di Manlio Dinucci
Alla riunione del Consiglio Nord Atlantico, apertasi ieri a Bruxelles, la ministra Pinotti e gli altri ministri europei della Difesa hanno tirato un sospiro di sollievo: la Nato non è «obsoleta», come aveva detto il presidente Trump. Nella sua prima dichiarazione ufficiale ieri a Bruxelles, il nuovo segretario statunitense alla Difesa, Jim Mattis, ha assicurato che la Nato resta «la base fondamentale per gli Stati uniti».
È «l’alleanza militare che nella storia ha avuto il maggior successo», ha detto ai giornalisti mentre era in volo per Bruxelles, portando come prova dell’impegno statunitense nella Alleanza il fatto che l’unico comando Nato con quartier generale negli Stati uniti è quello del Comandante supremo alleato per la trasformazione (Sact), carica già ricoperta dallo stesso Mattis. Il Sact, responsabile del Comitato militare (la più alta autorità militare della Nato), «promuove e controlla la continua trasformazione delle forze e capacità della Alleanza».
Negli ultimi 20 anni, ha sottolineato Mattis, la Nato si è trasformata (ha infatti inglobato tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre della ex Urss e tre della ex Jugoslavia), ma «deve continuare a trasformarsi per adattarsi a ciò che è avvenuto nel 2014, anno di svolta in cui le nostre speranze di una qualche partnership con la Russia si sono dimostrate infruttuose». Occorre per questo «essere certi che il legame transatlantico resti forte».
A riprova di ciò, il segretario generale della Nato Stoltenberg, nella sua dichiarazione congiunta con il segretario Mattis, ha confermato ieri che «truppe ed equipaggiamenti Usa stanno arrivando in Polonia e nei paesi baltici, dimostrando chiaramente la determinazione degli Stati uniti di stare a fianco dell’Europa in questi tempi travagliati».
Sotto comando degli Stati uniti (cui spetta la carica del Comandante supremo alleato in Europa), la Nato continua continua ad allargarsi ad Est, a rafforzare lo schieramento sul fronte orientale in funzione anti-Russia, nonostante le dichiarate intenzioni del presidente Trump di aprire un negoziato con Mosca.
Allo stesso tempo, la Nato potenzia il fronte meridionale con nuovi dispositivi militari. «Oggi decideremo di costituire un nuovo Hub per il Sud presso il nostro Comando della forza congiunta a Napoli», ha annunciato Stoltenberg, sottolineando che «questo ci permetterà di valutare e affrontare le minacce provenienti dalla regione, a complemento del lavoro svolto dalla nostra nuova Divisione di intelligence costituita qui al quartier generale Nato».
Con grande soddisfazione della ministra Pinotti, aumenta l’importanza dell’Italia in quella che Stoltenberg, aprendo il Consiglio Nord Atlantico, ha definito «proiezione di stabilità oltre i nostri confini». Il nuovo «Hub per il Sud», che verrà realizzato a Napoli, costituirà la base operativa per la proiezione di forze terrestri, aeree e navali in una «regione» dai contorni indefiniti, comprendente Nordafrica e Medioriente ma anche aree al di là di queste. È disponibile per tali operazioni la «Forza di risposta» della Nato, aumentata a 40mila uomini, in particolare la sua «Forza di punta ad altissima prontezza operativa», che può essere proiettata in 48 ore «ovunque in qualsiasi momento».
Il nuovo «Hub per il Sud», realizzato presso il Comando della forza congiunta alleata con quartier generale a Lago Patria (Napoli), sarà agli ordini dell’agguerrita ammiraglia statunitense Michelle Howard che, oltre ad essere a capo del Comando Nato, è comandante delle Forze navali Usa per l’Europa e delle Forze navali Usa per l’Africa. Quindi anche il nuovo «Hub per il Sud» rientrerà nella catena di comando del Pentagono.
Tutto questo costa. Mattis ha ribadito la richiesta perentoria che tutti gli alleati europei portino la spesa per la «difesa» ad almeno il 2% del Pil. Solo cinque paesi Nato hanno raggiunto o superato tale livello: Stati uniti (3,6%), Grecia, Gran Bretagna, Estonia, Polonia.
L’Italia è indietro con «appena» l’1,1% del Pil, ma sta facendo progressi: secondo i dati ufficiali Nato, la spesa italiana per la «difesa» è aumentata nel 2015-2016 da 17.642 a 19.980 milioni di euro, equivalenti in media a 55 milioni di euro al giorno. La spesa militare effettiva è molto più alta, dato che il bilancio della «difesa» non comprende le missioni militari all’estero, finanziate con un fondo specifico presso il Ministero dell’economia e delle finanze, né il costo di importanti armamenti finanziati anche dalla Legge di stabilità.
Stoltenberg, felice, annuncia che finalmente la Nato «ha voltato pagina», accrescendo la spesa militare nel 2015-2016 del 3,8% in termini reali, ossia di circa 10 miliardi di dollari. La ministra Pinotti è fiduciosa che l’Italia arriverà al 2%, ossia a spendere 100 milioni di euro al giorno per la «difesa».
Aumenterà la disoccupazione, ma avremo la soddisfazione di avere a Napoli il nuovo «Hub per il Sud».
16 febbraio 2017