di Gianni Barbacetto
Nessuno deve pagare, per il rapimento di Abu Omar. Appena la giustizia rischia di fare il suo corso, scattano le contromisure. Prima i conflitti d’attribuzione sollevati da cinque governi italiani, poi le sentenze della Corte costituzionale, infine la grazia del capo dello Stato. L’ultimo ombrello proteggi-rapitori è stato aperto ora dal presidente Sergio Mattarella: ha graziato Sabrina De Sousa, agente della Cia, condannata per sequestro di persona. “A De Sousa Sabrina”, si legge nel decreto presidenziale, “è concessa la grazia della riduzione di anni uno di reclusione della pena detentiva ancora da espiare”. La condanna resa definitiva dalla Cassazione era di 7 anni, ridotti a 4 per effetto dell’indulto. Ora la grazia “su misura”, di un anno, è sufficiente a non farla entrare in carcere, perché le pene fino a 3 anni possono ottenere la sospensione dell’esecuzione e possono essere trasformate (come successe a Silvio Berlusconi) in affidamento ai servizi sociali.
Sabrina De Sousa, 61 anni, origine indiana, cittadina degli Stati Uniti ma con doppia nazionalità (americana e portoghese), ruoli diplomatici come vice-ambasciatore e vice-console, ma in effetti agente della Cia, è stata indagata dalla Procura di Milano e poi condannata per il sequestro dell’imam egiziano Abu Omar, rapito a Milano da un commando della Cia il 17 febbraio 2003 e portato in Egitto, dove è stato detenuto e torturato. Dopo un’indagine da film di 007, i pm Ferdinando Pomarici e Armando Spataro riescono a mettere sotto indagine per sequestro di persona 27 americani protagonisti dell’extraordinary rendition, tra cui l’allora capo della Cia in Italia, Jeff Castelli, e alcuni agenti italiani del Sismi (il servizio segreto militare, oggi Aise) accusati di aver collaborato all’operazione.
Gli americani sono tutti condannati, ma nessuno entra in carcere perché lasciano l’Italia subito dopo la rendition. Degli italiani, l’allora direttore del Sismi Nicolò Pollari e gli ufficiali Marco Mancini, Raffaele Di Troia, Giuseppe Ciorra e Luciano Di Gregori hanno evitato la condanna definitiva per l’intervento della Corte costituzionale, entrata in partita su richiesta di cinque governi italiani (Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi) che hanno sollevato, contro i magistrati, il conflitto d’attribuzione tra poteri dello Stato. La Consulta è intervenuta salvando gli agenti italiani, grazie a un uso dilatato del segreto di Stato.
Nel febbraio 2016, la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo condanna l’Italia per aver violato i principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: “Le autorità italiane erano a conoscenza che Abu Omar era stato vittima di un’operazione di extraordinary rendition cominciata con il suo rapimento in Italia e continuata con il suo trasferimento all’estero”; nonostante ciò, “l’Italia ha applicato il legittimo principio del segreto di Stato in modo improprio e tale da assicurare che i responsabili del rapimento, della detenzione illegale e dei maltrattamenti ad Abu Omar non dovessero rispondere delle loro azioni”. Scrive la Corte europea: “Nonostante gli sforzi degli inquirenti e giudici italiani, che hanno identificato le persone responsabili e assicurato la loro condanna, questa è rimasta lettera morta a causa del comportamento dell’esecutivo”.
Ma anche della presidenza della Repubblica: perché il presidente Giorgio Napolitano concede dapprima la grazia al colonnello americano Joseph Romano; poi Sergio Mattarella la offre a Betnie Medero e Robert Seldon Lady, il capoantenna della Cia a Milano, e ora infine a Sabrina De Sousa. Mattarella, prima di salire al Quirinale, aveva fatto parte della Corte costituzionale severamente bacchettata dalla Corte europea dei diritti umani.
De Sousa nel 2009 aveva lasciato la Cia e si era trasferita in Portogallo. Nell’ottobre 2015 era stata fermata all’aeroporto di Lisbona, mentre era in partenza per l’India, in forza di un mandato d’arresto europeo. Era stata poi rilasciata, in attesa di una pronuncia della Corte costituzionale portoghese che nel giugno 2016 ha però respinto anche la sua ultima istanza. Ripete di non aver partecipato al rapimento, perché quel giorno del 2003 era in vacanza con la figlia, in settimana bianca. Arrestata di nuovo in Portogallo a metà gennaio 2017, avrebbe dovuto essere consegnata in questi giorni alle autorità italiane. Ma ora è arrivata la grazia. “Sabrina è libera”, ha annunciato il suo avvocato portoghese, Manuel Magalhaes e Silva. “Aspettiamo la decisione dei giudici italiani sulle pene alternative al carcere, probabilmente i servizi sociali da scontare in Portogallo”. Si è detto felice della liberazione di De Sousa anche Abu Omar: “Ero in contatto con lei tramite twitter. Soffriva, era stata abbandonata anche dalla Cia per le sue dichiarazioni ai media. Sono contento che sia stata graziata”.
Il Fatto quotidiano, 2 marzo 2017