Comitato di cittadini per Angelo Niceta
Continua la battaglia del testimone di giustizia palermitano lasciato solo dallo Stato
Il Testimone di Giustizia palermitano Angelo Niceta è giunto il 3 giugno al 60° giorno di sciopero della fame, con un deperimento di 30 kg.
Angelo Niceta aveva intrapreso lo sciopero della fame lo scorso 4 aprile per chiedere il rispetto delle leggi, ma fino ad aggi, non solo il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non ha mai risposto all’interrogazione parlamentare pendente dallo scorso gennaio, ma le diverse istanze inoltrate formalmente da Angelo Niceta di essere audito dalla Commissione Centrale del Viminale presieduta dal sottosegretario Molteni, diritto che la Legge riconosce espressamente a tutti i Testimoni di Giustizia, sono rimaste totalmente prive di riscontro.
Nonostante il gravissimo silenzio mediatico calato sulla vicenda, la petizione ha già raccolto oltre 4800 adesioni. Invitiamo chi ancora non l’avesse fatto a firmare la petizione, e tutti gli altri a condividerla e farla circolare sui social, tra conoscenti e amici.
Ricordiamo che Angelo Niceta, Testimone di Giustizia palermitano sotto protezione in località riservata insieme alla moglie Rosalba e ai 4 figli, dallo scorso 4 aprile ha intrapreso uno sciopero della fame ad oltranza, costretto a tale forma di protesta nonviolenta dalle gravi anomalie verificatesi da quando è sotto protezione e da una situazione drammatica, in quanto impossibilitato a sfamare sé stesso e i suoi familiari, per chiedere alle istituzioni il rispetto delle leggi.
Già in precedenza Angelo Niceta – il 19 novembre 2022 – aveva intrapreso uno sciopero della fame. Il Testimone, che versava in condizioni di indigenza economica molto gravi, rilevava anche che il mensile passato dalla Stato per il mantenimento del gruppo familiare, già inadeguato al mantenimento di un nucleo familiare di 6 persone, tra cui 5 adulti, non era stato più adeguato dal 2019, come invece prevede la Legge, tenendo conto delle statistiche Istat sull’aumento annuale del costo della vita.
La mancata erogazione dei rimborsi previsti dalla legge e le altre gravi ed inspiegabili anomalie verificatesi da quando era iniziato il programma di protezione aveva provocato l’aggravarsi della situazione economica della famiglia e contribuito in modo significativo, tra l’altro, all’aggravamento delle condizioni di salute della moglie, Rosalba.
Lo scorso 31 dicembre 2022 Angelo Niceta aveva tuttavia sospeso lo sciopero della fame, dopo 42 giorni di digiuno e un deperimento di oltre 30 kg con gravi compromissioni epatiche documentate, in seguito alle prime interlocuzioni con il personale del Ministero dell’Interno asseritamente finalizzate alla soluzione dei gravissimi problemi in essere e alla presentazione dell’interrogazione parlamentare 4-00218 da parte dei deputati Stefania Ascari, Gaetano Amato ed Emma Pavanelli, a tutt’oggi rimasta senza risposta.
Ad oggi non è ancora stata data soluzione ai principali problemi posti.
Nessuna risposta è stata data all’interrogazione parlamentare promossa dal M5S ed indirizzata al Ministro degli Interni.
Non solo. La situazione del Testimone di Giustizia e dei suoi familiari si è addirittura aggravata. A marzo, difatti, ad Angelo Niceta, che vive in località protetta assieme alla moglie e ai 4 figli, in un immobile concesso in uso dal Ministero degli Interni, sono state consegnate (come previsto dalla prassi) dal Servizio Centrale del Ministero dell’Interno le attuali bollette per le utenze domestiche. Tali bollette risultavano essere di importo sostanzialmente triplo rispetto a tutte le precedenti per un totale di quasi 2000 euro; risaltava inoltre il fatto che erano stati annullati i precedenti contratti luce e gas ancora validi, al posto dei quali sono stati stipulati senza informare preventivamente Angelo Niceta due nuovi contratti, che prevedono costi al Smc (metro cubo) e al Kwh per il gas e la luce più che triplicati (una delle tariffe più alte d’Italia).
