La resa per presidente in diretta televisiva. Lenín Moreno, nome beffa per il dopo ‘Correismo’ (la svolta politica di Rafael Correa), la quasi rivoluzione che per dieci anni aveva cambiato le condizioni della parte più povera della popolazione.
Ecuador, i popoli indigeni contro
Le proteste contro la riforma ultraliberista sulla pelle della popolazione più debole erano cominciate il 3 ottobre dopo che il governo aveva approvato una serie di misure di austerità concordati con il Fondo Monetario Internazionale. Vecchia storia nella partita ‘dare-avere’ degli aiuti internazionali, -un credito di oltre 4 miliardi di dollari per risollevare l’economia del paese- ma è il governo locale che decide chi e come dovrà pagare il conto più salato. E qui, Lenin solo di nome, si scopre. La misura più contestata per chi campa arrangiandosi, la rimozione dei sussidi per il carburante, in vigore dagli anni Settanta. A causa delle proteste, quasi vera e propria guerriglia, risultano ufficialmente morte almeno sette persone, ma i conto non tornano. Il governo Moreno, prima aveva dichiarato lo stato d’emergenza, poi imposto un coprifuoco, infine aveva spostato il governo da Quito alla città costiera di Guayaquil.
La paura fa novanta, epilogo Moreno
Ora la resa in diretta tv. Moreno, ha annunciato ‘di aver deciso’ di annullare il decreto esecutivo 883, con l’eliminazione dei sussidi, come chiesto dalla Confederazione delle nazionalità indigene dell’Ecuador (la Conaie). Secondo il quotidiano statale El Telegrafo, sarà una commissione di rappresentanti del governo e dei gruppi sociali per concordare interventi di politica economica in presenza di ONU, Governo, Organizzazioni indigene e CEE (Conferenza Episcopale Indigena). «Con questo accordo le mobilitazioni in tutto l’Ecuador sono terminate e insieme ci impegniamo a ripristinare la pace nel Paese: così recita il comunicato congiunto finale della presidenza e dei leader della protesta indigena, una volta raggiunto l’accordo». Infine l’annuncio in diretta tv alla nazione.
Il tweet della resa
@Lenin – Por la paz y el futuro de nuestro país hemos decidido mantener el toque de queda en Quito hasta próximo aviso; además, revisaremos el Decreto 883 conforme al pedido de organizaciones indígenas y sectores sociales para asegurar que los recursos lleguen al campo. #LaPazSeRecupera
Popoli indigeni, ma gli altri problemi?
Corollario all’accordo, poco pubblicizzato, 1) le dimissioni dei due ministri Jarrín (Ministro della Difesa) e María Paula Romo (Ministro degli Interni), 2) libertà per tutti i detenuti, 3) libertà di protesta come da Costituzione. Di fatto, valutazione di parte sindacale, la “indigenizzazione” della protesta ha ridimensionato altre questioni del mondo del lavoro. Nel tavolo di pace non si sono affrontati problemi che hanno provocato un aumento della precarizzazione lavorativa, i licenziamenti di massa (oltre 220.000 negli ultimi 2 anni), i processi di esternalizzazione e la riduzione dei salari con maggior livello di sfruttamento. La rivolta ecuadoregna stabilisce un pausa, ma il disagio sociale resta alle stelle, pronto ad esplodere in qualsiasi momento rispetto ad governo scredito a debole.
Troppo ancora da chiarire
I dodici giorni di vera e propria guerriglia in cui si è visto il peggio di un sistema di potere. Ad esempio l’accusa a Moreno di aver usato le ambulanze per trasportare armi antisommossa, denuncia Amauri Chamorro, analista e consulente internazionale di formazione marxista, intervistato da Geraldina Colotti su l’AntiDiplomatico. Da Chamorro, accuse molto pesanti. A proteggere Moreno ci sarebbero militari comandati direttamente dagli USA. “Il tradimento di Moreno non nasce dal nulla”. Critica politica a tutto campo. “Ora Moreno cerca di attribuire a Maduro la responsabilità del caos che ha provocato applicando le ricette dell’FMI, sino a ridicolo di sostenere che Maduro possa aver pagato un milione di persone arrabbiate in piazza”.
14 Ottobre 2019