E meno male che spiavano “in nome della libertà”…
Ma quale libertà?
Hanno spiato (ed un grazie va a Snowden che è riuscito a far emergere una delle contraddizioni dell’oligarchica borghesia) in lungo ed in largo amici, nemici e chissà chi altro, in nome di un sostantivo.
Se pensano, costoro, di essere come la figura di Catone Uticense, il severo custode nel Purgatorio di Dante Alighieri, nel suo sostanziale ruolo di aiutante, si sbagliano di grosso.
Anche in loro, (come Catone) il paesaggio del “Purgatorio”, realtà e simbolo si fondono: personaggi storici, ma in quanto “martiri della libertà”, rappresentano simbolicamente la rinuncia dell’anima al peccato in vista del recupero della “libertà totale”.
Loro (come Catone) non sono eroi politici e nemmeno santi: possiedono sapienza e virtù naturali, ma non la Grazia.
Ricorderei ai signori cultori dello spionaggio Immanuel Kant: “Ognuno può ricercare la sua felicità per la via che a lui sembra buona, purché non rechi pregiudizio alla libertà degli altri di tendere allo stesso scopo, in guisa che la sua libertà possa coesistere con la libertà di ogni altro secondo una possibile legge universale (cioè non leda questo diritto degli altri).
MOWA
Regno Unito «Necessario monitorare i cittadini». I responsabili dell’intelligence britannica davanti alla commissione parlamentare sulla sicurezza
Storica audizione in diretta tv. «Snowden fa il gioco dei nemici» Top secret Fino a qualche anno fa nessuno conosceva i nomi e i volti dei «direttori» dei servizi segreti di Sua Maestà
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Fabio Cavalera
LONDRA – Le tre superspie recitano con disinvoltura in diretta televisiva per la Bbc. Dicono, ammiccano, sfuggono. Si fanno beffe di chi teme deviazioni e trame oscure. Rivendicano che, per difendere la società, è necessario «monitorare» le comunicazioni del cittadino. Ma sempre «nei limiti imposti dal legislatore» (in buona sostanza è la politica che comanda e allora che risponda la politica degli errori, se ci sono, noi obbediamo agli input). E declamano con piglio: «Siamo le colonne della democrazia e della libertà».
E’ un evento storico quello che va in scena e in onda in tv nel pomeriggio davanti ai nove parlamentari dell’«Intelligence and Security Committee», la commissione di Westminster che tiene d’occhio le attività degli 007. La materia che scotta non manca: i terroristi, il caso Snowden, l’Iran, la Siria, gli attacchi informatici alla sicurezza nazionale «da parte di altri Stati». Tre James Bond coi fiocchi, preparati, eleganti, sicuri, abili. Tanto fumo e poco arrosto. E’ il loro mestiere. E il copione lo hanno imparato a meraviglia per la «prima assoluta», la prima audizione pubblica davanti alle telecamere. Non più cosa privata. Cosa di tutti.
Fino a qualche anno fa i servizi segreti di Sua Maestà erano un fortino inespugnabile: nessuno conosceva i nomi e i volti dei loro «direttori», l’anonimato assoluto era la regola. Una sola lettera per identificarli come «M», l’attrice Judi Dench in «Skyfall». Poi, fra il 1993 e il 1994 girò un po’ il vento e Stella Rimington rivelò di guidare il ramo interno dello spionaggio. Ma il mistero sulle identità non svanì con la confessione della Mata Hari inglese.
Anche adesso Sir John Sawers, numero uno del Secret Intelligence Service (il controspionaggio estero, noto come «MI6», la casa di James Bond) ha un nome in codice, anzi una consonante: mister «C». Però ha finalmente lineamenti, voce e forma di un comune mortale. Lo si vede. Lo si sente. E pure Sir Andrew Parker che tiene le redini degli 007 sguinzagliati per scovare estremisti e attentatori (sigla «MI5»). Per completare, Sir Iain Lobban che è il più segreto fra gli agenti segreti, il cervello dell’agenzia (GCHQ) potentissima che si intrufola nei telefoni e nei computer, che pianifica la guerra contro i cyber-terroristi o le «bande di pedofili» o le difese dagli assalti informatici dei governi «nemici».
E’ un uomo, Sir Iain Lobban, al centro del ciclone. Se gli americani, come è emerso grazie a Edward Snowden, hanno tallonato milioni di persone e persino leader amici e alleati (la cancelliera Merkel), gli inglesi pare che siano stati al loro fianco. Una mano se la sono data vicendevolmente. Il capo delle cyber-spie è sornione: «Non è che passiamo il nostro tempo incollati al telefono». Punta l’indice: «I nostri nemici si stanno sfregando le mani felici» per via degli scoop del Guardian . E mette in guardia per il futuro: «Stiamo selezionando e allevando una cyber-generazione» di agenti infallibili col computer, coi software. «Nulla di illegale» promette. «Ne va della sicurezza della nostra nazione».
Spiare in nome della libertà, in nome della democrazia. E’ il vangelo dei tre «Sir», i tre ex fantasmi. Tutto il bilancio è sotto stress da austerity. Ma non quello dell’intelligence a cui vanno due miliardi di sterline all’anno. Niente tagli. Finanziamenti più generosi per James Bond. Un parlamentare ha chiesto in diretta tv: «Tanti soldi eppure gli attentati del 7 agosto 2005 non li avevate previsti. Perché?». Risposta dei capi dei servizi segreti : «Nessuno sa leggere la sfera di cristallo». Degni del miglior humour di Ian Fleming.
nella foto: I responsabili dei servizi segreti britannici MI5 Andrew Parker, MI6 Sir John Sawers
e del GCHQ Sir Iain Lobban