Napoli, 13 settembre. Sabato sera, tra frammenti di voci in italiano e in russo, la bella sala dell’associazione Gorkij, dalle pareti straripanti di libri di storia e cultura russa, è gremita come non mai, con molte persone in piedi che non riescono a trovare una sedia. Si inaugura una mostra fotografica che non ha bisogno di didascalie: sono le macerie e i volti scavati dall’angoscia della popolazione della Novorossija – un bambino che cerca il rifugio, un anziano che salva i libri dopo la distruzione della sua casa bombardata criminalmente dall’esercito di Kiev.
L’argomento è di scottante attualità, e ci coinvolge direttamente tutti, italiani, ucraini, russi. È la crisi ucraina, la più acuta crisi internazionale nel cuore dell’Europa dopo la guerra fredda. Più acuta anche – per i soggetti investiti e le implicazioni geopolitiche – della crisi provocata dall’aggressione della NATO contro la Serbia nella primavera del 1999. Cerchiamo di capire stasera perché e da chi tale crisi è stata innescata, che cosa è accaduto, quali sono le prospettive.
Dopo l’introduzione di Luigi Marino, che ricorda la storia e l’attività dell’associazione Gorkij e la sua presenza nel contesto della città di Napoli come punto di riferimento importante della storia e della cultura russa, interviene Andrea Catone, condirettore della rivista Marxventuno, che esordisce mostrando la copertina del recente numero della rivista, con un’ampia sezione dedicata alla crisi ucraina: sono due immagini affiancate della carta degli stati europei aderenti alla NATO: nel 1990 e oggi. Il quadro è estremamente eloquente: l’Alleanza Atlantica, sorta nel 1949, nel periodo della “guerra fredda”, della contrapposizione delle potenze capitalistiche dell’Occidente contro l’URSS, non si scioglie con la fine dell’URSS, delle democrazie popolari in Europa e dell’alleanza militare del “Patto di Varsavia” (sorto nel 1955, sei anni dopo la NATO), ma, al contrario, nel ventennio seguito alla dissoluzione dell’URSS, si rafforza e si allarga verso Est, includendo progressivamente tutti i paesi europei dell’ex “blocco sovietico”, e alcune repubbliche ex sovietiche (gli stati baltici), e puntando a inglobarne diversi altri, tra cui l’Ucraina, arrivando a circondare di basi militari aggressive i confini della Russia. Il paese che guida la NATO, gli USA, persegue pervicacemente, mettendo in pericolo la pace mondiale, la politica delineata all’indomani della fine dell’URSS nel documento sulla sicurezza strategica americana: rimanere l’unica superpotenza, ostacolare l’ascesa di altre potenze regionali o mondiali. La Russia, costretta a subire l’aggressione della NATO contro la piccola Serbia nella primavera del 1999 – cui viene strappato violentemente il cuore storico del Kosovo – avverte, con il tentativo separatista in Daghestan nell’estate dello stesso anno, il rischio concreto di una balcanizzazione della Federazione Russa e avvia, con la presidenza di Vladimir Putin, una politica di difesa degli interessi nazionali, della propria storia e cultura, delle straordinarie risorse energetiche.
E ciò rappresenta, come dice Giulietto Chiesa, un ostacolo per l’impero USA; un impero che attraversa una profonda crisi economica cui fa fronte emettendo – senza alcuna copertura nell’economia reale – trilioni di dollari. La forza degli USA oggi non risiede nell’economia, ma nella potenza militare, nelle basi presenti in moltissime aree del pianeta, nel controllo dei media, nello spionaggio a tutto campo, anche dei propri alleati, a partire dalla Germania – come il caso Snowden ha chiaramente svelato. Gli USA puntano oggi alla guerra e perciò spingono i loro partner europei ad una politica di sanzioni antirusse per essi suicida (l’Italia perde mezzo miliardo di euro di mancato export alimentare e le imprese italiane, ENI in testa, perderanno molti miliardi se sarà definitivamente bloccato il South Stream, il gasdotto che bypassa l’Ucraina per portare il gas all’Europa occidentale). La terza guerra mondiale è cominciata. I circoli più oltranzisti degli USA – da Mc Cain alla Nuland – fanno di tutto per boicottare ogni possibile soluzione pacifica e di buon senso alla crisi ucraina. Gli Usa hanno acquisito ora da Poroshenko il 49% della rete di gasdotti ucraini e possono così tenere sotto controllo – e ricatto – anche l’economia europea. Ma i grandi media italiani, salvo qualche eccezione, nascondono la verità, come nel caso del Boeing malaysiano precipitato in territorio controllato dai partigiani della repubblica popolare di Doneck (contrariamente ai calcoli di chi aveva avviato il “false flag”, l’operazione ben nota nella storia degli USA di provocare un grave incidente per attribuirne la responsabilità al paese che si vuole aggredire). Per contrastare la sistematica campagna di menzogne mediatiche e offrire un’informazione critica, indipendente e non embedded, Giulietto Chiesa ha fondato Pandora TV – una TV sul web con la prospettiva di svilupparsi come vero e proprio network televisivo. Il giornalista italiano insiste sul pericolo di guerra, sull’asservimento dei media che deformano la verità su quanto sta accadendo in Ucraina, e propone un risveglio delle coscienze e una attiva mobilitazione che sfoci in una grande manifestazione nazionale perché si fermi la guerra e si riprenda una collaborazione con la Russia, che sta subendo un attacco gravissimo e sta difendendo non solo se stessa, la propria libertà e indipendenza, ma quella dei popoli europei. I giochi non sono tutti fatti, vi è una parte del mondo delle imprese, in Italia e nella Ue, contraria all’escalation di sanzioni e provocazioni contro la Russia.
Intervengono poi alcune accorate testimonianze dirette di Marjupol e Doneck, e Svetlana, animatrice delle manifestazioni del comitato campano contro la guerra: non un soldo non un soldato per la guerra della Nato. Un’esperienza coraggiosa che si ramifica in diverse altre regioni italiane.
L’intervento di Andrea Catone, direttore di MarxVentuno
L’intervento di Giulietto Chiesa, direttore di Pandora TV