Ministro, è passato più di un anno dal varo in consiglio dei ministri del disegno di legge sulla concorrenza e finora il provvedimento è stato approvato solo alla Camera, dove comunque dovrà tornare dopo le modifiche in corso al Senato. Non crede che ci sia un ritardo ingiustificabile e di chi è la colpa?
«Detto che il Parlamento è sovrano, è evidente che ora auspico un percorso rapido. Al Senato si chiuderà entro aprile e poi sono certa che alla Camera il provvedimento sarà definitivamente approvato al massimo entro maggio-giugno».
Col senno di poi, era meglio un decreto legge?
«Certo un decreto legge che viene convertito entro sessanta giorni è più efficace di un disegno di legge, ma quest’ultimo ci ha permesso di includere più temi e di affrontare una discussione aperta in Parlamento. Ma ora credo sia giusto accelerare».
Per chiudere la partita ricorrerete alla Camera al voto di fiducia?
«Non escludo niente, ma la decisione sulla fiducia non la prendo io bensì il governo nel suo complesso. Comunque credo che, come dicevo, si possa concludere presto».
Nel comunicato del consiglio dei ministri del 20 febbraio 2015 che approvò il disegno di legge si sottolinea che secondo le stime del Fondo monetario internazionale le liberalizzazioni fanno crescere il Pil del 3,3% in 5 anni e migliorano il rating e la credibilità del Paese. È ancora così?
«Certo. Lo dimostrano tutti gli studi. E questo dovrebbe far comprendere alle lobby che un provvedimento sulla concorrenza ogni anno, così come prevede la legge che rivendico di aver applicato, è nell’interesse di tutti. Lo dico venendo dal mondo delle imprese private, che vivono sul mercato e sanno che la concorrenza, se regolata, fa bene alle stesse imprese e a tutto il Paese. Inoltre, la commissione europea, nelle ultime raccomandazioni all’Italia, ricorda che siamo indietro sulle liberalizzazioni e riconosce l’importanza del provvedimento in discussione al Senato».
Quali sono le lobby che si sono messe di traverso?
«Guardi noi abbiamo mandato in Parlamento un provvedimento che va ad incidere su molti settori importanti: dall’energia alle telecomunicazioni; dalle assicurazioni alle farmacie. Uno status quo è stato scosso e quindi sapevamo che ci sarebbero state resistenze».
Vediamone alcune. I notai hanno ottenuto di mantenere il monopolio anche sugli atti di compravendita immobiliare fino a 100 mila euro, cancellando la norma che liberalizzava.
«È una decisione che ha preso il Parlamento e che io rispetto. Ma abbiamo per esempio introdotto la firma digitale al posto dell’autenticazione notarile per la nascita delle srl semplificate e per il passaggio delle quote. Si tratta di misure da tempo caldeggiate nel rapporto “Doing Business” e darebbero agli investitori stranieri un ulteriore segno di cambiamento del Paese».
I farmacisti hanno ottenuto di mantenere il monopolio anche sulla vendita dei farmaci di fascia c.
«Io ero favorevole alla norma che liberalizzava, anche se ricordo che essa non era nel testo originario. Sono favorevole in quanto non capisco perché un farmacista laureato non possa vendere questi farmaci per esempio in una parafarmacia».
I tassisti hanno ottenuto di impedire l’ingresso sul mercato di Uber.
«Questo è un Paese che deve abituarsi al fatto che va sì rispettato chi già opera nel mercato, ma anche che il mercato deve aprirsi e che la concorrenza non è il male assoluto. Dobbiamo aprirci passo dopo passo, in maniera graduata e modulata. Capisco le resistenze. Ci sono anche in altri Paesi, si veda la legge Macron in Francia. Ma se ci si arrocca su battaglie di retroguardia non si salva nessuno».
Queste norme che non sono passate ha intenzione di riproporle in successivi provvedimenti?
«La mia prima intenzione è arrivare rapidamente all’approvazione di questo disegno di legge. Poi, visto che questo governo adempie all’obbligo di una legge annuale sulla concorrenza, ne faremo altre e alcune proposte che non sono passate questa volta potranno essere riprese».
Qual è la sua posizione sullo scontro tra albergatori e le piattaforme tipo booking.com? Il Parlamento ha introdotto una norma che consente agli alberghi di praticare tariffe scontate rispetto a quelle internet. Lei che dice?
«Prendo atto che questa norma, che non era presente nel testo originario, è stata votata a larghissima maggioranza e in modo trasversale in Parlamento. Ci rimettiamo all’aula, ma suggerisco di verificare, se necessario con una notifica a Bruxelles, la compatibilità di questo articolo con le normative europee, perché ciò che dobbiamo assolutamente evitare è che si incorra una procedura d’infrazione».
Il ddl stabilisce che dal 2018 finirà il mercato tutelato dell’energia che oggi interessa più di 20 milioni di famiglie. Sindacati e consumatori dicono che nel mercato libero ci si rimette. È così? E come si pensa di tutelare le fasce deboli?
«Non è così. Basta vedere cosa è successo col mercato libero delle offerte di telefonia e col mercato dell’energia per le imprese. Il consumatore diventa presto in grado di scegliere il profilo per lui più conveniente. È sbagliato credere che gli utenti non siano in grado di scegliere. L’importante è assicurare che ci siano offerte trasparenti e comparabili».
Sugli appalti pubblici, Francesco Giavazzi ha proposto ieri sul Corriere di escludere dalle gare i soggetti partecipati dall’ente concedente. È d’accordo?
«Vediamo. Il provvedimento può ancora subire modifiche, anche se dobbiamo accelerare. Ripeto, non è l’ultimo testo sulla concorrenza. Ce ne saranno altri perché le cose da fare sono molte».
Questo testo lo riconosce ancora come suo o hanno vinto le lobby, come dice Giavazzi?
«Certo, lo riconosco. Si può sempre fare meglio, ma abbiamo un buon testo, che apre al mercato in molti settori: farmacie, telecomunicazioni, poste, notai, professioni, energia. Queste cose si fanno passo dopo passo».
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