Di conseguenza, il mensile per il mantenimento del Testimone di Giustizia e dei suoi familiari, già inadeguato, rischia di non rivelarsi di fatto sufficiente neppure per il solo pagamento delle bollette. Angelo Niceta e la sua famiglia rimarranno presto al buio e senza gas? Inoltre, ulteriori rimborsi spettanti ad Angelo Niceta, nel frattempo, non gli sono stati ancora erogati.
La storia della sua collaborazione con la giustizia.
Ex importante imprenditore tessile palermitano, nel dicembre del 2013 Angelo Niceta cominciava a rendere spontaneamente dichiarazioni all’autorità giudiziaria di Palermo. In seguito alle sue dichiarazioni, ravvisando un grave pericolo per l’incolumità di Angelo e dei suoi congiunti, la Procura di Palermo chiedeva, nelle persone degli allora pubblici ministeri Antonino Di Matteo e Pierangelo Padova, l’inserimento di Angelo e della sua famiglia nel programma speciali misure di protezione del Ministero dell’Interno riservato ai Testimoni di Giustizia e l’immediato trasferimento in località protetta.
Ma inspiegabilmente, quando già si trovava in località protetta, ad Angelo veniva comunicato, senza che mai fino ad oggi sia stata fornita la motivazione di questa decisione, che la Commissione Centrale del Ministero dell’Interno, allora presieduta dal sottosegretario Filippo Bubbico, lo aveva inserito nel programma di protezione come Collaboratore di Giustizia. Angelo Niceta chiedeva formalmente le motivazioni di tale anomala decisione al Ministero dell’interno e la sola risposta fu che la decisione della Commissione Parlamentare non poteva essere consegnata allo stesso perché coperta da segreto di Stato.
Essendo estraneo all’associazione mafiosa – anzi, essendo stato distrutto dalla mafia – e non essendo le sue dichiarazioni finalizzate ad ottenere vantaggi processuali, essendo incensurato, Angelo Niceta decideva, però, di non accettare la qualifica di Collaboratore di Giustizia, che riteneva e ritiene del tutto immotivata ed offensiva e dannosa rispetto alla sua storia personale.
Nel marzo del 2015 decideva quindi di rinunciare al programma di protezione e fece ritorno con la famiglia a Palermo, dove per oltre un anno ha vissuto completamente isolato, senza protezione e in condizioni di totale indigenza economica. Intanto continuava a rendere dichiarazioni alla magistratura e il 15 maggio del 2016 depose come Testimone al processo Trattativa Stato-Mafia.
Il 1° giugno del 2017 Angelo Niceta iniziava uno sciopero della fame ad oltranza per chiedere che fossero rispettati i suoi diritti, violati dall’attribuzione del tutto impropria della qualifica di “Collaboratore di Giustizia” e dalla mancata protezione dello Stato.
In quei giorni vennero presentate tre interrogazioni parlamentari: una alla camera dall’On. Erasmo Palazzotto, due al sensato per iniziativa dei deputati Bottici, Airola, Moronese, Giarrusso, Donno, Montevecchi, Buccarella, Endrizzi e Cappelletti.
L’allora Presidente della Camera Laura Boldrini, sollecitata dal comitato dei cittadini formatosi a sostegno di Angelo, espresse la sua solidarietà ad Angelo Niceta. Venne presentata anche una petizione online che in pochi giorni raccolse quasi 30000 firme.
