Lo scorso 10 gennaio Confindustria e i vertici di CGIL, CISL e UIL hanno raggiunto un accordo sul “testo unico della rappresentanza”, che fa seguito alle “inscindibili” intese antidemocratiche del 28 giugno 2011 e del 31 maggio 2013.
Gli operai Fiat di Pomigliano iscritti alla FIOM con una lettera aperta hanno denunciato questo accordo – firmato senza alcun mandato dei lavoratori – che estende il “modello Marchionne” a livello nazionale e hanno chiesto che siano i lavoratori a decidere. Grazie alla loro protesta si sono aperte crepe nel patto fra Landini e Camusso e spazi per sviluppare l’opposizione sindacale di classe.
L’accordo del 10 gennaio è stato sottoscritto mentre nel nostro paese la crisi economica continua a scuotere la base economica e le sovrastrutture del capitalismo. La ripresa non si vede, la disoccupazione cresce assieme alla povertà, all’insicurezza e alle ingiustizie sociali.
In questa situazione di crescente malcontento e inquietudine dei lavoratori la borghesia teme il riaccendersi di un acuto scontro sociale, poiché il movimento operaio e popolare non potrà a lungo essere ingannato e tenuto a freno dai capi riformisti e collaborazionisti.
L’accordo è dunque un aspetto della politica reazionaria volta a isolare, disorganizzare e reprimere i settori più combattivi del proletariato, chiudere gli spazi di democrazia e prevenire il conflitto e gli scioperi in fabbrica e negli altri posti di lavoro, distruggere le residue conquiste operaie e intensificare lo sfruttamento.
La svolta autoritaria e antidemocratica in tema di relazioni sindacali va in parallelo alla nuova porcata elettorale e alle controriforme costituzionali portate avanti dall’accoppiata neoliberista Renzi-Berlusconi, sotto l’egida di Napolitano.
La logica di fondo è la stessa: privarci dei nostri diritti e delle nostre libertà, rafforzare il dominio del grande capitale sull’intera società, stroncare qualsiasi opposizione di classe e popolare.
Come far saltare le intese antioperaie, come spezzare la morsa neoliberista e reazionaria?
E’ chiaro che ciò potrà avvenire solo sulla base dello sviluppo della mobilitazione indipendente nelle fabbriche, nelle piazze, contro la “pace e la coesione sociale” che fa comodo ai capitalisti, contro il sistema di sfruttamento che genera crisi e disoccupazione, per un’alternativa completa di potere.
Il modo migliore per incrinare e demolire la politica antioperaia è senza dubbio realizzare il fronte
unico di lotta del proletariato sulla base della difesa intransigente degli interessi economici e politici della classe operaia, delle rivendicazioni più urgenti dei lavoratori e dei disoccupati, contro il regime dei monopoli capitalistici, le sue istituzioni come la UE, i suoi governi e i suoi puntelli sociali.
Fronte unico significa rilanciare le assemblee decisionali dei lavoratori e dei delegati, approvare piattaforme unificanti e dar vita a forme di lotta dure. Significa costruire organismi di massa come i Consigli, i Comitati di sciopero, di agitazione, assemblee di Rsu, di delegati operai, per prendere in mano l’organizzazione delle lotte. Significa rafforzamento dei settori di opposizione di classe all’interno e all’esterno dei sindacati e la loro azione comune.
In tutte le realtà in cui è possibile contare su un segmento avanzato e combattivo del movimento sindacale e operaio (sindacati classisti, correnti, reti, etc.) bisogna utilizzarlo per forgiare la più ampia partecipazione e unità di lotta della classe operaia occupata e disoccupata e con i settori vittime dell’offensiva capitalista.
Ogni vertenza, ogni sciopero, devono diventare un momento dello scontro per strappare la direzione del movimento operaio dalle mani dei capi socialdemocratici e riformisti, per la conquista delle masse sfruttate, per rovesciare nelle fabbriche e nelle piazze i governi antipopolari come quello di Letta-Alfano, e aprire la via a un Governo rivoluzionario degli operai e degli altri lavoratori sfruttati.
Solo attraverso un processo di riorganizzazione, preparazione e educazione rivoluzionaria il proletariato potrà tornare a essere il fattore decisivo della situazione. Di qui l’importanza dell’organizzazione politica composta dai suoi migliori elementi. La rottura definitiva e completa con i riformisti, i revisionisti, gli opportunisti e gli economicisti sostenitori del marcio sistema capitalista, il collegamento e l’unificazione su salde basi marxiste-leniniste per porre le basi per la formazione del Partito comunista, sono il compito fondamentale dell’oggi.
23 gennaio 2014