Il sistema sanitario cubano nasce dalle idee di un giovane medico argentino capitato a Cuba per la Rivoluzione. Si chiamava Ernesto Guevara.
Lo staff di iskrae
Atterrano oggi a Milano 65 cubani: medici, infermieri, tecnici specializzati inviati dal proprio Paese ad aiutare l’Italia contro il Coronavirus. La Giunta Regionale lombarda gli chiederà di andare a Crema, ad aiutare una delle aree lombarde più colpite, quasi allo stremo. Quella Giunta così di destra, così orgogliosamente “sovranista”, così legata al precedente Governatore Formigoni che dalla sanità pubblica lombarda ha sottratto indebitamente oltre 70 milioni di euro, ha chiesto aiuto alla Repubblica Socialista di Cuba: e Cuba ha risposto immediatamente.
Non è la prima volta che lo fa: nel 2014 mandò oltre 250 medici nell’Africa Occidentale a combattere un virus ancora più spaventoso di questo, l’Ebola. Fu il New York Times, allora, ad ammettere che Cuba aveva avuto un ruolo da “leader” nella vittoria contro quel Male. E i medici cubani erano ad Haiti, qualche anno prima, quando un terremoto devastò l’isola provocando una terribile epidemia di colera. Erano pronti a partire anche per New Orleans, dopo il terrificante uragano Katrina- ma Bush rifiutò il loro aiuto, condannando la propria popolazione alle sofferenze che conosciamo.
Medici e infermieri di Cuba sono, ad oggi, in quasi 70 paesi del mondo: portando esperienza, aiuto, soluzioni. “Non offriamo ciò che ci avanza: condividiamo quello che abbiamo” è il loro slogan. E quello che hanno è un sistema sanitario completamente pubblico, fortemente finanziato dallo Stato e implementato da un sistema scolastico e universitario (pubblico, certo) tra i più strutturati al mondo: una Sanità che l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce come la più efficiente e avanzata di tutto il continente Latinoamericano.
Il sistema sanitario cubano non nasce certo a caso: ma nasce dalle idee di un giovane medico argentino capitato a Cuba per la Rivoluzione. Si chiamava Ernesto Guevara de la Serna e scrisse che il dovere del “medico rivoluzionario” e della “medicina sociale” era concepire un sistema che non tenesse mai in conto il profitto, ma una concezione che legasse il benessere del singolo corpo a quello di tutta la collettività: attraverso la scuola, l’alimentazione e il lavoro: “Educare e sfamare i bambini… ripartire le terre tra i contadini è la più grande opera di medicina sociale mai fatta.” Dunque oggi stanno arrivando medici e infermieri da Cuba per aiutarci a sconfiggere il Coronavirus. Non hanno chiesto niente in cambio, non ci hanno chiesto nemmeno di provare a convincere il nostro principale “alleato”, gli Stati Uniti di Donald Trump, a mitigare il feroce embargo che cerca da decenni di affamare la loro isola. Portano la loro esperienza, portano le loro medicine, portano la propria vita: e la mettono a nostra disposizione, contro il virus, per combattere insieme. Hasta la victoria!
Fortebraccio News