Più diventano ricchi con il lavoro fatto dagli altri (il c.d. plusvalore, dove: “la parte del prodotto del lavoro –neovalore- che l’imprenditore/capitalista trattiene una volta remunerati i lavoratori salariati, e appare come eccedenza sul valore anticipato in impianti, strumenti, materie prime e salarî, costituendo la base dell’accumulazione capitalistica…“) e più diventano, inopportunamente, supponenti ed esigenti, tanto da dimostrare un disprezzo smisurato per gli esseri umani e divinazione per il denaro.
Dimostrazione pratica del disprezzo del genere umano l’ha dimostrata in questi giorni Amazon con la richiesta inaudita e illegale dei sistemi di controllo dei propri dipendenti (art. 4 co.1 della L.300/70: “È vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.“) con un braccialetto elettronico.
Ci chiediamo con questa pratica se taluni capitalisti si trovino nel secolo attuale oppure si siano fermati al periodo delle catene… anche se virtuali.
MOWA
Bufera su Amazon: bracciali per controllare i dipendenti
Amazon avrebbe ottenuto due brevetti per braccialetti che dovrebbero monitorare i movimenti dei suoi dipendenti.
E’ quanto si legge sul sito GeekWire che riferisce come per aumentare la produttività il colosso dell’e-commerce starebbe pensando di affidarsi a un braccialetto.
Sarebbe in grado di emettere segnali radio o impulsi a ultrasuoni che, elaborati da una stazione ricevente, permetterebbero di verificare la posizione dei dipendenti rispetto all’inventario. Non solo: i lavoratori del magazzino potrebbero essere avvisati da un ‘ronzio’ nel caso posizionassero un prodotto nel posto sbagliato.
I documenti, presentati da Amazon, che risalgono tuttavia al 2016, puntano l’accento soprattutto sul risparmio di lavoro che si potrebbe ottenere che non sulla sorveglianza.
“La nostra sfida è il lavoro di qualità e non il lavoro con il braccialetto” ha detto il premier Paolo Gentiloni nel corso di un’iniziativa elettorale a Roma.”Braccialetto elettronico è modalità degradante e offensiva per dignità lavoratori. Lavorare non è un reato” twitta la presidente della Camera Laura Boldrini.
Mentre il presidente del Senato e leader di Liberi e Uguali Pietro Grasso commenta con amarezza che “sembra un film di fantascienza, ma purtroppo non lo è”. Di diversa opinione il presidente della Associazione Amici di Marco Biagi, Maurizio Sacconi, che invita a un dialogo senza “pregiudizi” sulle tecnologie, spiegando che “già oggi un banale telefonino aziendale può consentire elementari modalità di monitoraggio del lavoratore”.
“Uno strumento schiavista che rischia di ledere fortemente la privacy dei lavoratori, poiché li sorveglia durante tutto il ciclo produttivo” commenta Paolo Capone, segretario generale Ugl, facendo notare che “in Italia, qualsiasi attività di controllo sul lavoro dei dipendenti è illegale”.
Parla di “schiavismo del nuovo millennio” anche Giorgio Airaudo di Liberi e Uguali. “L’idea di Amazon di mettere dei braccialetti elettronici ai propri dipendenti con la scusa di migliorarne il lavoro in realtà è un modo per controllarli e sorvegliarli. Già oggi Amazon usa i lavoratori, pagati poco, come se fossero robot umani. Con questa idea del braccialetto li trasforma in moderni schiavi”.
“In Italia, ci sono norme che limitano i poteri di controllo dei datori di lavoro mediante strumenti digitali ed elettronici” sottolinea a Labitalia Giampiero Proia, professore ordinario di Diritto del Lavoro all’Università Roma Tre.
“La legge fa una distinzione fra l’apparecchiatura di controllo esterna allo strumento di lavoro, come una telecamera apposta nell’ambiente di lavoro, e una di controllo inserita dentro lo strumento di lavoro, come potrebbe essere il sistema del Pc o anche il braccialetto di Amazon, che l’azienda intende come strumento per aiutare i lavoratori a orientarsi”.
“Per le apparecchiature esterne -spiega Proia- c’è bisogno o di un’autorizzazione preventiva o di un accordo sindacale. Nel secondo caso, invece, “le norme sono semplificate e questa autorizzazione non serve. E questo potrebbe essere il caso di Amazon”.
Ma c’è da dire, sottolinea Proia, “che permangono comunque limiti nell’utilizzo dei dati ricavati da queste strumentazioni”. “Ammesso e non concesso che questo braccialetto di Amazon sia uno strumento di lavoro, dato in dotazione al dipendente – conclude il professor Proia -, le informazioni in possesso del datore di lavoro possono essere usate per contestazioni di tipo comportamentale al lavoratore solo nell’ambito della disciplina sulla privacy”.
“I brevetti impiegano anni per essere approvati e non necessariamente riflettono gli sviluppi attuali che stanno avendo i nostri prodotti e servizi. Nel corso degli ultimi 20 anni abbiamo introdotto diverse innovazioni tecnologiche per supportare i nostri dipendenti durante il loro lavoro e rendere i processi più semplici ed efficaci. In tutti i Paesi in cui operiamo rispettiamo in maniera rigorosa tutte le regolamentazioni in materia di lavoro“, si legge in una nota di Amazon.
2 febbraio 2018