L’inciampo Ucraina che prosegue con esisti incerti e sempre più minacciosi, ma è la crisi del sistema politico americano ad emergere in questa ennesima crisi internazionale. Politica interna figlia di troppo antichi squilibri oggi segnata non solo dell’estremismo politico di Trump. La radicalizzazione sociale favorita dalla pandemia, e «la tribalizzazione della politica, in cui i grandi partiti sono improvvisamente diventati delle scatole vuote» -scrive Piero Orteca-, rischia di esplodere, e in tempi brevi.
L’attualità ancora sull’Ucraina, ma la crisi più profonda è in casa americana.
Piero Orteca
Zig zag Usa tra una crisi e l’altra
La politica estera americana continua a essere caratterizzata da costanti oscillazioni. Uno “zigzagging” frutto, certo, della complessa evoluzione degli scenari internazionali, ma che è anche la risultante di una Presidenza Biden di sicuro deludente. Per non dire altro. L’ultima “perla” riguarda l’area di crisi “top” del momento: l’Ucraina. In tre passaggi, conferenza stampa “equivoca”, andata di traverso al governo di Kiev, successivo comunicato della Casa Bianca, “di precisazione”, per metterci una pezza e, infine, altolà di Blinken a Ginevra.
L’ombra ingombrante di Barak Obama
Sta tutto qui il film di una storia troppo grande per essere vissuta all’ombra, ingombrante, di Barack Obama. Nella foia di smarcarsi dal suo antico “patron”, Biden non ne sta azzeccando una che sia una. Ha vinto (e manco con questo gran margine) solo perché di fronte aveva Trump. Con un altro repubblicano d’ordinanza (e senza Covid) avrebbe perso. Poi ha scelto di capovolgere le linee-guida che avevano indirizzato la foreign policy di Obama. Paradossalmente, ha occupato la terra di mezzo tra il grande Presidente democratico e l’ultimo Trump.
In mezzo, più Trump che Barak
America first, guerra fredda con l’Iran, muro contro muro con la Cina e, soprattutto, la smania di farla pagare a Putin. Tutte animose strategie che non sono campate in aria, per carità, ma che non hanno molto a che fare con la diplomazia necessaria per tenere il mondo a galla. Biden è vecchio, stizzoso ed è probabilmente rimasto ancorato a una politica estera che non c’è più. Sembra il superstite del “mondo perduto” di Sir Arthur Conan Doyle, dove ancestrali dinosauri continuano a sopravvivere in cima a montagne isolate dal resto del pianeta. Mentre gli aerei li sorvolano.
Putin vincente
Sull’Ucraina, se Biden commenta perde punti, mentre se Putin sta zitto guadagna consensi. Nella sua conferenza-stampa, Biden ha fatto una dichiarazione che ha avvelenato i pozzi. In sostanza, ha fatto capire che se i russi dovessero entrare con la forza in Ucraina, al massimo rischierebbero sanzioni economiche “severe”. Insomma, la pagherebbero cara. Ma in dollari. Con la piccola eccezione, che Biden omette di citare, relativa ai rubinetti del gas. Materia prima preziosissima, che Putin controlla a piacimento, e con la quale ha messo le mani alla gola dell’economia europea.
Nato a incertezza Usa e crisi tedesca
Ergo, quando gli americani dicono che la Nato è spaccata sull’atteggiamento da prendere contro Mosca, in caso di invasione dell’Ucraina, non fanno altro che rivelare una ovvietà lapalissiana. Ne sa qualcosa la nuova “grande malato d’Europa”, (lo dicono i numeri) la Germania. Il governo-Arlecchino Scholz-Baerbock-Liberali potrebbe fare un botto in qualsiasi momento. La ministra verde si è incontrata con Lavrov a Mosca, per parlare di Ucraina. Il vecchio orso, al di là di quello che dice la stampa teutonica, ne ha fatto un boccone. I Verdi, fedeli alla loro ideologia, non vogliono il Nord Stream 2, il “gasdotto di Putin”. I socialdemocratici di Scholz (e nipotini di Schroeder) invece si.
L’Europa ideologica e il realismo economico
Il problema è semplice: tirare troppo la corda sull’Ucraina, per l’Europa significa un risiko economico pesante da affrontare. Per ora ci si arrangia, per non perdere la faccia. Le armi le forniscono i baltici e i mezzi anticarro gli inglesi. Ma siamo ai pannicelli caldi. “Sleepy” Joe, l’addormentato della Casa Bianca, sa che deve arrivare a qualche forma di compromesso con Putin, se non vuole perdere carrozza e cavallo. Prima di tutto, di questo passo e visti i sondaggi, alle elezioni di Medio termine si profila una sconfitta. Anzi, per essere più aderenti alla storia dei luoghi che descriviamo, una disfatta stile generale Custer. Non è solo questione di politica estera. La pandemia ha contribuito a dargli la Casa Bianca e la pandemia potrebbe fargli perdere le prossime elezioni. Con un’inflazione al 7%, gli ambiziosissimi programmi di welfare “alla svedese” possono andare a farsi friggere.
‘Tribalizzazione’ della politica americana
Quando si è insediato, Biden aveva promesso di riunire un Paese profondamente spaccato. Non solo non ci è riuscito, ma non è nemmeno stato capace di impedire che lo stesso Partito Democratico si frantumasse in mille pezzi. Così, il prossimo discorso alla nazione dovrebbe essere sullo stato della… Disunione. Perché oggi assistiamo a una tribalizzazione della politica americana, in cui i grandi partiti sono improvvisamente diventati delle scatole vuote, pronte a essere riempite da pulsioni sociali che nascono in tempo reale. Le risposte “flessibili”, a queste domande istintive e improvvise, rappresentano le tattiche con le quali le élites politiche sopravvivono: cercano il consenso oggi, senza preoccuparsi di ciò che è stato e di quello che sarà domani.
22 Gennaio 2022