In apparenza Nicosia era un uomo impegnato nel campo dei diritti civili e dei diritti dei carcerati. Le indagini lo stanno rivelando per quello che era davvero
Onofrio Dispenza
Il regime carcerario, l’asprezza delle norme per i mafiosi in cella erano il suo chiodo fisso e nel suo appuntamento televisivo “Mezz’ora d’aria”, puntava sempre a sostenerne l’incostituzionalità. Con considerazioni e utili interviste. Fin qui niente di illecito se Antonello Nicosia da Sciacca dalle indagini e dal lavoro dei magistrati, fatto anche di preziose e a volte rivoltanti intercettazioni come quella su Falcone e Borsellino, non venisse fuori per quello che si sta dimostrando: uno di quei pericolosi snodi che Cosa Nostra costruisce per gettare un ponte tra il nero e il bianco.
Radicali Italiani e un altro paio di etichette avevano garantito a Nicosia l’apparenza di un uomo impegnato nel campo dei diritti civili e dei diritti dei carcerati. Campi delicatissimi, rischiosi, facili alla penetrazione di altri interessi in conflitto col diritto e la legalità. Le frequentazioni di Antonello Nicosia parlano chiaro, dicono che quell’interesse non era personale e legato ad una storia di impegno politico, era più Cosa loro, cosa che interessava ad uno come Accursio Dimino, capomafia di Sciacca, boss di tutte le stagioni, dai Corleonesi di Totò Riina al presente inquietante di Matteo Messina Denaro. Legami solidi anche con gli amici americani, fatto di contatti fitti e di viaggi di affari. Si, viaggi non per conoscere gli States o per insegnare – come Nicosia millantava – ma per il business tra Usa e Sicilia dominato dalle cosche che onorano Matteo Messina Denaro come capo, o come “primo ministro” come lo considerava Antonello Nicosia.
“Mellifluo e un pò millantatore, sempre pronto alle lusinghe”. Chi ha conosciuto Antonello Nicosia lo dipinge così. Certo era uno che provava a fare proseliti, apparentemente per quella che lui spacciava come causa civile, di fatto per allargare la cerchia di consenso, complicità e diponibilità per gli amici e per gli amici degli amici. Chi conosce uomini, cose e ambientazione di questa storia, suggerisce che ancor prima delle stanze di mafia ci sono le stanze buie delle logge massoniche che accompagnano sempre la costruzione del potere e del consenso mafioso. Sta di fatto che Antonello Nicosia – come si sa – arriva ad essere collaboratore di una parlamentare di sinistra. Resta da capire come ci sia riuscito, da chi sponsorizzato. Nell’attesa che sia la stessa parlamentare a rispondere ai magistrati, ad aiutarli a capire (la curiosità è grande), resta il fatto che Nicosia ha utilizzato la collaborazione con la parlamentare come prezioso passepartout. Una soluzione preziosa che rispondeva ad una esigenza primaria delle famiglie mafiose: bypassare il regime per comunicare con chi era finito in carcere.
Passepartout, come non a caso è stata chiamata l’operazione che ha portato Nicosia, il capomafia e gli altri in carcere. Al fianco dell’onorevole Occhionero, Nicosia ha potuto varcare il portone del carcere di Tolmezzo, quello di Trapani, quello di Sciacca. Visite preziose, senza la necessità di una difficile autorizzazione. Non occorre nel caso di un parlamentare e di chi lo accompagna. E di questo Nicosia si vanta in una delle intercettazioni. Resta da capire chi sceglieva le carceri da visitare, le celle da far aprire: la parlamentare o il suo collaboratore double face? Tutto fa pensare che a scegliere sia stato Nicosia, vuoi per gli interessi che aveva nel contattare alcuni detenuti per fare da ponte con le cosche di appartenenza, vuoi per la millantata conoscenza della realtà carceraria che serviva a convincere la parlamentare. Tutto da chiarire, e decisivo sarà proprio il racconto della parlamentare, alla quale sul piano penale non si imputa alcuna responsabilità. Resta il livello politico, ma questa è un’altra storia.
Sullo sfondo, delitti progettati ed esecuzioni mafiose come quelle Oltreoceano, che avevano subito eco sull’asse mafioso Sciacca-Castelvetrano, tra le fila degli amici di Nicosia. Come è stato il 13 marzo, con l’uccisione in USA di Frank Calì, alias “Frankieboy”. Crimini, misfatti, campagne “politiche” e di proselitismo. Nicosia usava l’amo dei diritti civili, per pesare le disponibilità, le possibili adesioni. Contatti che avviava e che spesso si spezzavano quando Nicosia cominciava a sparare a zero su questo e su quell’altro magistrato. E poi, soldi, tanti soldi, cifre con molti zero, vuoi in euro, vuoi in dollari. Tutti gli arrestati godevano di redditi sproporzionati, tra loro c’era chi aveva carte di credito riconducibili a banche e a conti esteri.
Con questo scenario alle spalle, Nicosia era in continuo movimento, sempre con due facce. Quando metteva la maschera dell’affiliato a Cosa nostra, eccolo ad un summit importante a Porto Empedocle, al fianco di boss di un certo calibro, a decidere su soldi da far arrivare a lui, al “primo ministro”, a quel Matteo Messina Denaro gran regista, gran maestro, di questa e di tante altre pagine di una storia scelleratissima che continua.
4 novembre 2019