Il 4 luglio del 2017 la Procura di Palermo chiedeva nuovamente, nelle persone dell’allora Procuratore della Repubblica Franco Lo Voi e dell’allora Procuratore Generale presso la Corte d’Appello Roberto Scarpinato, il programma di protezione per Angelo e la famiglia nella qualità di Testimone di Giustizia. Tale richiesta vedeva anche il parere favorevole della Dr.ssa Franca Imbergamo per la Procura Nazionale Antimafia.
Il 12 luglio del 2017, dopo 43 giorni di sciopero della fame, Angelo venne nuovamente trasferito insieme ai suoi familiari (la moglie e i 4 figli) in località protetta, stavolta in qualità di Testimone di Giustizia.
La storia, purtroppo, non finisce qui.
Nonostante la legge preveda che il programma di protezione debba essere approvato tassativamente entro 60 giorni dalla richiesta, e nonostante le sollecitazioni della Procura di Palermo e della procura nazionale antimafia in tal senso, per 2 anni Angelo e la famiglia, pur vivendo in località protetta, contrariamente a quanto previsto dalla legge, vengono lasciati formalmente senza un programma di protezione, in uno status provvisorio che impedisce l’accesso ad alcuni diritti e prerogative riconosciuti ai Testimoni di Giustizia titolari di un programma di protezione. Solo nella primavera del 2019, con due anni di ritardo, viene approvato dalla Commissione Centrale del Ministero dell’Interno il programma di protezione.
Mentre durante la protezione si verificano gravi anomalie, il programma di protezione viene rinnovato per ben tre volte: nelle sue richieste, la Procura di Palermo ha sempre sottolineato l’importanza delle dichiarazioni rese da Angelo Niceta.
Nel marzo del 2022 è accaduto un fatto gravissimo ed inquietante: mentre la famiglia Niceta si trovava in località protetta, estranei si sono introdotti mediante effrazione nell’abitazione di famiglia di Casteldaccia, di proprietà del figlio di Angelo Niceta, Enrico, e in tale occasione, oltre ad essere rubati molti oggetti di valore economico, anche pesanti, e affettivo – tra cui l’abito da sposa della moglie di Angelo, Rosalba – la casa è stata completamente vandalizzata con la distruzione di mobili e oggetti di valore e lo spargimento sui pavimenti di escrementi.
Altrettanto inquietante è che, nonostante la gravità del fatto, potenzialmente collegato al ruolo di Testimone di Giustizia di Angelo Niceta, l’informazione abbia scelto di ignorarlo completamente, acuendo così ulteriormente il vergognoso isolamento del Testimone.
Appena pochi giorni fa, il 20 aprile, un nuovo grave episodio si è verificato presso l’abitazione di Enrico Niceta a Casteldaccia, quando alcuni membri della famiglia Niceta, recatisi presso l’abitazione di per un sopralluogo finalizzato a verificare lo stato dell’abitazione e i danni dell’incursione del marzo 2022, giunti sul posto verificavano che un noto albergatore confinante aveva smontato la staccionata che delimitava la proprietà dell’abitazione di Enrico Niceta, installando un chiosco bar abusivo al posto della cisterna del gas di pertinenza dell’abitazione, che è stata trovata divelta. Inoltre, erano state montate delle ringhiere abusive alte più di 2,5 m che impedivano la vista e l’accesso del mare.
Quando sono giunti i membri della famiglia Niceta, l’albergatore si è precipitato inveendo contro gli stessi ed affermando: “Lei mi deve ringraziare perché io ho pulito il giardino, perché se io me ne vado entrano vandali e topi, e la colpa è sua perché ha lasciato la casa abbandonata”.
Angelo Niceta chiede che siano rispettate le regole.
Perché, mentre la Procura di Palermo e la Procura Nazionale Antimafia hanno chiesto per ben tre volte il rinnovo del programma di protezione, l’ultima lo scorso ottobre sottolineando l’importanza delle sue dichiarazioni, un’altra parte dello Stato, il Ministero dell’Interno e il Governo stesso – non intervenendo e non rispondendo all’interrogazione – continuano a sembrare così avversi?