di MOWA
“Le leggi razziali furono provvidenziali per me, ma anche per gli altri: costituirono la dimostrazione per assurdo della stupidità del fascismo. Le leggi razziali erano il sintomo di una carnevalata: si era ormai dimenticato il volto criminale del fascismo (quello del delitto Matteotti, per intenderci): rimaneva da vederne quello sciocco.” [Primo Levi – intervista di Giorgio De Rienzo, In un alambicco quanta poesia, Famiglia Cristiana, n. 29, 20 luglio 1975]
In uno straordinario e lucido scritto, del 1917, dal titolo Odio gli indifferenti, Antonio Gramsci analizzava l’avanzare del fascismo, illustrando quanto l’atteggiamento delle persone potesse influire sulla Storia e quanto il non prendere posizione potesse essere nocivo.
In un passaggio di quello scritto Gramsci sosteneva che odiava gli indifferenti perché gli dava fastidio sentire il loro:
“piagnisteo da eterni innocenti.”
E, poi, chiedeva:
“conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto.”
Concludendo con:
E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.”
Una lucida analisi di quanto sarebbe successo qualche anno dopo con l’avvento elettorale del fascismo che, tra le prime azioni, soppresse il diritto ad esercitare il voto instaurando la dittatura.
L’avvento del fascismo fu la parabola di come la forma-mentis delle persone sia molto diversa dall’enunciazione di come viene considerata o intesa la realtà; una realtà che, allora (e oggi?), venne costruita/modellata sulle paure delle persone comuni attraverso, anche, un “disordine sociale” provocato ad arte dagli stessi che, poi, salirono al potere. Un potere – ci ricordano gli storici – conquistato con due alleati potenti che ebbero il ruolo sia di finanziare economicamente i “cambiamenti” che di commettere azioni delittuose: la borghesia e la criminalità.
Oggi, come nel secolo scorso (ma potremmo dire come sempre avviene) c’è qualcuno che usa quegli stessi argomenti – come motore per alimentare quel “disordine sociale” – con parole d’ordine come “diverso”, “invasore”, “malfattore”…, con l’intento di imprimere nelle menti delle persone che il loro disagio sociale, il non trovare lavoro, il non avere più quella sanità in positiva azione benevola, il non trovare più riferimenti valoriali solidi… sia il frutto proprio di quel “diverso”, quel “malfattore”, quell’ “invasore” e non derivata da cause ben note e, sapientemente, occultate da quegli stessi che si fanno garanti di un florido futuro se li si sceglie e vota.
Emblematiche (ad es.) sono le rivelazioni dell’indagine giornalistica, fatta dalla trasmissione pubblica Report [1] [2], dove si trovano, come attori principali, coloro che, in realtà, sono più dissonanti tra loro: separatisti e nazionalisti, nazi-fascisti e filo-comunisti (post-URSS kruscioviana), filo-pagani e ultra-ortodossi, cattolici integralisti e…
Un vero e autentico circo Barnum di contraddizioni e di ossimori ideologici che ha motivo di reggere solo perché tutti sono motivati dal fatto che non si deve dare modo agli oppressi di riscattarsi dalle catene imposte da un vecchio adagio di analisi sociologica, ovverosia: il proletariato non deve prendere consapevolezza della propria potenzialità e proporsi, quindi, come guida al timone della nave che, invece, sta andando a sbattere contro gli iceberg (come avvenne per il Titanic).
Un presagio che non vuole essere, nonostante tutto, pessimista, viste le risposte internazionali delle popolazioni nei vari paesi (Cile, Brasile, Argentina… ) che si trovano ad avere presidenti o politici asserviti a logiche di un mercato ottuso, o scevro dalle dinamiche di coinvolgimento della socializzazione dei beni di produzione, incapaci di evitare di rendere schiavi gli stessi produttori ma soprattutto privandoli delle stesse produzioni sino a portarli alla fame.
Un mondo fatto di ingiustizie sociali dove miserabili esponenti non tengono conto della gravità della situazione economico-naturalistica che sta erodendo gli anni di vita di questo unico (per i terrestri), prezioso, pianeta.
Da una parte assistiamo a guitti della politica che vogliono salvare categorie sociali ed economiche che cozzano con gli interessi complessivi del Paese (o dei Paesi) perché provocano inquinamento e, invece di vietare il ciclo dannoso di produzione lo monetizzano, dall’altra parte, assistiamo a sordidi capitani d’industria che, privi di cultura sociale, vorrebbero accaparrarsi quei cicli produttivi desueti per ricavarne altro insano guadagno. Un esempio è il caso dell’ILVA, non abbiamo un corpo politico che dia risposte, in sintonia con la Costituzione italiana e sia capace di sottrarre un’industria inquinante alle ingorde voglie speculative risanando in modo eco-sostenibile una realtà importante come quella (ad es.) della lavorazione del metallo.
Rendere compatibili salute, ambiente e produzione non sono velleità impossibili se si dovesse lavorare per un intento comune dove tutti si sentano protagonisti…
E, spiace dirlo per gli ottusi o gli indifferenti che nulla hanno a che spartire con le mie lacrime, come dice Gramsci, si può fare solo con un sincero e valido paese ad indirizzo comunista. E, qualche esempio di emancipazione e sviluppo, nel mondo si intravede già.
A nulla, quindi, valgono gli attacchi da parte dei reazionari alla senatrice Liliana Segre che porta sulla pelle, tatuato, quel numero di internamento nel campo di concentramento nazista che spiega più di molte altre parole come intendessero (e intendono) il mondo e la vita coloro i quali si sono rifatti e si rifanno a quella cultura e che, guarda caso, sicuramente, sono molto vicini alla supremazia di uno sull’altro, invece, di uno a favore dell’altro come antropologicamente dimostra il genere umano a cui si rifà, appunto, il comunismo.