di Domenico Marino
Analizzando questo grafico sulla disoccupazione in Italia dal 1960 ad oggi possiamo trarre alcuni dati irrefutabili e incontestabili, ma che vengono continuamente omessi o deliberatamente camuffati dai media su impulso dei governi. Il più evidente sta nella bugia che ci viene raccontata di continuo – quando si parla di tasso disoccupazione – che nell’ultimo anno si è eguagliato – e superato – il record toccato a metà degli anni ’70 (periodo in cui c’è stata la crisi del petrolio con le conseguenze tragiche che ha portato con sé), ’77 per la precisione, mentre invece il picco si era toccato a metà degli anni ’80 in pieno craxismo.
Infatti il tasso di disoccupazione aumenta ad alta velocità nel periodo delle trasformazioni liberiste/edoniste reaganiane e thatcheriane che in Italia hanno preso forma sotto il nome di craxismo appunto. Comunque una considerazione da fare, e non da poco, è che ancora la stragrande maggioranza del lavoro era a TEMPO INDETERMINATO, quindi anche a parità di tasso di disoccupazione, c’è il dato incontrovertibile che la qualità del lavoro e dei diritti correlati era di gran lunga migliore.
Dopo un periodo di stabilità, a cavallo tra gli ottanta e i novanta, nella seconda metà degli anni novanta la disoccupazione comincia a scendere sensibilmente; il motivo è inquadrabile, non tanto in una congiuntura favorevole di mercato, quanto nell’introduzione massiccia di lavoro precario/interinale (Il lavoro interinale, era precedentemente vietato dalla legge del 23 ottobre 1960, n. 1369 che andava sotto il nome di: “Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera negli appalti di opere e di servizi”, con tanto di modifica costituzionale portata avanti da centro-sinistra), col cosiddetto “Pacchetto Treu”. Più lavoro certo ma a termine, di scarsa qualità (anche per i laureati) e con molti diritti in meno.
Il trend positivo è durato finché questa riforma infame “ha trovato spazio”. Una volta precarizzato il precarizzabile il trend si è invertito a metà del 2000 e ha continuato inesorabilmente la sua crescita, colpa anche la crisi di sovrapproduzione capitalistica, fino a toccare il picco impensabile dei giorni nostri.
Valutato ciò è difficile, anche pensare, che la disoccupazione possa scendere in modo importante in futuro; a meno che non si introdurranno – e lo faranno a meno di una massiccia e consapevole rivolta di popolo – nuove forme più accentuate di precarizzazione e quindi di sfruttamento sul lavoro (vedi Renzi e Jobs Act) che avranno il loro culmine quando si imporrà per legge il lavoro schiavistico. Unico modo, sotto il capitalismo, per avere piena occupazione. Nel frattempo ci dobbiamo accontentare di lavorare quando capita e per due soldi: noi per sopravvivere e “loro” per taroccare i grafici sulla disoccupazione e fare la bella vita…