaro improponibile e perdente.
Le reazioni di Bolsonaro adesso
Bolsonaro che mente al mondo sull’Amazzonia all’Assembrea Onu, può decidere di fare qualsiasi cosa per difendere il suo potere personale, avverte Claudio Madricardo, analista di America Latina, dall’Huffington Post. La decisione del tribunale più alto del Paese ha solo poche ore, troppo presto per capire come concretamente sarà applicata, e quali le eventuali possibili reazioni legali contro, salvo poi la violenza e le manipolazioni modello Sergio Moro. Con la sua sentenza, il tribunale ha ristabilito il principio che in un giudizio l’ultima parola spetta alla difesa. Una prassi che Sergio Moro non ha rispettato pregiudicando un diritto di Lula per una sporca e coordinata operazione politica e di potere. Ora a rischio è lo stesso ex magistrato, premiato da Bolsonaro a Ministro della giustizia (utile).
Le piazze dei pro e dei contro
Il dibattimento di Brasilia era iniziato mercoledì con i sostenitori di Sergio Moro che sfilavano per le vie della capitale a chiedere l’impeachment di alcuni membri dello stesso tribunale. Mentre giovedì sono stati i militanti del Partito dei lavoratori, a manifestare davanti all’edificio a sostenere l’innocenza di Lula. Ora, con l’esito dell’alta Corte brasiliana, Sergio Moro subisce la più grave sconfitta che abbia mai patito dal 2014, quando iniziò il processo contro lo scandalo in cui è stato coinvolto l’ex presidente. Prudenza intanto da parte di esponenti politico vicino al partito di Lula che mettono in guardia (e temono) qualche possibile colpo di mano dell’ultimo momento per far sì che la sentenza non abbia valore retroattivo (ad esempio), il che lo escluderebbe dal godimento del beneficio, impedendo a Lula di uscire dal carcere.
Giudici contro, Garzon anti Moro
A sostenere a dare supporto all’innocenza di Lula è venuto in soccorso l’ex giudice spagnolo Baltasar Garzón che gli ha fatto visita ieri in carcere a Curitiba, e che ha definito l’ex presidente brasiliano un ‘prigioniero politico’, dal momento che quello di Lava Jato (la tangentopoli brasiliana) «è un processo pieno di mezze verità», e l’ex presidente «vittima di una persecuzione che deve cessare quanto prima (…) la causa è viziata dall’intenzione di escluderlo dalle elezioni nelle quali era favorito, e questo è chiaro che ha beneficiato il suo avversario». Per Lula, che sempre si è dichiarato innocente e fiducioso che prima o poi ciò sarebbe emerso, la sentenza di ieri è un passo avanti sulla strada accidentata alla cui fine c’è la sua libertà personale e, soprattutto, il riottenimento del suo onore politico.
27 Settembre 2019