Presentato il rapporto sulle difficoltà del sistema dell’informazione
Non è solo la mafia ad essere un ostacolo per la libertà di stampa e per i giornalisti impegnati, ma le varie ostruzioni legali rappresentano una minaccia. Su questi temi ieri si è soffermato l’osservatorio “Ossigeno per l’informazione” in un convegno alla Camera dei Deputati a Montecitorio all’interno della pubblicazione del rapporto “Molta mafia, poche notizie”.
Dopo il discorso di apertura del presidente della Camera, Roberto Fico, sono intervenuti Pietro Grasso (socio onorario di Ossigeno), Marco Del Mastro (direttore AgCom), Marilù Mastrogiovanni (componente della giuria del Premio internazionale Guillermo Cano); Maria Grazia Mazzola, il ministro plenipotenziario Fabrizio Petri, presidente del CIDU (il Comitato interministeriale per i diritti umani); la presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, Paola Spadari; Nadia Monetti, componente dell’esecutivo dell’Ordine nazionale dei Giornalisti; la giornalista Luciana Borsatti, organizzatrice degli incontri di formazione in memoria di Guido Columba; il direttore della FIEG Fabrizio Carotti; il segretario dell’Associazione Stampa Romana Lazzaro Pappagallo; per Ossigeno: l’avv. Andrea Di Pietro, Raffaella Della Morte, Giuseppe F. Mennella, Alberto Spampinato.
Uno dei temi affrontati è stato proprio quello delle intimidazioni subite dai giornalisti. A parlarne è stata l’inviata del TG 1 Maria Grazia Mazzola che ha ricordato quando lo scorso febbraio una boss a Bari l’ha colpita con un pugno e minacciata pesantemente. Per le sue inchieste in Slovacchia e a Malta dove sono stati uccisi i colleghi Jan Kuciak e Daphne Caruana Galizia, ha ricevuto “brutte minacce ma vi garantisco: non mi fermerò”. Anche l’altra giornalista, Marilù Mastrogiovanni, è stata bersaglio di pressioni e minacce sotto varie forme, dagli interrogatori alle inserzioni pubblicitarie istituzionali revocate per suoi articoli sulla criminalità in Puglia, ha detto che “le mafie italiane si sono trasferite all’estero e comunicano tra loro”, ma a preoccupare è che “non si percepisce più la differenza tra la mafia e lo Stato. Ai clan ci si rivolge per trovare lavoro o risolvere problemi”. E poi ha aggiunto: “Noi vogliamo difendere i fatti”.
L’ex presidente del Senato Pietro Grasso, nel ricordare i 3721 casi di intimidazione a giornalisti, ha detto che “la democrazia ha bisogno di penne libere” e poi ha definito le querele temerarie “non meno pericolose delle minacce di morte”. Inoltre, Grasso ha criticato l’insensibilità della politica: “Dire che non bisogna parlare di mafia ha fatto passare l’idea che non interessi”.
L’avvocato penalista Andrea di Pietro ha parlato delle intimidazioni che spesso passano attraverso le “querele temerarie”, il più delle volte infondate ma utilizzate come arma per far desistere i giornalisti. “La minaccia peggiore è stata introdotta proprio dal legislatore con il rischio carcere per i giornalisti” ha detto l’avvocato riferendosi anche al “progressivo dileguarsi degli editori” e alla compressione dei diritti sindacali e contributivi l’avvocato, precisando che la norma è ora alla Corte Costituzionale per iniziativa di un giudice del tribunale di Salerno. Invece per il segretario di Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo, “lo Stato deve occuparsi di editoria senza farne decidere al mercato cosa va pubblicato o no”. Secondo il direttore generale della Fieg Fabrizio Carotti, il punto vero è il “bilanciamento tra il diritto ad una informazione di qualità e ad essere correttamente informati” tenendo presente la necessità di un intervento pubblico “perché il mercato non garantisce il pluralismo”.
11 Maggio 2019