Chiediamo al Presidente della Repubblica cosa intenda fare rispetto alla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014 in cui si dichiara illegittimo questo Parlamento e se, quindi, intenda sciogliere le camere per andare a nuove elezioni con i giusti requisiti elettorali.
Questa domanda gliela poniamo per vedere se rispetterà il giuramento fatto alla Costituzione quando si è insediato.
Il giuramento è un atto sostanziale di impegno solenne (nei confronti del popolo italiano) su valori ritenuti sacri.
Con questa domanda si invitano le persone a leggere il post qui sotto riferito a quanto debba fare il Presidente della Repubblica. Qualora non si attenesse si potrebbero ravvisare guai seri al garante della Costituzione. Come abbiamo più volte dichiarato in altre occasioni.
Siamo concordi con il magistrato Di Matteo quando sostiene:
“…come Magistrato ho giurato fedeltà alla Costituzione e non ai Governi.
Ho giurato fedeltà alla Costituzione… non ad altre istituzioni politiche ne, tanto meno, alle persone che rivestono incarichi istituzionali.
Ho giurato fedeltà alla Costituzione e non riesco a dimenticare che, per quella Costituzione, per quei principi che afferma, tante persone, tanti miei colleghi, tanti servitori dello Stato, tanti semplici cittadini, hanno offerto la loro vita.”
MOWA
Referendum, parla Annibale Marini (Presidente emerito Corte Costituzionale)
Annibale Marini (presidente emerito della Corte Costituzionale): “Riforma sbagliata, il Parlamento andrebbe sciolto”
E ciò spiega come uno dei padri riformatori, che poi è una madre riformatrice, e precisamente l’On. Boschi, abbia di recente affermato, a quanto è stato riportato dalla stampa periodica, che se fosse toccato a lei scrivere la riforma l’avrebbe scritto in modo diverso. E dato il modo in cui la riforma è stata scritta c’è da crederci e confidare che l’On. Madre riformatrice non approverà in sede di referendum una riforma che ha dichiarato di non aver scritto e comunque di non condividere.
In caso contrario, qualche dubbio sulla coerenza dell’onorevole madre riformatrice diventerebbe più che legittimo doveroso.
Sono sicuro che il presidente Renzi, che pur dice di aver letto centinaia di libri del collega Zagrebelski, confondendo le enciclopedie con un testo universitario, non ha invece sentito parlare di Piero Calamandrei. Se così è, e sono sicuro che così è, provvedo subito a colmare questa deplorevole lacuna: si è trattato di uno dei più grandi giuristi del nostro paese e di un giurista che è stato sempre onorato e continua ad essere onorato come uno dei più alti spiriti democratici.
E desidero ricordarLe, Signor Presidente del Consiglio, che proprio Calamandrei riferendosi a quell’Assemblea costituente da cui è nata la nostra Repubblica ebbe ad affermare: “Quando l’Assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione i banchi del Governo dovranno essere vuoti”.
E tutto questo perché si pensava correttamente e legittimamente che la Costituzione non dovesse essere un affare del governo essendo destinata a durare ben oltre la vita dei singoli governi, esprimendo i principi fondanti una comunità.
La prima è che quella bellezza riguarderebbe solo taluni articoli e non altri che, essendo meno belli, potrebbero essere cancellati, ignorando in tal modo il nesso che lega gli uni agli altri.
La seconda, leggermente comica, riguarda gli stessi padri costituenti (quelli veri) che nel varare la Costituzione sarebbero stati consapevoli, secondo i nostri più recenti riformatori, della sua inadeguatezza e avrebbero perciò predisposto un procedimento di revisione.
In tal modo, tuttavia, si è dimenticato che la revisione è un procedimento comune ad ogni legge e non esclusivo della Costituzione.
L’unica legge che non contempla un procedimento di revisione è quella poco recente nota sotto il nome di XII tavole della quale può forse in questa sede prescindersi.
Ed in proposito devo dire che ho già parlato nelle pagine che precedono del nesso tra le singole norme della Costituzione. E di questo nesso quanto ora dirò offre una diretta e testuale conferma.
E va altresì evidenziato che materie tipiche di ogni assetto autonomistico, quali la tutela della salute ed in particolare il governo del territorio, l’ambiente e il turismo sono state attribuite allo Stato al fine di dettare disposizioni generali e comuni senza tuttavia individuare il titolare della potestà di attuazione.
Mentre materie importanti, quali l’industria, l’agricoltura, l’attività mineraria sono rimaste per dimenticanza in cerca d’autore.
La prima riguarda l’esclusione dalle modifiche della legge Boschi delle cinque Regioni a statuto speciale con una gravissima contraddizione rispetto alla disciplina applicabile alle Regioni a statuto ordinario.
Fine del bicameralismo paritario;
risparmio di spesa;
riduzione del numero dei parlamentari;
semplificazione del lavoro legislativo.
Ed anche immutato resta per i nuovi senatori non elettivi il costo sia per le spese di trasferta e permanenza a Roma che per l’esercizio delle loro funzioni (segretari, assistenti parlamentari, etc.).
E, come evidenziato da taluni organi di stampa, non è neppure vero che il risparmio sarebbe quello della mancata corresponsione dell’indennità parlamentare ai nuovi senatori.
Il numero dei deputati è poi rimasto invariato a 630 membri, mentre il numero dei senatori è stato abbassato a 100 che poi è quello dei Paesi con una popolazione di gran lunga superiore al nostro Paese. Se dunque una diminuzione del numero dei parlamentari c’è stata essa non può essere tale da ritenersi rivoluzionaria, specie considerando che il numero complessivo di coloro che vivono nei palazzi del potere e che secondo la raffinata espressione del nostro Presidente del Consiglio dovrebbero andarsene a casa è di qualche migliaia di persone.
Sicchè, anche l’auspicata semplificazione è rimasta nella penna dei riformatori.
E non occorre ricordare come vengano continuamente rinnovate solo le Costituzioni dei Paesi di più gracile democrazia.
Anche se poi si fa un inintellegibile e oscuro riferimento alla volontà degli elettori che a questo punto diventa una sorta di Araba fenice.
Ma il richiamo alla volontà degli elettori può avere un senso non solo se sia comprensibile, ma anche e soprattutto se il Senato che nasce dalla riforma abbia una sua precisa veste istituzionale e non sia un pasticcio difficilmente intellegibile.
Occorre anche evidenziare come la riforma del Senato venga a sommarsi ad una riforma elettorale che porta, non so quanto opportunamente, il nome di Italicum e che finisce per consegnare l’unica Camera elettiva, dotata di un effettivo potere, nelle mani del leader del partito vittorioso anche se di pochi voti nella competizione elettorale.
È vero che queste due leggi come l’Italicum sono state giustificate con l’argomento che esse assicurerebbero la governabilità che è indubbiamente un valore; ma è un valore che va sempre bilanciato con quello irrinunciabile della democrazia che non deve mai essere sacrificata sull’altare di una governabilità che la storia dimostra essere spesso più di forma che di sostanza.
E il gran parlare di spacchettamento che si è fatto in questi giorni e di disomogeneità del quesito referendario costituiscono la migliore riprova di una illegittimità lesiva della libera volontà degli elettori e che non può essere sanata dal giudizio della Corte di Cassazione.
Annibale Marini, Presidente emerito Corte Costituzionale
13 ottobre 2016