Dalla richiesta di deferimento inviata al Tribunale sportivo emergono nuovi particolari sui presunti rapporti del presidente della Juventus con esponenti della ‘ndrangheta. I rapporti di mutuo scambio tra gli ultras e la società. Che con i biglietti omaggio pagavano una “tassa di sicurezza”
LAMEZIA TERME Accordi con gli ultras, ma anche «ricorrenti e duraturi contatti con esponenti della malavita organizzata riferibili alla famiglia Dominello, rappresentante in Piemonte della cosca Pesce-Bellocco di Rosarno riconducibile alla ‘ndrangheta». Sono questi gli elementi – emersi nelle indagini “Comanda Rosarno” della Squadra mobile di Torino, e “Chimera” dei carabinieri della stessa città – valorizzati dal procuratore federale Giuseppe Pecoraro, nella richiesta di deferimento inviata al Tribunale sportivo per Andrea Agnelli, tre dirigenti bianconeri e la Juventus Fc spa.
TU AIUTI ME, IO FACCIO FARE AFFARI A TE Per Pecoraro, c’era un accordo di mutuo scambio fra gli ultras in odor di clan e la società. I bianconeri si assicuravano di non avere guai allo stadio in occasione di partite delicate o pesanti e la curva, appoggiata dalla ‘ndrangheta, era messa in condizioni di gestire interi pacchetti di biglietti, in barba al decreto Pisanu e chissà a quanti Daspo. Ma soprattutto – emerge fra le righe del provvedimento – con enormi guadagni, plausibilmente finiti anche nelle casse dei clan.
RELAZIONI PERICOLOSE E sono fatti, sostiene il procuratore, facendo leva sull’enorme mole di intercettazioni finite agli atti della Dda di Torino, che provano i contatti fra Rocco Dominello e vari esponenti della tifoseria ultras e i dirigenti bianconeri dell’epoca Francesco Calvo, Alessandro Nicola D’Angelo, e Stefano Merulla.
IL PONTIERE Rapporti propiziati dal “pontiere” Fabio Germani, l’uomo che ha introdotto Rocco Dominello e la società bianconera, e per questo viene “rimproverato” da Merulla quando il profilo (criminale) del figlio del boss viene fuori. «L’hai portato tu» dice il dirigente al telefono, mentre in un’altra occasione dimostra candidamente di essere a conoscenza delle attività di bagarinaggio gestite dalla curva. Un dato noto anche a Salvatore D’Angelo, sorpreso al telefono con Rocco Dominello, proprio nei giorni in cui dalla curva minacciano uno sciopero del tifo.
IL BUSINESS DEI BIGLIETTI Al figlio del boss, il dipendente dice chiaramente «il tuo gruppo, probabilmente, è composto da 300 persone da soddisfare, gli ho detto, quindi io permetto di fare purtroppo a malincuore, business! Ma questo lo faccio non perché mi sei simpatico, gli ho detto, semplicemente perché voglio la tranquillità. È inutile che ci nascondiamo!». E per essere ancor più chiaro aggiunge «Io voglio che voi state tranquilli e che noi stiamo tranquilli, e che viaggiamo insieme, allora se il compromesso è questo, a me va bene! Se gli accordi saltano perché fate i capricciosi, e allora ognuno faccia la sua strada perché non voglio sapere un cazzo».
«DOMINELLO PENSA CHE I BIGLIETTI SONO TUTTI SUOI» È questo il cuore del sistema contro cui punta il dito il procuratore federale e che il “pontiere” pentito Germani involontariamente conferma. Ascoltato dagli investigatori, si lamenta perché – afferma – «da due anni non può andare nella biglietteria della Juve perché Rocco Dominello è stato bravo a crearsi tutti questo» ma «(lui) pensa che i biglietti sono tutti suoi e dice che sono di altri, così ci guadagna sei volte». E poi aggiunge, appuntano gli investigatori nell’informativa citata dal procuratore federale, «qua hanno visto due monete, sono entrati in un circolo dove non escono più … è come il drogato».
CONFERME Ma ulteriori conferme arrivano anche dal legale di Raffaello Bucci, ex capo dei “Drughi”, storico gruppo ultrà della curva bianconera, poi assunto dalla Juventus come collaboratore. Dopo il suicidio del suo assistito, l’avvocato viene ascoltato dai magistrati cui riferisce che Bucci «mi diceva che il gruppo aveva a disposizione 1000 tagliandi per ogni partita nello Juventus stadium nei vari settori dello stadio, 900 a pagamento e 100 omaggio della società, per ogni partita, senza specificare se di campionato o di coppa europea». In più, Bucci avrebbe confessato al suo legale di essere a conoscenza di un’inchiesta in corso sul bagarinaggio. «Mi disse che la soffiata sull’esistenza dell’indagine – mette a verbale l’avvocato – era giunta dalla società. Mi mostrò dal cellulare delle e-mail di Andrea Agnelli in cui il presidente gli chiedeva se avesse bisogno di biglietti. Me le esibì per dimostrarmi che non era lui ad esercitare pressioni sulla società per avere biglietti, ma era la società stessa a chiedere se lui ne avesse bisogno».
LE AMMISSIONI DI D’ANGELO I contatti non si limitavano al gruppo dei Drughi. Lo ha ammesso anche il security manager D’Angelo, il quale ai pm ha raccontato che la Juventus sarebbe arrivata a fornire, a titolo gratuito, abbonamenti al gruppo dei Viking per favorirne la migrazione dalla curva nord alla curva sud. «Credo – ha messo a verbale – di aver incontrato Grancini e Mauriello». Il primo, capo storico dei Viking, sembra essere persona conosciuta (e temuta) in ambiente Juventus. Campione di poker, ma soprattutto considerato uomo vicino a Cosa nostra e a diversi clan di ‘ndrangheta, per la Mobile Grancini è «abilissimo a far perdere le proprie tracce soprattutto per il suo inserimento in circuiti criminali di elevato spessore». In passato indagato per tentato omicidio in seguito ad alla sparatoria di viale Faenza che nel 1998 trasformò Milano in un autentico far-west metropolitano, nel 2007 compare nell’indagine che porta in carcere alcuni capi della curva milanista con l’accusa di tentata estorsione alla stessa società rossonera, così come in quella dei carabinieri di Monza, secondo i quali lavorava per far ottenere benefici carcerari ai boss. Sarà per questo che Grancini è risultato tanto persuasivo? Non è dato sapere.
ACCORDO A LUNGO TERMINE Di certo c’è quello che racconta D’Angelo, secondo il quale «questo incontro era relativo alla gestione dei gruppi che erano in curva nord (i viking) che si sarebbero dovuti spostare nel nuovo stadio in sud, con gli abbonamenti di cui ho già parlato con il PM; si assegnarono queste tessere, ma non mi sono occupato direttamente di questa situazione, essendo arrivato successivamente; questi accordi, secondo la nostra intenzione, erano validi per un solo anno, ma già nella stagione 2012- 2013 decidemmo di rinnovarli. Nel giugno 2013 si ripropose il problema, mentre noi avevamo intenzione di cessare tale disponibilità, i gruppi ci facevano pressione e pertanto, dovendo garantire l’ordine pubblico, decidemmo di rinnovare tale accordo. Preciso che probabilmente il primo anno si trattava di tessere omaggio, mentre negli anni successivi di rinnovi per i quali è previsto uno sconto sul prezzo».
Tutti elementi – conclude il procuratore federale – alla luce dei quali «non sembra poter sussistere alcun dubbio sul fatto che la Juventus, per lo più attraverso l’opera di Alessandro D’Angelo e Stefano Merulla, con l’autorizzazione e la consapevolezza del loro diretto superiore gerarchico Francesco Calvo e non solo, risulta avere agevolato i gruppi “ultras”, cedendo loro, in violazione delle stringenti normativa in materia, dotazioni di biglietti ed abbonamenti in numero superiore al consentito, che sono stati poi rivenduti da costoro a terze persone a prezzi maggiorati».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
30 Marzo 2017